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Per tutto l'[[VIII secolo]] e fino alla metà del [[IX secolo|successivo]], gli Arcivescovi cercarono appoggio presso gli Imperatori bizantini e successivamente anche in Francia, dove l'Arcivescovo Giorgio fu però imprigionato dall'esercito di [[Carlo Magno]]. Dopo l'[[850]] l'Arcivescovo Giovanni inasprì ancor più la politica autocefala e giunse al punto di vessare le Diocesi suffraganee (Modena, Reggio, Parma e Piacenza), imponendo loro pesanti tributi e vietando loro di comunicare direttamente con la Chiesa di Roma. La disputa fu chiusa da [[papa Niccolò I]] (858-867), che convocò a Roma l'Arcivescovo e, visto il suo rifiuto, si recò a Ravenna dove constatò la generale avversione del clero e del popolo per Giovanni, che dovette comparire nell'[[861]] davanti al Concilio che lo redarguì.
Fu un incidente di percorso: gli Arcivescovi proseguirono la politica di affermazione delle proprie prerogative, rispetto alle prerogative dei Papi, operando scelte autonome in fatto di alleanze con i detentori del potere temporale. Nel corso del IX-[[X secolo]] la Chiesa di Ravenna si avvicinò ai re germanici, divenendo la "capitale morale" del loro regno
Il [[25 dicembre]] [[983]] l'erede al trono di Germania, [[Ottone III del Sacro Romano Impero|Ottone III]], ancora infante, fu consacrato ad [[Aquisgrana]] dall'Arcivescovo ravennate, a conferma del legame speciale che univa la sede di Ravenna alla dinastia degli [[Dinastia ottoniana di Sassonia|Ottoni]].<br/>
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