San Carlo Borromeo: differenze tra le versioni

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*[[Diocesi di Novara]]
*[[Arcidiocesi di Milano]]
|OrdinazioneDiaconale = [[21 dicembre]] [[1560]]
|lO =
|gmO = 4 settembre
|aO = 1563
|vO = Federico Cesi
|vOtit = cardinale
|tC =
|lC =
|gmC = 7 dicembre
|aC = 1563
|vC = Giovanni Antonio Serbelloni
|vCtit = cardinale
|C =
|elevato = [[12 maggio]] [[1564]] da [[papa]] [[Pio IV]]
|patriarca =
|CaricheInVita =
*{{Carica|Arcivescovo|di|Milano}}
|aP = 1560
|pP = Pio IV
|gmPc =
|aPc =
|P =
|weblibero = [https://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/homilies/1984/documents/hf_jp-ii_hom_19841104_san-carlo-borromeo.html sito web Vaticano]
|va =
|cei =
|cr =
|sd = https://www.chiesadimilano.it/news/arte-cultura/e-san-carlo-entro-a-milano-33321.html
|aB=1602
|pB=Clemente VIII
|gmS= 1º novembre
|aS=1610
|pS=Paolo V
|ricorrenza= 4 novembre
|ricorrenzanote = A [[Milano]] è celebrato con grado di [[Solennità]] e se cade di domenica è posticipata al [[5 novembre]]
|martirologio=[[memoria (liturgia)|Memoria]] di san Carlo Borromeo, [[vescovo]], che, fatto [[cardinale]] da suo zio il [[papa Pio IV]] ed eletto [[arcidiocesi di Milano|vescovo di Milano]], fu in questa [[sede vescovile|sede]] vero [[pastore]] attento alle necessità della [[Chiesa]] del [[Controriforma|suo tempo]]: indisse [[sinodo|sinodi]] e istituì [[seminario|seminari]] per provvedere alla formazione del [[clero]], visitò più volte tutto il suo gregge per incoraggiare la crescita della [[vita]] [[cristianesimo|cristiana]] ed emanò molti decreti in ordine alla [[salvezza]] delle [[anima|anime]]. Passò alla [[Paradiso|patria celeste]] il [[3 novembre]]|giorno precedente a questo]].
|martirologiosecondario = <!-- Nel [[Rito Ambrosiano]] si celebra come [[Solennità]]. Sospendo perché non trovo riscontro di questa data A [[Milano]], anniversario della [[morte]] di san Carlo Borromeo, vescovo, la cui memoria si celebra [[4 novembre]]|domani]]. -->
|martirologiosecondarioricorrenza = <!-- Sospendo perché non trovo riscontro di questa data [[3 novembre]] -->
|attributi= [[Baculo pastorale]], [[crocifisso]], corda al collo
|patrono di= [[Milano]], [[Lombardia]], [[Monterey]], [[clero]], seminaristi, direttori spirituali, catechisti, vescovi, meleti, maestri, fabbricanti d'amido
== Biografia ==
Nacque ad Arona<ref name=Arona /> il [[2 ottobre]] [[1538]] da Gilberto II Borromeo e Margherita Medici di Marignano, sorella di [[papa Pio IV]], crebbe nella nobile e possidente [[famiglia]] Borromeo. Tra i racconti aneddotici della prima giovinezza si narra che durante l'occupazione spagnola della Rocca di Arona, proprietà dei Borromeo, egli partecipò in prima persona alla difesa.
All'età di circa 12 anni, suo zio, Giulio Cesare Borromeo, lo investì della dignità di abate e gli affidò la rendita di un'[[abbazia]] , il reddito della quale fu da lui devoluto interamente per la carità verso i poveri.
 
Studiò [[diritto canonico]] e civile a [[Pavia]]. Nel [[1554]] [[Morte|morì]] suo padre. Pur avendo un fratello maggiore, il conte Federico Borromeo, gli fu richiesto dai parenti prossimi di prendere il controllo degli impegnativi affari di famiglia. Solo dopo un certo periodo poté quindi riprendere i suoi studi, e laurearsi nel [[1559]].
 
