Santa Mariana de Paredes y Flores

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Santa Mariana de Paredes y Flores, O.F.S.
Vergine · Laica
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battezzata
Santa
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Titolo
Incarichi attuali
Età alla morte 26 anni
Nascita Quito
31 ottobre 1618
Morte Quito
26 maggio 1645
Sepoltura
Appartenenza Terziaria francescana
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Ordinato diacono
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Emblem of the Papacy SE.svg Informazioni sul papato
° vescovo di Roma
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Extra Anni di pontificato


Cardinali creazioni
Proclamazioni
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Eventi

Iter verso la canonizzazione

Venerata da Chiesa cattolica
Venerabile il [[]]
Beatificazione 10 novembre 1853, da Pio IX
Canonizzazione 9 luglio 1950, da Pio XII
Ricorrenza 26 maggio
Altre ricorrenze
Santuario principale
Attributi giglio
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Patrona di
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Incoronazione
Investitura
Predecessore
Erede
Successore
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Onorificenze
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Altri titoli
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Coniuge

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Consorte

Consorte di

Figli
Religione {{{religione}}}
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Collegamenti esterni
Scheda su santiebeati.it
Invito all'ascolto
Firma autografa
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Tutti-i-santi.jpgNel Martirologio Romano, 26 maggio, n. 12:
« A Quito in Ecuador, santa Marianna di Gesù de Paredes, vergine, che nel Terz'Ordine di San Francesco consacrò la propria vita a Cristo e dedicò le proprie forze ai bisogni degli indigeni poveri e dei neri. »

Santa Mariana de Paredes y Flores (Quito, 31 ottobre 1618; † Quito, 26 maggio 1645) è stata una vergine e laica consacrata ecuadoriana.

Cenni biografici

Nacque il 31 ottobre 1618 a Quito, allora appartenente al Viceregno di Nuova Granada, ultima degli otto figli del capitano Girolamo Flores Zenel de Paredes, di Toledo, in Spagna, e da Mariana Cranobles de Xaramilo, discendente da una nobile famiglia spagnola.

A cinque anni la bambina rimase orfana di entrambi i genitori. Si prese cura di lei la sorella maggiore, Girolama, che la educò con le sue tre figlie, avute dal capitano Cosimo de Caso Miranda. Fin dalla più tenera infanzia Mariana diede prove di una pietà e un amore per la mortificazione veramente straordinari. Nel cortile di casa organizzava con le compagne di gioco piccole processioni, recitava il rosario e faceva la Via Crucis non certo per divertimento. La sorella, inquieta e contenta insieme, la condusse da padre Giovanni Camacho S.J. nella chiesa della Compagnia di Gesù, poco lontana dall'abitazione dei Paredes, perché vedesse se era il caso di ammetterla alla Prima Comunione benché non avesse che sette anni. Padre Giovanni la esaminò, e avendola trovata di un senno superiore all'età la ammise alla Prima Comunione, in oltre la iniziò agli esercizi spirituali di sant'Ignazio. In riconoscenza la santa propose di essere una vera figlia della Compagnia di Gesù e volle essere chiamata soltanto Maria Anna di Gesù [1]. .

I coniugi Cosimo e Girolama, vista l'ardente fede della giovane, pensarono di dare un orientamento alla vocazione di Maria Anna. Le proposero di entrare prima tra le Domenicane, poi tra le Clarisse, ma Mariana confidò al suo padre confessore di aver percepito una voce distinta che le diceva che si sarebbe santificata nella propria casa vivendo nel raccoglimento e nella penitenza[1].

Il cognato e la sorella le assegnarono allora un piccolo appartamento di tre stanze. Mariana lo fece ammobiliare con un letto di legno, una croce guarnita di spine, una scala di legno della sua statura, dei flagelli, dei cilici e un altarino adorno delle statue di Gesù Bambino e della Madonna. Vestita di nero alla stregua dei Gesuiti, ella trascorreva nel suo ritiro la maggior parte della giornata. Non ne usciva che per andare alla Messa, occuparsi dei poveri e servire la famiglia ad ogni refezione, fedele sempre ad un regolamento di vita che aveva steso con l'approvazione del confessore.

