Chiese scomparse di Forlì

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Le chiese scomparse di Forlì sono luoghi di culto cattolici esistiti in passato, ma oggi non più presenti come tali: se ne contano diverse decine. Forlì, infatti, è certamente una città con forti tradizioni prima ghibelline poi anticlericali, ma ciò non è andato a discapito del senso religioso né ha impedito la costruzione di numerose chiese, parrocchiali, monastiche od oratoriali. I due momenti storici maggiormente traumatici per il patrimonio religioso ed artistico furono, come è noto, quello dell'occupazione francese (XVIII-XIX secolo) e quello successivo all'annessione al Regno di Sardegna, poi Regno d'Italia.

Qui di seguito si riportano le più significative chiese scomparse forlivesi, in ordine alfabetico.

A

Chiesa di Sant'Agostino

Chiesa di Sant'Antonio dei Battuti Turchini

Chiesa di Sant'Antonio da Padova detta anche Sant'Antonio Nuovo

B

Chiesa dei Battuti Verdi

Vedi Chiesa di Santa Maria della Neve.

Chiesa di san Bernardo, poi Chiesa di sant'Antonio dei Battuti Turchini

Chiesa di San Biagio

C

Chiesa di San Carlo Borromeo

Vedi Chiesa di San Tommaso Apostolo.

Chiesa di Santa Caterina

Chiesa e Monastero di Santa Chiara

Chiesa di San Crispino

Vedi Chiesa di San Guglielmo.

D

Chiesa di San Domenico

E

Chiesa di Santa Elisabetta

F

Chiesa di Santa Febronia

Chiesa e Convento di San Francesco Grande

G

Chiesa di San Giacomo Apostolo dei Domenicani, detta di San Domenico

Chiesa dei Santi Giacomo e Filippo, detta di Valverde

Chiesa di San Giacomo in Strada o di Santa Lucia

Chiesa di San Giovanni Battista del Canale

Chiesa di San Giovanni Battista in Faliceto

La chiesa, di cui non si conoscono le origini, risale, secondo le cronache, al XIII secolo. Sorgeva in una porzione dell'area oggi compresa fra: Via Fausto Anderlini, Via Romanello da Forlì, Viale Livio Salinatore. La cupola, affrescata nel 1487 da Marco Palmezzano su un cartone di Melozzo da Forlì, fu atterrata nel 1651.

Nel 1541 vi si stabilirono i Cappuccini, introdotti a Forlì dal vescovo Pier Giovanni Aleotti, i quali vi edificarono il loro convento.

Nel 1571 vi morì il venerabile Antonio Torelli.

Tra il 1654 ed il 1655 i frati vi fecero eseguire dal Guercino la tela raffigurante San Giovanni nel deserto che nel 1883 passò alla Pinacoteca Comunale.

Con la dominazione napoleonica l'ordine fu soppresso: chiesa e convento allora furono acquistati da un tal Giuseppe Becci, che li trasformò in abitazioni.

Chiesa di San Giovanni Battista dei Maceri

Si tratta di una piccola chiesa di ignote origini che sorgeva presso l'attuale Via Maceri, o Via dei Maceri.

Vi ebbero sede le monache del Terzo ordine regolare di San Francesco.

Il 15 febbraio 1448, vi fu fondata, da parte di alcuni giovani, la Confraternita di Santa Marta detta dei Maceri, con lo scopo di praticare opere di pietà. La Confraternita era in connessione con i Battuti Bigi, tanto che il nome ufficiale suonava “Confraternita di Santa Marta di San Giovanni Battista dei Battuti Bigi detta dei Maceri”[1].

Chiesa di San Guglielmo, poi di San Crispino

La chiesa è citata come esistente già nel 1170, nell'atto di donazione da parte del vescovo Alessandro all'abate Enrico di San Mercuriale.

Si trovava nei pressi dell'attuale Palazzo comunale, attigua alla piazzetta San Crispino, alla quale appunto ha dato il nome. Nel 1466 è citata come chiesa parrocchiale. Tuttavia, i suoi beni confluirono nel bilancio per la costruzione della Cattedrale.

Con l'invasione napoleonica la chiesa fu sconsacrata ed i locali venduti a un tal Giuseppe Aguccioni che ne fece la propria abitazione e la sede della sua bottega di calzolaio. Poi appartennero alla famiglia Rinaldi ed infine furono adibiti ad abitazione del custode del palazzo comunale.

In seguito vi sorse l'Albergo del Commercio.

H

I

L

Chiesa di Santa Lucia (oggi scomparsa)

Chiesa di San Lazzaro

Vedi Madonna del pianto.