A Pavia creò nel [[1564]] una struttura residenziale molto attrezzata per ospitare studenti universitari di scarse condizioni economiche, ma con elevati livelli di preparazione e attitudine allo studio; istituto che da lui prese il nome di [[Almo Collegio Borromeo]]. Questa istituzione rappresenta il più antico e prestigioso collegio storico di Pavia e tra i più antichi d'Italia.
[[File:Antonio Concioli. Bambino Gesù, Madonna, S. Carlo Borromeo.jpg|250px|thumb|right|{{Autore|[[Antonio Concioli]]}}, ''San Carlo Borromeo con [[Gesù|Gesù Bambino]] e [[Maria Vergine]]'' (fine [[XVIII secolo|XVIII]] - inizio [[XIX secolo]])]]
 
Nel [[1565]], lasciata la corte pontificia, entrò della [[diocesi di Milano]], nella quale da circa 80 anni mancava un vescovo residente e nella quale si era radicata una situazione di pesante degrado, con prelati dediti alle mondanità e pretipresbiteri non preparati e spesso scostumati.
 
Ristabilì una rigida disciplina nel clero, spendendosi per il rafforzamento della [[Morale|moralità]] e della preparazione dei sacerdoti, secondo le direttive del Concilio tridentino (costituì il seminario maggiore di Milano, il [[seminario elvetico]] e altri seminari minori): decretò, inoltre, che i pretipresbiteri non potessero coabitare con donne, neppure loro strette consanguinee.
 
Per la sua opera riformatrice si servì anche dell'opera dei recenti [[ordine religioso|ordini religiosi]] ([[Compagnia di Gesù|Gesuiti]], [[Chierici Regolari Teatini|Teatini]], [[Chierici Regolari di San Paolo|Barnabiti]]), e fondò la congregazione degli [[Oblati dei Santi Ambrogio e Carlo|Oblati di Sant'Ambrogio]] nel ([[1578]]).
 
Negli anni del suo episcopato, dal [[1565]] al [[1584]], si dedicò alla diocesi milanese costruendo e rinnovando [[Chiesa (edificio)|chiese]] (i santuari di [[Santuario dell'Addolorata di Rho|Rho]] e del [[Sacro Monte di Varese]], [[Chiesa di San Fedele (Milano)|San Fedele]] a Milano e la [[chiesa della Purificazione di Maria Vergine in Traffiume]], si impegnò nelle visite pastorali, curò la stesura di norme importanti per il rinnovamento dei costumi ecclesiastici. Fu nominato legato della [[Legazione di Romagna|Provincia di Romagna]] e [[visitatore apostolico]] di alcune diocesi suffraganee di Milano, in particolare [[Bergamo]] e [[Brescia]], dove compì minuziose visite a tutte le [[Parrocchia|parrocchie]] del territorio.
La sua azione pastorale si allargò anche all'istruzione del [[Laico|laicato]] con la fondazione di scuole e collegi (quello di Brera, affidato ai gesuiti, o il Borromeo di Pavia).
 
Si impegnò in opere assistenziali in occasione di una durissima carestia nel [[1570]] e, soprattutto nel periodo della terribile peste del [[1576]] - [[1577]], detta anche "[[peste di San Carlo]]". Alessandro Manzoni ne traccia nei Promessi Sposi un ritratto nel quale sottolinea il suo impegno caritativo a favore della popolazione milanese colpita dal contagio.
 
Nella diocesi impose regole severe, come la separazione di uomini e donne nelle chiese e la repressione degli adulteri; inoltre pretese la sottomissione alle regole vescovili di [[Religioso|religiosi]] e laici organizzando anche una milizia privata (e armata) ai suoi diretti ordini con funzioni di polizia, il che ovviamente lo portò a scontrarsi con le legittime autorità preposte al mantenimento dell'ordine civico. In questo scontro non esitò a ricorrere anche alle scomuniche, pur di prevalere sulle autorità secolari. Ciò gli valse numerose critiche ede accuse di eccessivo rigorismo da parte delle autorità civili milanesi.
 
