Mistero: differenze tra le versioni

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Il libro della [[Sapienza]] appartiene al genere sapienziale e presenta vari segreti divini. Una presentazione generica e non elencativa di tali segreti:
* si rintraccia in {{passo biblicopb|Sap|7,21}} dove però si fa riferimento non solo a ciò che è nascosto ma anche a ciò che è palese, e
* sembra rintracciabile in una interpretazione letterale di {{passo biblicopb|Sap|2,22a}}, dove esplicitamente si citano i ''segreti di Dio'', anche se una interpretazione più contestualizzata del medesimo passo, quindi alla luce di {{passo biblicopb|Sap|2-3}}, sembra conferire al detto passo biblico la qualità di una presentazione particolare di alcuni segreti divini, ossia in ordine alla ricompensa dei puri come si afferma esplicitamente in {{passo biblicopb|Sap|2,22b}}.
 
Tra i segreti divini specificatamente presentati, e di cui viene fatta generica presentazione in {{passo biblicopb|Sap|6,22}}, si citano, a solo titolo esemplificativo, i segreti intorno:
* alla nascita della sapienza che avviene, come afferma {{passo biblicopb|Sap|7,25-26}}, come emanazione della potenza ed effluvio genuino della gloria di Dio, e come riflesso della luce e specchio dell'attività di Dio;
* alla natura della sapienza che viene classificata, come afferma {{passo biblicopb|Sap|7,24a}}, come ''moto'' e, nella fattispecie, come "il più agile fra tutti i moti" precisando che il termine ''moto'' va inteso in senso filosofico, in quanto l'autore biblico mutua tale termine della filosofia greca come, del resto, fa per altri termini nel contesto di {{passo biblicopb|Sap|7,22-8,1}};
* alle caratteristiche della sapienza che vengono enumerate, come afferma {{passo biblicopb|Sap|7,22-23}}, per un totale di 21 attributi, ossia un numero che indica la massima perfezione essendo il prodotto di 3 x 7;
* alla relazione tra la sapienza e Dio che viene presentata, come afferma {{passo biblicopb|Sap|8,3}}, come "comunione di vita", ossia una peculiare espressione con la quale da una parte certamente si approfondiscono le concezioni degli altri libri sapienziali anche se non di molto, dall'altra parte si da inizio ad un progresso che giungerà alla rivelazione neotestamentaria della sapienza come Ipostasi divina anche se tale rivelazione è qui adombrata in quanto ciò che si predica di Dio (cfr. {{Pb|Is|41,21-29}}) si predica parimenti della sapienza (cfr. {{passo biblicopb|Sap|8,8}}), e ciò che si predica dello spirito di Dio (cfr. {{passo biblicopb|Sap|1,7}}) si predica parimenti della sapienza (cfr. {{passo biblicopb|Sap|7,24b;8,1}});
* all'opera della sapienza nella creazione della quale, essendone l'intelligenza programmatrice (cfr. {{passo biblicopb|Sap|8,4}}) e l'intelligenza fattrice (cfr. {{passo biblicopb|Sap|8,6}}), ne risulta essere madre come affermano vari manoscritti greci e latini di {{passo biblicopb|Sap|7,12}} eccezion fatta per il ''textus receptus'' che la qualifica espressamente come "origine", e
* all'opera della sapienza nella storia, descritta ampiamente in {{passo biblicopb|Sap|10-19}}, il cui scopo è, come afferma {{passo biblicopb|Sap|7,27}}, quello di entrare durante le varie età nelle anime sante per formare amici di Dio<ref>La nozione di ''amici di Dio'', riferita all'uomo, è possibile in quanto esiste la nozione di ''amico dell'uomo'' riferita allo spirito presente nella sapienza. Quest'ultima espressione, che descrive una tra le 21 caratteristiche della sapienza, è poi passata nell'uso liturgico orientale, particolarmente bizantino, sia in ambito ortodosso che cattolico, per indicare il Cristo.</ref> e profeti i quali per la loro vita santa penetrano nella conoscenza delle esigenze e dei misteri divini diventandone interpreti e, quindi, guide per gli altri uomini.
 