M

Madonna del Pianto, chiamata anche San Lazzaro o Celletta dello Zoppo

Fu fondata nel 1448 da Pietro Bianco da Durazzo, zoppo e già pirata sull'Adriatico, allora appena giunto a Forlì, dove poi visse in pentimento e devozione, abitando proprio nella cappella quando era in città. È noto soprattutto per aver voluto il Santuario di Santa Maria delle Grazie di Fornò, dove si ritirò.

La celletta si trovava presso le mura urbane, dalla parte di quella che oggi è via Giorgio Regnoli. Presso di essa, alla fine del XVIII secolo, era attiva la Compagnia della beata Vergine del pianto denominata la celletta dello zoppo, che fu sciolta nel 1803[2].

La chiesa fu sconsacrata nel 1806 dagli occupanti francesi, che la vendettero ad un tal Francesco Romagnoli, il quale in seguito la demolì.

Madonna del Ponte

Vedi Chiesa di santa Maria delle Grazie.

Badia di S. Maria di Camaldolino

La chiesa fu fondata nel 1203 dal patrizio forlivese Oliviero Migliocci, con l'aiuto del vescovo Giovanni. Fu chiamata Camaldolino per la presenza dei monaci Camaldolesi. Celebre era l'affresco chiamato della Vergine del Camaldolino. Nel 1408, danneggiata seriamente la chiesa da eventi bellici, i monaci passarono nella Chiesa di San Salvatore, trasferendovi poi anche l'affresco[3].

Chiesa di Santa Maria della Grata

Chiesa di santa Maria delle Grazie, detta anche Madonna del Ponte

La prima pietra di questa chiesa fu posta dal vescovo Antonio Giannotti il 30 aprile 1557. Sorgeva nella via allora detta del Ponte e che oggi è Via Tommaso Zauli Saiani.

Lattanzio Biondini, nel suo Compendio dello Stato e Governo di Forlì del 1578, riferisce che la chiesa fu edificata per ringraziare delle numerose grazie ricevute dai devoti di un'immagine dipinta sul muro esterno della casa di un tal Annibale Bruni, che donò il terreno per la costruzione. La chiesa fu a quel punto edificata da don Lodovico Caronti, già rettore della chiesa dei Romiti.

La chiesa venne chiusa durante il dominio napoleonico, nel 1797, per essere trasformata in abitazione.

Chiesa e Convento di Santa Maria della Neve

Questa chiesa, che sorgeva nell’attuale Piazza Montegrappa, ha origini antiche e non certe. Nel XIII secolo, comunque, compare come sede delle Domenicane, le quali vi eseguirono lavori di ristrutturazione ed ampliamento nel 1663.

La chiesa venne chiusa durante il periodo napoleonico.

Dopo la Restaurazione, Pio VII assegnò i locali alle Clarisse che ne presero possesso nel 1824 rimanendovi fino al 1860, quando gli edifici furono nuovamente requisiti, stavolta dalle autorità del Regno d'Italia, per essere poi adibiti a distretto militare e caserma.

Chiesa di Santa Maria della Neve o dei Battuti Verdi

La chiesa, della cui fondazione non si hanno notizie certe, si trovava nell'attuale Via Battuti Verdi; le sue origini risalgono al XIII secolo, quando venne appunto istituita la confraternita dei Battuti Verdi, che vi aveva sede e che gestiva un proprio ospedale per l'assistenza di pellegrini e viandanti.

La chiesa fu chiusa nel 1796.

Chiesa di Santa Maria della Pace

Chiesa di Santa Maria in Piazza

La chiesa sorgeva nell'area dove oggi si trova la sede della Banca Nazionale del Lavoro. La chiesa è giò citata come parrocchiale in un documento del 1231, ma esisteva certamente ancora prima ed è nominata, infatti, anche agli inizii del secolo, nel 1209, come attesta un altro documento presente nell'archivio vallombrosano.

Il Vescovo di Forlì Giovanni Capparelli decretò la confluenza, nell'ottobre del 1433, della parrocchia di Santa Maria in Piazza in quella di San Tommaso Apostolo. La sede, però, rimaneva nella chiesa di Santa Maria: Parrocchia di San Tommaso Apostolo in Santa Maria in Piazza.

Nel 1765 la chiesa era ancora di notevole importanza, dato che vi si trovavano ben cinque altari e che ospitava l'arca degli eredi del celebre Giovan Battista Morgagni, qui voluta dal figlio gesuita Agostino Morgagni. Il campanile, inoltre, disponeva di due campane.