=== La soppressione degli Umiliati ===
Contrastò il potente ordine religioso degli [[Umiliati]] le cui idee si allontanavano dalla [[Chiesa cattolica]] con pericolo di scivolare verso posizioni protestanti e calviniste. Alcuni membri dell'ordine organizzarono per giunta un attentato alla sua vita. Tuttavia il colpo di archibugio sparato alle spalle mentre il vescovo era inginocchiato a pregare, e sparato da Gerolamo Donato, detto il Farina, un frate umiliato, non ebbe conseguenze; in ciò si vide un evento miracoloso. Nella causa di [[canonizzazione]] del Borromeo si cita:
{{quote|...e circa mezz'ora di notte (verso le 22) va il manigoldo nell'Arcivescovado, e ritrovando il [[Cardinale]] inginocchiato nell'oratorio con la sua [[famiglia]] in oratione, secondo il suo solito, gli sparò nella schiena un archibuggio carico di palla e di quadretti, li quali perdendo la forza nel toccar le vesti non fecero a lui offesa veruna, eccetto che la palla, che colpì nel mezzo della schiena: vi lasciò un segno con alquanto tumore (gonfiore).}}
 
I quattro responsabili dell'attentato alla sua vita furono arrestati e giustiziati secondo le leggi in vigore. I beni dell'ordine soppresso, furono quindi devoluti ad altri ordini ede in particolare i possedimenti a Brera furono dati ai Gesuiti e furono finanziate opere religiose come le costruzioni del [[collegio Elvetico]] e della chiesa di San Fedele.
Rei confessi, sotto tortura, Gerolamo Donato, detto Farina, i Prevosti, Girolamo di Cristoforo di Vercelli, Lorenzo da Caravaggio condannati a morte: Bartolomeo da Verona, delatore, condannato a 5 anni di carcere: autori della congiura.<ref>[Giovanni F.Carlo Bescapè,"Vita di S.Carlo Borromeo,Ingolstadii, I592, rist.Milano,[[I965]],pagg.I99-2II.].</ref>
 
== La persecuzione di eretici ==
Nonostante le Diete di Ilanz del [[1524]] e del [[1526]] avessero proclamato la libertà di culto nella Repubblica delle [[Tre Leghe]] in [[Svizzera]], il Borromeo combatté il protestantesimo nelle valli svizzere, imponendo rigidamente i dettami del [[Concilio di Trento]].
Nella sua visita pastorale in Val Mesolcina in Svizzera fece arrestare per stregoneria un centinaio di persone, dopo le torture quasi tutti abbandonarono le fede protestante salvandosi così la vita, dieci donne ede il prevosto furono invece condannati al rogo nel quale furono gettati a testa in giù.
 
== La morte e la canonizzazione ==
[[File:DSC02986 - Duomo di Milano - Scurolo di san Carlo - La bara di san Carlo Borromeo - Foto di Giovanni Dall'Orto - 29-jan-2007.jpg|200px|thumb|right|Milano, [[Duomo di Milano|Duomo]], ''Scurolo di San Carlo Borromeo'', dal [[XVII secolo]] accoglie le spoglie del [[Santo]]]]
 
Rese l'anima al [[Signore]], assistito dal suo vicario generale [[Owen Lewis]] [ il [[3 novembre]] [[1584]] a Milano lasciando il suo patrimonio ai poveri. Essendo spirato dopo il tramonto (precisamente alle 20.30), secondo l'uso del tempo venne considerato il giorno [[4 novembre|4]] come sua ricorrenza.
 
Fu proclamato [[beatificazione|beato]] nel [[1602]] e fu [[canonizzazione|canonizzato]] il [[1º novembre]] del [[1610]]; la ricorrenza cade il giorno dopo la sua [[morte]], il [[4 novembre]].
 
Nel terzo centenario della canonizzazione, il [[26 maggio]] [[1910]] [[papa Pio X]] scrisse l'[[enciclica]] ''[[Editae Saepe]]'' in cui celebrò la [[Memoria (liturgia)|memoria]] e l'opera apostolica e dottrinale di Carlo Borromeo.
 
