Accanimento terapeutico
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Segui @Cathopedia« | Quando il medico è consapevole che non è più possibile impedire la morte del paziente, e che l'unico risultato del trattamento terapeutico intensivo sarebbe quello di aggiungere sofferenza a sofferenza, egli deve riconoscere i limiti della scienza medica e del suo personale intervento, ed accettare l'inevitabilità ed ineluttabilità della morte. Allora il rispetto verso la persona morente esige più che mai il dovere di evitare ogni sorta di "accanimento terapeutico" e di favorire l'accettazione della morte. » | |
L'accanimento terapeutico può essere definito come "quell'insieme di iniziative clinico assistenziali di carattere piuttosto eccezionale che vengono attuate intorno a un malato terminale, cioè in condizioni gravissime e già piuttosto prossimo alla fine. Lo scopo, nelle intenzioni dei sanitari, è la volontà di rallentare a ogni costo l’approssimarsi della fine, pur sapendo che ormai non dispongono più di vere terapie, capaci di migliorare le condizioni sanitarie o di bloccare il male"[1].
Il Catechismo della Chiesa Cattolica spiega le condizioni nelle quali si configura l'accanimento terapeutico:
« | L'interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima. In tal caso si ha la rinuncia all'accanimento terapeutico. Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire. Le decisioni devono essere prese dal paziente, se ne ha la competenza e la capacità, o, altrimenti, da coloro che ne hanno legalmente il diritto, rispettando sempre la ragionevole volontà e gli interessi legittimi del paziente. » | |
(Catechismo della Chiesa cattolica, n. 2278)
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