Prima guerra giudaica

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La prima guerra giudaica fu combattuta tra l'Impero romano ed Ebrei ribelli; durò dal 66 al 70 (anche se continuò fino al 74) ed ebbe come conseguenza la distruzione del Tempio di Gerusalemme.

Contesto storico

La Palestina nel primo secolo

I motivi della rivolta sono vari. Nel 40, Caligola tentò di far collocare una statua con le sue fattezze nel Tempio di Gerusalemme sostenendo di essere un Dio e pretendendo di essere venerato; chi si fosse opposto sarebbe stato mandato a morte. Contro l'ordine imperiale i Giudei invocarono la legge e i costumi patrii che vietavano di porre nel Tempio persino l'immagine di Dio, e comunicarono al legato di Siria che Caligola avrebbe dovuto annientare l'intero popolo. Il tutto venne risolto dalla morte di Caligola nel 41.

Il tentativo di Caligola produsse conseguenze disastrose visto che alla lunga prevalse una corrente radicale e intransigente, avversa ai Romani. Per il momento ebbe il sopravvento una risposta filosofica con opere come il Quarto libro dei Maccabei, dove si parlava di resistenza civile e non armata all'oppressione.

Dopo Caligola, e precisamente dopo il 44, ci furono altri fattori negativi: il malgoverno dei procuratori romani e la crescente avversione all'aristocrazia laica e sacerdotale sempre più corrotta.

La brutalità dei procuratori, il tentativo di Caligola, la corruzione dell'aristocrazia accrebbero la certezza di essere nel periodo di tribolazione premessianica (si veda Libro di Daniele in special modo) con il sorgere di numerosi pseudo profeti. Ci fu anche chi prese le armi e si organizzò in bande armate dedicandosi alla guerriglia. La scintilla della rivolta scoppiò nel Tempio ad opera di sacerdoti ordinari. I rivoltosi occuparono il Tempio imponendo la sospensione del sacrificio giornaliero per l'Imperatore e i Romani; i rivoltosi erano comandati da Eleazaro ben Simone che chiese aiuto anche ai rivoltosi di estrazione non sacerdotale.

Le campagne

Anni 67 e 68

Nerone affidò a Tito Flavio Vespasiano il compito della sottomissione dei giudei alle aquile romane. Vespasiano partì per Antiochia e raggiunse l'esercito romano raccolto a Tolemaide nel 67. Nello stesso tempo, Tito, suo figlio, si congiunse col padre da Alessandria. Occuparono così Seffori, Gadara, Jotapata, Jaffa, Tiberiade, Taricace (Magdala), Ghischala (Safed), il Tabor, Gamala: tutta la Galilea era conquistata.

Nel giugno 67 la Legio X Fretensis andò sul monte Garizim a reprimere una ribellione di Samaritani. Nel maggio del 68 Vespasiano conquistò la Perea.

Anni 69 e 70

Gerusalemme in epoca romana (plastico)

Nel 69 fece occupare tutte le città attorno Gerusalemme. Nel dicembre del 69 Vespasiano fu eletto Imperatore di Roma, dopo i torbidi che videro succedersi al trono Galba, Otone, Vitellio. Affidò quindi a suo figlio Tito il compito di terminare la guerra in Giudea e raggiunse Roma.

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Assedio di Gerusalemme (70)

Nel marzo del 70 Tito accerchiò tutta Gerusalemme:

  • parte sul monte Scopus;
  • sul monte Oliveto la X Fretensis;
  • parte delle truppe alla Torre Ippico;
  • parte dell'esercito a Nord di Gerusalemme, nella zona di Gabaa ("altura", in ebraico. È patria del re Saul).

Poi iniziò la battaglia. Dopo quindici giorni di combattimenti, il 25 maggio 70 i romani presero il terzo muro, lo atterrarono e penetrarono nel quartiere di Bezeta. Poi Tito pose il suo comando nel Gareb.

Tito fece costruire un muro alto tre metri e lungo 7300 metri tutt'intorno la città.

Attaccò la fortezza della Torre Antonia e la rase al suolo. Venne la volta del Tempio: il 9 agosto 70 il Tempio rovinò tra le fiamme, e la bandiera dei legionari venne alzata alla Porta Orientale. In questa occasione Tito fu proclamato "imperator".

Anni 71-74

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Masada

La guerra continuò in altri focolai ma terminò nel 74 con la caduta della fortezza di Masada.

L'interpretazione di Giuseppe Flavio

Denario rappresentante Tito, un trofeo ed un prigioniero giudeo.

La gran maggioranza delle notizie sono state registrate dallo storico giudeo Giuseppe Flavio che partecipò alla rivolta ottenendo l'incarico di dirigere la resistenza contro i romani nella Galilea settentrionale. Qua dopo aver resistito per 47 giorni si arrese alle truppe di Tito e Vespasiano e, una volta davanti a loro, predisse che sarebbero stati imperatori, cosa che gli assicurò la loro protezione. Flavio attribuisce la rivolta alla follia dei ribelli, soprattutto alle frange più estreme, senza tacere sul malgoverno dei procuratori romani; ma se non tace su quest'ultimi salva però l'impero come istituzione. I peccati dei ribelli avevano indotto Dio ad abbandonare Israele per Roma; Dio aveva abbandonato i ribelli che non si erano resi conto dell'assurdità di contrapporsi alla potenza mondiale. Giuseppe afferma che Daniele era stato il più grande dei profeti e aveva previsto le disgrazie del 66-70. Traspare dunque la convinzione della provvisorietà dell'impero romano e della sua identificazione col regno messianico; ciò che distingueva Giuseppe dai ribelli era la valutazione del momento in cui sarebbe avvenuta la guerra tra bene e male

Voci correlate
Collegamenti esterni