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Nel [[XIX secolo]] ebbe gran risonanza la ''teoria della morte totale''. Tale teoria, certamente non corretta, fu sostenuta da vari [[teologo|teologi]] [[protestantesimo|protestanti]], tra i quali [[Paul Althaus]], [[Karl Barth]], [[Oscar Cullmann]], [[Werner Elert]]; essi affermavano che la morte colpisce tutto l'uomo, anima e corpo, respingendo quindi l'affermazione tradizionale dell'[[immortalità dell'anima]]. Dopo la morte, secondo tali teologi, nulla sopravvive<ref>La formulazione più netta di tale teoria afferma che con la morte l'[[anima]] cessa di esistere; nella sua forma più mitigata sostiene che essa sopravvive in una specie di esistenza soporifera e di [[sogno]].</ref>; quello che permane è la [[fedeltà]] di [[Dio]]. La [[risurrezione dei morti]] è quindi una nuova [[creazione]] sulla base della [[memoria]] che Dio ha dell'uomo, ed è quindi una risurrezione di tutto l'uomo, corpo e anima.
In tempi recenti, la [[Congregazione per la Dottrina della Fede]] ha pubblicato il [[17 maggio]] [[1979]] un documento ''[[Su alcune questioni concernenti l'escatologia]]'': in esso viene ripreso l'insegnamento [[tradizione|tradizionale]] della [[Chiesa]] riguardo alla morte, alla [[risurrezione dei morti]], alla sopravvivenza dell'[[anima]], alla "[[manifestazione]] [[gloria|gloriosa]] del [[Signore]] nostro [[Gesù Cristo]]", agli stati definitivi del [[paradiso]] e dell'[[inferno]] nonché alla [[purificazione]] temporale del [[purgatorio]]; insegna inoltre che le spiegazioni [[teologia|teologiche]] della morte devono preservare il [[privilegio]] che [[Maria]] ebbe nella sua [[Assunzione]]
== Note ==
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