Durante il dominio napoleonico, in particolare fra il luglio e l'agosto del 1806, la chiesa venne sconsacrata e diventò un magazzino. Il territorio parrocchiale fu smembrato ed assegnato alla Cattedrale ed alla chiesa abbaziale di San Mercuriale: Parrocchia di San Tommaso Apostolo detta di Santa Maria in Piazza in San Mercuriale, ovvero Chiesa primiceriale di San Tommaso Apostolo in San Mercuriale. Poi, per semplificazione, con l'unità d'Italia, rimase solo il nome di Parrocchia di San Mercuriale.

Chiesa di Santa Maria in Ripa

Vedi Monastero della Torre.

Chiesa di Santa Maria in Valverde o di Valverde

Sorse sul luogo di un antico ospedale cittadino, nell'attuale Via Caterina Sforza. La via che affianca l'area si chiama ancora oggi Via Valverde. Secondo le cronache di Paolo Bonoli, la chiesa nel 1438 fu concessa da Lorenzo Fiorini, abate di San Mercuriale, ai frati del Terzo ordine regolare di San Francesco nella persona di Pietro Negri[4]. Nel 1472, per ordine dell'abate di San Mercuriale Giambattista Ponti da Tagliacozzo passò ad Ambrogio da Milano. Morto costui, la chiesa fu donata, con annessi, al Generale del Terzo ordine regolare di San Francesco, Giovanni da Verona.

Nel 1508, il beato Geremia Lambertenghi da Como, che, con l'appoggio di Caterina Sforza, fu il fondatore ed il primo Superiore del Santuario della Beata Vergine del Piratello, fu inviato alla chiesa di Santa Maria in Valverde. Vi morì nel 1513 e vi fu sepolto. Quando la chiesa venne sconsacrata, all'epoca dell'invasione francese, il corpo fu traslato nella Cappella della Vergine della Ferita, nella Cattedrale di Forlì[5], dove tuttora si conserva un'immagine del Beato. Le reliquie invece furono traslate ad Imola nel 1971: dal 13 giugno di quell'anno l'urna che le contiene è nel Santuario del Piratello[6].

Verso l'inizio del Cinquecento chiesa e convento furono ricostruiti. La consacrazione avvenne nel 1530 da parte del vescovo di Forlì, Bernardino de' Medici.

Con l'invasione napoleonica, la chiesa fu sconsacrata, ma nel 1818 fu assegnata ai frati Minori osservanti e riconsacrata nel 1819 dal vescovo Andrea Bratti. Nel 1851 cominciarono lavori per l'abbellimento della chiesa, che conservava così opere di Giacomo Zampa e di Giuseppe Rambelli, nonché una copia di Guido Reni ed un quadro della scuola di Raffaello.

Con l'unità d'Italia, la chiesa fu soppressa nuovamente ed il convento espropriato per far posto all'asilo infantile Santarelli, fondato nel 1862.

Chiesa di San Martino in Castello

Si tratta di una piccola chiesa, documentata fin dal 1267.

Fu soppressa, come molte altre, il 30 luglio 1806. Vi ebbe sede fino agli anni Trenta del Novecento, la Cooperativa Sarti.

N

O

P

Chiesa di San Pietro in Scotto

R

S

Chiesa di San Salvatore

La chiesa e l'annesso convento, siti in quella che oggi è la Via Fausto Anderlini, rappresentarono un importante centro religioso cittadino.

La fondazione risale al 1257, quando i frati Zibedeo di Berardo e Diomoldo di Ridolfo ottennero il permesso dal priore Martino dei monaci Camaldolesi di erigere un monastero consacrato a Cristo Salvatore, col titolo di San Salvatore de Vico o in Vico. Dopo la morte dei fondatori, il luogo passò ai monaci, sempre camaldolesi, della Badia di S. Maria di Camaldolino, che la cedettero alle monache del loro ordine. Esse però, agli inizi del XV secolo, essendo state decimate dalla peste, confluirono nel convento di Santa Caterina. In S. Salvatore subentrarono nel 1408 i monaci della Badia, gravemente danneggiata dalle guerre, i quali poi vi vi trasferirono, sempre dalla Badia, l'affresco della Vergine del Camaldolino e nel 1580 ristrutturarono la chiesa ormai pericolante. Altri lavori alla facciata ed al piazzale furono compiuti nel 1760. L'interno, ionico, conteneva tele di Filippo Pasquali, della scuola di Carlo Cignani e della scuola romana.

Nel 1797, a seguito dell'invasione francese, il monastero fu soppresso ed i suoi beni passarono al demanio. I locali servirono da deposito per gli arredi razziati dalle altre chiese soppresse.