== Castissimo ==
Nel processo di canonizzazione i contemporanei dettero l'appellativo di "castissimo" a Carlo Borromeo per la sua tenacia nella virtù della castità e della verginità consacrata. In gioventù aveva gettato a terra un suo vecchio servitore che gli aveva fatto accomodare una donna nel suo letto, pensando di fargli cosa gradita, e non immaginando la sensibilità religiosa del giovane signore.
San Carlo rimase terribilmente sconvolto anche quando si imbatté nella scultura della moglie del Barbarossa, la bionda e bella Leobissa, dai milanesi per scherno effigiata nuda nella pietra e in atto di radersi come usavano le [[Prostituzione|prostitute]]. Essa aveva da secoli partecipato con la sua familiare immobile presenza allo scorrere della vita cittadina. Nel vederla incombente a gambe larghe sul capo dall'arco di Porta Tosa (attuale Porta Vittoria), il santo si sentì oltremodo beffato e annichilito. Nulla infatti più delle femmine, anche se del tutto vestite, o riprodotte addirittura nude, anche se nel freddo marmo, odiava mortalmente, «il Castissimo, in tutta la sua vita non volendo parlar mai con donna alcuna, anche se gli fosse stretta parente» (Padre Grattarola).
San Carlo Borromeo aveva una particolare devozione verso la [[Sindone]]. Il desiderio di contemplare quel lino dove, secondo la [[tradizione]], era stato avvolto il corpo di [[Gesù]] deposto dalla [[Croce]] era andato acuendosi nel Borromeo proprio nei giorni tragici della pestilenza che sconvolse [[Milano]] e il suo territorio. Quando il flagello terminò, san Carlo, come per sciogliere un voto per grazia ricevuta, decise di partire per pregare personalmente davanti alla Sindone.
 
Nel [[settembre]] del [[1578]], il duca Emanuele Filiberto di Savoia, per agevolare il [[pellegrinaggio]] dell'Arcivescovo di Milano, trasferì la reliquia dalla [[cappella]] del castello di Chambery<ref>Comune francese, capoluogo del dipartimento della Savoia, della regione Alvernia-Rodano-Alpi.</ref> a [[Arcidiocesi di Torino|Torino]], decidendo poi di lasciarla definitivamente nel capoluogo piemontese dove tutt'ora si trova nel [[Duomo di Torino|Duomo]].
 
La [[Domenica]] del [[6 ottobre]] [[1578]], dopo aver [[Celebrazione Eucaristica|celebrato]] in [[Duomo di Milano|Duomo]], con una comitiva di altri quattordici pellegrini [[Laico|laici]] e [[Presbitero|prelati]], si incamminò verso Torino.
 
Presto la notizia del pellegrinaggio del Borromeo si diffuse lungo tutto l'itinerario, e una folla di persone attendeva e accompagnava i viandanti nei paesi via via attraversati.
 
Dopo quattro giornate di cammino, anche sotto la pioggia e nel fango, osservando il digiuno e con umiltà, i pellegrini milanesi giunsero alle porte di Torino, dove vennero loro incontro lo stesso duca di Savoia, l'arcivescovo della città [[Gerolamo della Rovere]] e moltissima gente del popolo. Nonostante gli inviti a riposarsi, il Borromeo volle recarsi subito a pregare in [[cattedrale]], dove era stata deposta la Sindone.
Nel pomeriggio della domenica vi fu l'ostensione pubblica, in piazza Castello. San Carlo stesso, aiutato dagli altri [[Vescovo|vescovi]] presenti, reggeva e mostrava la Sindone ai numerosissimi [[Fedele|fedeli]] accorsi da ogni luogo per partecipare a quell'evento.
 
Dopo una settimana il Borromeo si preparò a tornare a Milano, portando con sé una copia pittorica<ref>Lunga 413 cm e larga 63 cm, sul quale un ignoto pittore ha dipinto l'immagine frontale e dorsale di una figura umana ede i segni ematici delle ferite riferite ada una flagellazione e ada una crocifissione, come si vedono sulla sacra Sindone di Torino. Al centro del telo si legge la scritta: ''SacrosanctaSindonis Vere Expressa Imago''.</ref> della Sindone donatagli dal Savoia, e che oggi è conservata, quale prezioso documento storico, nella chiesa [[Parrocchia|parrocchiale]] di Inzago<ref>Comune italiano della città metropolitana di Milano in Lombardia.</ref>, nel decanato di Melzo<ref>Quando San Carlo morì, la reliquia restò al suo segretario, Lodovico Moneta da Inzago che la portò nella sua villa sulle rive dell'Adda. Qualche secolo dopo i discendenti la donarono alla [[parrocchia]]: ora è situata nella [[cripta]] della [[Chiesa (edificio)|chiesa]] di [[Chiesa di Santa Maria Assunta (Inzago)|Santa Maria Assunta]], aperta solo nelle occasioni importanti o nel giorno dedicato a San Carlo. La Sindone si trova in una teca di vetro coperta da un drappo rosso, che si solleva e svela una striscia di tessuto lunga come l'originale, ma in seta anziché in lino, dipinta in ocra, rosso e marrone. È la piu'più antica delle 37 copie esistenti ed è l'unica che mostra come fosse il sudario originale prima dell'incendio del [[1532]]: non ha infatti tracce di quelle bruciature.</ref>
 