« Dalle 4 alla 5,30 farò l'orazione mentale. Dalle 5,30 alle 6 mi metterò i cilici, reciterò le ore fino a nona, farò l'esame generale e particolare, andrò alla chiesa. Dalle 6,30 alle 7 mi confesserò. Dalle 7 alle 8 durante la Messa, preparerò le disposizioni del cuore per ricevere il mio Dio. Dopo che l'avrò ricevuto, ringrazierò l'Eterno Padre per avermi dato Suo Figlio e glielo offrirò, e in ricompensa chiederò molte grazie. Dalle 8 alle 9: libererò anime dal purgatorio e lucrerò indulgenze per esse. Dalle 9 alle 10: reciterò i quindici misteri della corona della Madre di Dio. Alle 10: durante la Messa mi raccomanderò ai miei santi: la domenica e i giorni di festa fino alle 11. Dopo mangerò se avrò necessità. Alle 14: reciterò i vespri e farò l'esame particolare e generale. Dalle 14 alle 17: farò dei lavori manuali ed eleverò il cuore al Signore facendo molti atti di amore. Dalle 17 alle 18: farò la lettura spirituale e reciterò compieta. Dalle 18 alle 21: farò orazione mentale e mi terrò alla presenza di Dio. Dalle 21 alle 22: mi leverò la sete con un sorso d'acqua e prenderò qualche cibo moderato. Dalle 22 alle 24: farò orazione mentale. Dalle 24 all'1: leggerò qualche vita di santi e reciterò mattutino. Dall'1 alle 4: dormirò, il venerdì sulla mia croce, le altre notti sulla mia scala: prima di coricarmi farò disciplina. In alcuni giorni di Avvento e di Quaresima dalle 22 alle 24 farò l'orazione in croce.[1] »

Nella città di Quito non tardò a spargersi la fama della santa vita che tra le pareti domestiche conduceva Mariana. Poveri e malati di frequente si portavano sotto la finestra di lei, prospiciente la strada, per ricevere denari, panieri gonfi di vestiti, pane, carne o prelibati cibi che la cucina padronale le faceva pervenire nei giorni di festa. Molte persone si rivolgevano a lei per consigli e preghiere e per la sua intercessione vi furono dei miracoli. La sua preghiera era ricca di grazie perché viveva continuamente unita a Dio. Ben lo sapeva il diavolo che la maltrattava, ma Mariana trovò un grande aiuto nel fratello coadiutore gesuita Ferdinando della Croce che fu il suo direttore spirituale dopo che padre Camacho dovette allontanarsi da Quito[1].

Le privazioni e le mortificazioni di Mariana la ridussero presto a pelle e ossa. I familiari, impensieriti, l'esortarono a moderare le austerità. La santa si rivolse al Cuore di Gesù supplicandolo:

« Difendi la tua gloria. Fa che gli altri mi vedano, sì, macilenta e brutta, ma che non capiscano mai il perché: che nessuno sappia di quel po' di penitenza che io faccio tanto volentieri per te. »

Il Signore, per mostrarle quanto gradiva le sue mortificazioni, le ridonò un viso pieno e armonioso fino alla morte. E Maria Anna continuò a macerare il suo corpo, spesso restava per quindici giorni di seguito senza bere per prendere parte all'amarissima sete provata da Gesù in croce. Negli ultimi sei anni di vita si cibò quasi esclusivamente dell'Eucaristia. Soltanto di rado prendeva un po' di succo di frutta. [1].

Nel 1645 la città di Quito fu devastata da un terremoto e dalla peste. Il 25 marzo nel vedere il padre Alonso de Rojas inginocchiarsi durante la predica e offrire la sua vita per la cessazione dei flagelli, si sentì spinta a mormorare anche lei in una suprema dedizione di olocausto:

« Mio Dio, mio Dio, vi offro la vita mia per il mio popolo. »

A casa, mentre si disponeva a pregare come il solito, sentì il primo annunzio di un malessere indefinito. Nella notte le scosse di terremoto cessarono e per Pasqua il morbo era cessato del tutto. Al capezzale della malata si succedettero i medici che non seppero trovare delle cure all'oscuro male. Il vescovo della città, Pietro de Oviedo, andò a ringraziarla e a benedirla. Come aveva predetto, Mariana morì la notte di venerdì 26 maggio 1645. Il "giglio di Quito" fu seppellita nella Chiesa della Compagnia di Gesù. Pur essendo diretta dai Gesuiti, aveva voluto iscriversi al Terz'Ordine Francescano senza mai indossarne l'abito. La vasta casa in cui morì fu trasformata, come aveva predetto, in monastero dalle Carmelitane Scalze[1] .

Il culto

Oggetto di devozione popolare sin dalla morte, le è intitolato l'Istituto di Santa Marianna di Gesù, fondato nel 1873 dalla beata Mercedes Molina y Ayala.

Beatificata nel 1853, è stata proclamata santa da papa Pio XII il 9 luglio del 1950: è la prima santa della repubblica dell'Ecuador, dove è conosciuta con l'appellativo di "Azucena de Quito" ("giglio di Quito").

Note
  1. 1,0 1,1 1,2 1,3 1,4 1,5 Guido Pettinati, I Santi canonizzati del giorno, Edizioni Segno, Udine, Vol. V, 1991, p. 326-330.
Voci correlate
Collegamenti esterni