Con la restaurazione i frati camaldolesi vi fecero ritorno restaurando chiesa e convento. Nel 1833 edificarono il campanile su spese di un ricco monaco, Zucchi di Fabriano su disegno dell'architetto Carlo Becchi. Con l'unità d'Italia avvenne una seconda soppressione ed i religiosi abbandonarono definitivamente lo stabile che venne in parte smembrato: una parte divenne casa di riposo intitolata a Vittorio Emanuele II, una parte divenne studio di Bernardino Boifava. Giace oggi in stato di abbandono.

T

Monastero della Torre detto anche Santa Maria in Ripa

Si tratta di un convento tra i più importanti della città. Se ne può far risalire l'origine al 1438, quando alcune suore francescane si stabilirono in un piccolo alloggiamento davanti alla chiesa della Santissima Trinità. La nascita ufficiale del monastero, però, risale al 1474, per volontà del vescovo Alessandro Numai, il quale posò la prima pietra su un terreno donato da Pino III Ordelaffi, signore di Forlì. Successori dell'Ordelaffi, Girolamo Riario e sua moglie Caterina Sforza continuarono a considerarsi protettori del monastero.

Tutto il complesso venne confiscato dalle autorità francesi durante il dominio napoleonico e non tornò più all'uso originario.

Chiesa di San Tommaso Apostolo, poi di San Carlo Borromeo

La chiesa sorgeva nei pressi del Palazzo Comunale, prospiciente a quella che oggi è conosciuta come Piazzetta San Carlo.

Nel 1433, il Vescovo di Forlì Giovanni Capparelli decretò la confluenza della parrocchia di Santa Maria in Piazza in quella di San Tommaso Apostolo, con sede però nella chiesa di Santa Maria (Parrocchia di San Tommaso Apostolo in Santa Maria in Piazza).

In seguito a ciò, la chiesa di San Tommaso, ormai trasformata in oratorio, conobbe un graduale abbandono. Restaurata nel 1661, ormai divenuta sede della Compagnia della Carità, prese il titolo di san Carlo Borromeo, protettore della Compagnia. Questa, nelle sue adiacenze, costruì anche un ospedale, detto "di San Carlo".

Come attesta Melchiorre Missirini, nel 1801 la chiesa era ancora officiata. Il culto vi cessò fra il luglio e l'agosto del 1806. In effetti, durante la dominazione francese, venne distrutto anche l'ospedale.

Chiesa di San Tommaso Cantuariense ossia di San Tommaso Becket

La chiesa, di cui non si conosce l'origine, sorgeva nell'attuale Via Maurizio Bufalini, lato dispari, vicino alla Chiesa di San Giacomo Apostolo dei Domenicani, ed era sede di parrocchia fino al 1573, quando la parrocchia fu trasferita nella Cattedrale col titolo appunto di San Tommaso Cantuariense nella Cattedrale, o, popolarmente, Parrocchia della Cattedrale.

L'edificio fu declassato ad oratorio, detto Oratorio della Confraternita dei Disciplinati, che vi era sorta nel 1457, o anche Santa Marta dei Bianchi. Nel 1797, fu sciolta la Confraternita, ma la chiesa continuò ad essere officiata almeno fino al 1801, sotto il nome di Santa Marta dei Bianchi o di Santa Marta presso San Domenico.

Infine, don Francesco Cortini, arciprete di Ladino, comprato l'edificio, lo trasformò in abitazione.

U

V

Z

Celletta dello Zoppo

Vedi Madonna del pianto.

Note
  1. Scheda del Sistema Informativo degli Archivi di Stato - SIAS
  2. FORLÌ: Compagnia della beata Vergine del pianto denominata la celletta dello zoppo
  3. Cf. Gregorio Farulli, Istoria cronologica del nobile, ed antico Monastero degli Angioli di Firenze..., Pellegrino Frediani, Lucca 1710, pp. 208-209.
  4. Paolo Bonoli, Storia di Forlì, Bordandini, Forlì, 1826, vol. II, p. 157.
  5. Gaetano Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica da S. Pietro sino ai nostri giorni..., vol. XXV, Tipografia Emiliana, Venezia 1844, p. 303.
  6. Madonna del Piratello
Bibliografia
  • Paolo Bonoli, Storia di Forlì, Bordandini, Forlì, 1826
  • Egidio Calzini, Giuseppe Mazzantini, Guida di Forlì, Bordandini, Forlì, 1893
  • Sigismondo Marchesi, Supplemento Istorico dell'antica Città di Forlì, Selva, Forlì, 1678
  • E. Casadei, Forlì e dintorni, Società Tipografica Forlivese, Forlì 1928
  • Arnaldo Mussolini, Forlì, Tiber, Roma, 1929
Voci correlate
Collegamenti esterni