===Il libro di Daniele===
 
Il libro di [[Daniele]] appartiene al genere apocalittico in quanto è una rivelazione dei segreti divini che riguardano esclusivamente ciò che si realizza nella storia essendo la stessa orientata verso un epilogo finale. In tale ottica i segreti divini si compiranno puntualmente (cfr. {{passo biblicopb|Dn|9,24a}}; {{passo biblicopb|Dn|9,25b-26a}}, {{passo biblicopb|Dn|9,27a}} e {{passo biblicopb|Dn|11,35}}) e, per tale ragione, [[Dio]] fa conoscere in anticipo ciò che riguarda il futuro (cfr. {{passo biblicopb|Dn|2,29}}), specialmente ciò che avverrà al finire dei giorni (cfr. {{passo biblicopb|Dn|2,28}}) e, in particolare, fa conoscere i giudizi divini prodromici alla ricompensa finale (cfr. {{passo biblicopb|Dn|12,13}}), ma le sue rivelazioni rimangono incomprensibili (cfr. {{passo biblicopb|Dn|4,15}}) eccezion fatta per i prediletti (cfr. {{passo biblicopb|Dn|9,23}}) ai quali viene concesso sia di descrivere (cfr. {{passo biblicopb|Dn|2,31-35}}) che di intendere (cfr. {{passo biblicopb|Dn|10,1c}}) qualunque rivelazione in quanto, essendo gli stessi riconosciuti dai contemporanei come ispirati dalla Divinità (cfr. {{passo biblicopb|Dn|4,5}})<ref>Il passo di {{pb|Dn|4,5}} per indicare l'ispirazione divina in realtà utilizza l'espressione "lo spirito degli dei santi" la quale, parimenti, è stesa anche in {{pb|Dn|5,11a.14}}. Solo il manoscritto di Teodozione, per lapalissiane ragioni teologiche, modifica il plurale aramaico in singolare: in realtà non vi è alcuna necessità di tale modifica perché l'espressione citata è il modo con cui dei pagani, Nabucodonosor, Baldassar e sua moglie, riconoscono in Daniele l'ispirazione divina. In un contesto monoteistico, anche se non sempre inteso strictu sensu, altro è il modo di esprimere la stessa nozione come attestato in {{pb|Dn|4,5}}, dove si fa espresso riferimento al Signore che "suscitò il santo spirito di un giovanetto", o in {{pb|Dn|4,34}} dove Nabucodonosor esprime comunque una contrizione ed una preghiera nei riguardi di Dio.</ref>, hanno ricevuto la luce, l'intelligenza e la sapienza in un grado ordinariamente pari alla sapienza divina (cfr. {{passo biblicopb|Dn|5,11b}})<ref>In realtà il testo di {{pb|Dn|5,11b}} fa riferimento alla concessione di una "sapienza pari alla sapienza degli dei": per tale testo bisogna svolgere la stessa considerazione di {{pb|Dn|4,5}} e, quindi, considerare la citata espressione per ciò che essa è, ossia l'espressione di una pagana, la regina consorte di Baldassar.</ref> per non essere in difficoltà innanzi a qualunque segreto (cfr. {{passo biblicopb|Dn|4,6}}), a meno che tali segreti rimangano incomprensibili anche per i prediletti (cfr. {{passo biblicopb|Dn|8,27b}} e {{passo biblicopb|Dn|12,8}}) in quanto vengono sigillati per un tempo, più o meno determinato (cfr. {{passo biblicopb|Dn|7,28b}} e {{passo biblicopb|Dn|8,26}}) e che al massimo giunge sino al tempo della fine (cfr. {{passo biblicopb|Dn|12,4.9}}), in quanto la durata dello stesso è rivelata in modo oscuro (cfr. {{passo biblicopb|Dn|7,25b}} e {{passo biblicopb|Dn|12,7}}).
 
