Provincia dei Cappuccini Svizzeri

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La Provincia dei Cappuccini Svizzeri conduce e amministra i conventi dell'Ordine dei frati minori cappuccini presenti nella Svizzera di lingua tedesca e francese. La conduzione è affidata a un Ministro provinciale eletto ogni tre anni dal Capitolo. Essa ha sede, ininterrottamente dalla sua fondazione nel 1589, presso il Santuario e convento di Nostra Signora sul Wesemlin, a Lucerna.

Cenni storici

In Svizzera il movimento di riforma dell'ordine dei cappuccini si affermò relativamente presto. Fra Pacifico Carli, muratore di Lugano entrato nell'ordine dei cappuccini a Roma nel 1530, fu uno dei responsabili nel 1535 della costruzione del primo convento dell'ordine in Svizzera, il convento del Bigorio, di cui divenne anche il primo padre guardiano. Il convento sorse nell'allora baliaggio comune dei 12 cantoni dell'allora confederazione elvetica. Nel 1565 sempre nel baliaggio luganese sorse a Sorengo un secondo convento che nel 1653 fu trasferito a Lugano. Nel secolo successivo sorsero nell'attuale diocesi di Lugano altri quattro conventi: a Locarno nel 1602, a Fraido nel 1607, a Mendrisio nel 1619, e sul passo del San Gottardo, dove i frati edificarono l'ospizio nel 1683. Allora i conventi ticinesi sottostavano alla Provincia dei cappuccini di Lombardia.

Dopo i primi due conventi luganesi, per volere dell'arcivescovo di Milano san Carlo Borromeo su sollecitazione dal cancelliere di Uri, Walter von Roll, e del Landamano di Nidvaldo, Melchior Lussi,[1] i Cappuccini, per obbedienza, varcarono le Alpi, fondando i primi conventi dell'ordine nell'area di lingua tedesca. Nel 1581 sorse il convento di Altdorf nel canton Uri e, l'anno seguente, fu fondato quello di Stans, nel canton Nidvaldo a cui fecero seguito nel 1583 quello di Lucerna e nel 1585 quello si Svitto. Il giovane ordine francescano trovò in quelle terre fertile terreno di sviluppo, anche perché i più antichi ordini di san Francesco non erano molto presenti sul territorio.

I conventi svizzero-tedeschi formarono nel 1589 la Provincia cappuccina svizzera, con sede nel convento lucernese del Wesemlin, a cui fu unito anche il convento cappuccino di Friburgo in Brisgovia edificato a partire dal 1591. La Chiesa nella Svizzera tedesca di allora era guidata da due grandi diocesi, quella di Costanza e di Basilea i cui territori si estendevano ben oltre quelli dei confederati, per questo motivo la Provincia di allora si estese anche nel sud della Germania e in Alsazia.

Oltre a motivazioni religiose, la fondazione di nuovi conventi aveva anche ragioni strategiche, ovvero la penetrazione nei territori passati alla fede protestante. Nella Svizzera tedesca e francese 18 conventi contribuirono allo sviluppo della Provincia cappuccina: Frauenfeld e Zugo (1595), Rheinfelden (1596), Rapperswil (SG, 1602), Sursee (1605), Friburgo (1609), Bremgarten (AG, 1617), Coira (1623), Delémont (1626), Sarnen (1642), Olten (1646), Laufenburg e Mels (1651), Wil (SG, 1653), Schüpfheim, Porrentruy e Arth (1655), e infine Bulle (1665). La provincia comprendeva anche l'Alsazia della diocesi di Basilea e i territori della diocesi di Costanza nel sud della Germania, fino al Vorarlberg. La crescita portò nel 1668 la provincia svizzera a contare 60 conventi con 732 frati. La provincia fu poi suddivisa in provincia svizzera, a cui rimasero sottoposti i conventi dell'Alsazia, e provincia dell'Austria anteriore.

L'espansione e l'edificazione di nuovi cenobi proseguì nei territori svizzeri con la fondazione dei conventi di Dornach (1672), Näfels (1674), Zizers (1686), Andermatt (1688), Le Landeron (1696), Untervaz (1699), Rigi-Klösterli (1715) e Romont (1728).

Per volere del re di Francia, nel 1729 i conventi dell'Alsazia furono sottratti al controllo di Lucerna, per formare una provincia autonoma. Dopo la costruzione di nuovi conventi a Realp (1735) e a Ernen (1740), nel 1767 su interessamento del nunzio mons. Luigi Valenti Gonzaga,[2] le sedi vallesane presenti nella diocesi di Sion, che allora non faceva ancora parte della confederazione elvetica, Saint-Maurice, fondata nel 1610 e di Sion, fondata nel 1631, tenute dai cappuccini della Savoia, vennero inglobate nella provincia svizzera.

L'Illuminismo, la Rivoluzione francese, la Mediazione, con l'introdusse del divieto del noviziato nei conventi, la guerra del Sonderbund e il Kulturkampf causarono non poche difficoltà alla Chiesa e anche l'azione dei cappuccini subì il contraccolpo con la soppressione di alcuni conventi e una diminuzione delle vocazione, nel 1857 i frati nei conventi svizzeri erano 262.

Fine ottocento e inizio novecento marcò una significativa ripresa dell'Ordine, accompagnata dalla fondazione di nuovi conventi: Pardisla (1899), Landquart (1908), Delémont (1922), Zurigo e Rigi-Kaltbad (1939), Briga (1944), Spiez (1945), Baden (1949), San Gallo (1950), Bremgarten (AG) e Ginevra (1954). Nel 1962 la provincia cappuccina svizzera raggiunse il numero massimo dei religiosi, con 820 frati, compresi i novizi. Per lungo tempo fu la più numerosa dell'intero ordine.

La crisi delle vocazioni, un'ondata di defezioni e il trasferimento dei missionari nelle giovani province d'Africa e d'oltreoceano, causarono una progressiva diminuzione degli effettivi e un'importante soppressione di conventi. Nel 1973 la provincia svizzera integrò quella luganese, sino ad allora rimasta indipendente, includendo così le tre regioni linguistiche, nel 2006 essa contava 24 conventi e 234 frati.

L'8 marzo 2018, per decreto del Ministro generale, fra Mauro Jöhri, i conventi della Svizzera italiana: Bigorio, Lugano (dato in affitto), Faido, Madonna del Sasso (di proprietà del Cantone) e Bellinzona sono entrati a fare parte della neo eretta Custodia della Svizzera italiana, dipendente dalla Provincia di San Carlo in Lombardia e non più dalla Provincia svizzera dei cappuccini. Dalla stessa data quest’ultima conta così 11 conventi e 116 frati.

Note
  1. DSS Lussi [Lussy, Melchior
  2. (FR) Francesco Canalini, Urban Fink, Christian Schweizer, Portraits des Nonces apostoliques in Suisse. La galerie des Nonces dans le Couvent des Capucins à Lucerne p. 11.
Bibliografia