San Carlo tornò a Torino ancora tre volte per [[Venerazione|venerare]] la Sindone, l'ultima volta nel [[1584]], prima di concludere il suo pellegrinaggio terreno.
 
== Edizione nazionale ==
A partire dal [[maggio]] del [[2000]] è stato avviato il progetto per l'Edizione Nazionale del Carteggio di San Carlo Borromeo:
*la digitalizzazione degli originali conservati presso la Biblioteca Ambrosiana di Milano
*l'indicizzazione dei loro contenuti.
|periodo = [[1547]] - [[1560]]
|precedente = [[Giulio Cesare Borromeo]]
|successivo = ?
|immagine = Prepozyt.png
}}
|periodo = [[1558]] - [[1560]]
|precedente = [[Pio IV|Giovanni Angelo de' Medici]]
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|periodo = [[1558]] - [[1560]]
|precedente = [[Pio IV|Giovanni Angelo de' Medici]]
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|tipologia=ecclesiastico
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|tipologia=ecclesiastico
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|carica={{Carica|Cardinale Segretario|di|Stato}}
|tipologia=cardinale
|periodo = [[1560]]-[[1584]]
|precedente=[[Girolamo Dandini]]
|successivo=[[Tolomeo Gallio]]
|carica={{Carica|Cardinale diacono|dei|Santi Vito, Modesto e Crescenzia}}
|tipologia=cardinale
|periodo= [[febbraio]]-[[settembre]] [[1560]]
|precedente=[[Carlo Carafa]]
|successivo=''Sede Vacante ([[1560]]-[[1565]])'' <br /> dal [[1565]] [[Carlo Visconti]]
|immagine=Kardinalcoa.png
}}
{{Box successione
|carica={{Carica|Cardinale diacono pro illa vice|dei|Santi Silvestro e Martino ai Monti}}
|periodo = [[1560]]-[[1563]]
|tipologia=cardinale
|precedente=[[Diomede Carafa]]
|carica={{Carica|Cardinale presbitero|dei|Santi Silvestro e Martino ai Monti}}
|tipologia=cardinale
|periodo = [[1563]]-[[1564]]
|precedente=diaconia cardinalizia ''pro hac vice''
|successivo=[[Philibert Babou de la Bourdaisière]]
|carica={{Carica|Presidente|della|Congregazione per il Clero}}
|tipologia = governativo
|periodo = [[1564]]-[[1565]]
|precedente= ?
|successivo= [[Francesco Alciati]]
|immagine=Coat of arms of the Vatican City.svg
|carica={{Carica|Cardinale presbitero|di|Santa Prassede}}
|tipologia = cardinale
|periodo = [[1564]]-[[1584]]|immagine=Kardinalcoa.png
|precedente=[[Cristoforo Guidalotti Ciocchi dal Monte]]
|successivo=[[Nicolas de Pellevé]]
 
{{Sezione accessoria|Bibliografia}}
* {{cita libro| autore=Cinzia Ligas, Fausto Crepaldi | titolo=Carlo Borromeo - lo splendore dell'umiltà | anno = [[2006]] |editore= Ars Europa Edizioni }}
* {{Cita libro|autore=Rosa Giorgi|titolo=Santi| collana=Dizionari dell'Arte|editore=Mondadori Electa Editore|città=[[Milano]]|anno = [[2002]]|pp=74 - 77|ISBN=9788843596744}}
* {{cita libro| autore=Vittorio M. Michelini | titolo=San Carlo Borromeo | anno = [[1985]] | editore=Edizioni Barnabitiche | città=Roma}}
 
{{Sezione accessoria|Voci correlate}}

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