L'indicazione del periodo temporale in Daniele è quasi sempre ermetica e l'emblema di ciò è ritenuto il passo di {{passo biblicopb|Dn|7,25b}} in cui è letteralmente contenuta l'espressione ''un tempo, più tempi e la metà di un tempo'' il cui significato evidentemente non è certo. Naturalmente, alcune interpretazioni sono state proposte e, fra di esse, allo stato ottiene maggiore consenso tra gli studiosi l'interpretazione per la quale il senso di {{passo biblicopb|Dn|7,25b}} va rintracciato nell'ottica di {{passo biblicopb|Dn|4,13b}} dove probabilmente la parola ''tempi'' deve essere intesa come sinonimo di anni: in tale ottica, l'espressione di {{passo biblicopb|Dn|7,25b}} equivarrebbe a tre anni e mezzo corrispondendo all'incirca alla durata della persecuzione di Antioco Epifane cui fa riferimento {{passo biblicopb|Dn|7,25a}} ed alla quale, secondo alcuni, farebbe pure riferimento la mezza settimana di {{passo biblicopb|Dn|9,27}} che, quindi, equivarrebbe ai citati tre anni e mezzo i quali, considerato che sono composti da quarantadue mesi di trenta giorni e, quindi, equivalgono a 1260 giorni, creano degli interessanti parallellismi con {{pb|Lc|4,25}}, {{pb|Gc|5,17}} e {{pb|Ap|11,2-3;12,14;13,5}} con la conseguenza che indicherebbero, nell'ambito di una prospettiva sempre presente in Daniele, un periodo di tribolazioni la cui durata viene limitata da Dio per la consolazione dei tribolati. Ciò che sembra non favorire questa interpretazione pare risieda proprio in {{passo biblicopb|Dn|4,13b}} non tanto perché la parola ''tempi'', ivi contenuta, equivale ad anni per probabilità e non per certezza ma in quanto, altrove in Daniele, la parola ''tempi'' indica un periodo non ben determinato: del resto, tenendo presente che l'espressione citata, contenuta in {{passo biblicopb|Dn|7,25b}}, è riprodotta in {{passo biblicopb|Dn|12,7}} sia pur nella forma ''un tempo, tempi e la metà di un tempo''; e considerando che del contenuto di {{passo biblicopb|Dn|12,7}} Daniele, non avendolo compreso, ne riceve spiegazione in {{passo biblicopb|Dn|12,9}} dove si afferma che il significato di {{passo biblicopb|Dn|12,7}} sarà nascosto sino al tempo della fine; ne consegue che l'espressione citata in {{passo biblicopb|Dn|12,7}} potrebbe avere un valore temporale diverso e maggiore rispetto all'interpretazione, sopra fornita, della stessa espressione usata in {{passo biblicopb|Dn|7,25b}}, a meno che debba intendersi che solo il senso di quanto verificatosi alla scadenza dei tre anni e mezzo sarà chiaro a tutti nel tempo della fine, considerato che i saggi lo avranno già inteso in base a quanto attestato nella fine di {{passo biblicopb|Dn|12,10b}}, il quale potrebbe essere pure rettamente inteso nel senso che verso la fine dei tempi solo i saggi, e coloro che essi avranno istruito di cui in {{passo biblicopb|Dn|11,34}}, conosceranno il senso delle parole nascoste dato che gli empi non le intenderanno in base a quanto attestato sempre in {{passo biblicopb|Dn|12,10b}}. A rendere più complessa l'analisi si aggiunge {{passo biblicopb|Dn|12,11-12}} che, pur affrontando la tematica dell'abolizione del sacrificio quotidiano durante la tribolazione, logicamente è una continuazione di {{passo biblicopb|Dn|12,9-10}} ma contiene due periodi temporali diversi, computati in giorni: uno steso in {{passo biblicopb|Dn|12,11}} e corrispondente a 1290 giorni computati dall'abolizione del sacrificio quotidiano, l'altro steso in {{passo biblicopb|Dn|12,10b}} e corrispondente a 1335 giorni che saranno raggiunti da parte di chi aspetterà con pazienza. Siccome gli ultimi due versetti citati riguardano l'abolizione del sacrificio quotidiano, vanno posti in parallelo a {{passo biblicopb|Dn|8,13-14}} in cui, precisamente in {{passo biblicopb|Dn|8,14}}, si fa riferimento ad un ulteriore periodo temporale, di diversa durata rispetto ai precedenti citati, e indicato con l'espressione ''2300 sere e mattine'' la quale, se riferita alla durata della sospensione dei due sacrifici quotidiani durante la tribolazione, può indicare in termini moderni sia 2300 giorni sia 1150 giorni. Tutte queste cifre si riferiscono alla durata della tribolazione ma nessuna di esse è identica all'altra e lapalissianamente non concordano con la citata interpretazione dei tre anni e mezzo: la differenza tra tutte le cifre indicate resta senza una qualche spiegazione almeno sostenibile anche nella sola via ipotetica.
 
I segreti sono conosciuti innanzitutto da Dio e, siccome Dio è nel cielo (cfr. {{passo biblicopb|Dn|2,28}}), ne consegue che questi segreti sono parimenti scritti nel cielo. A motivo di tale conoscenza solo a [[Dio]] va propriamente attribuita la qualifica de ''il rivelatore dei misteri'':
* questa qualifica è espressamente menzionata in {{passo biblicopb|Dn|2,47}} ed è facilmente deducibile da {{passo biblicopb|Dn|2,22.28-29}} dove si descrive l'azione divina che determina la detta qualifica, ossia lo svelamento di cose profonde ed occulte e dei misteri;
* questa qualifica non è solo presente in Daniele in quanto l'azione divina di svelamento dei segreti è già descritta in {{Pb|Gb|12,22}} e continuerà ad essere descritta nel Nuovo Testamento (cfr. {{Pb|1Cor|2,10}} e {{Pb|Ap|1,1.19;4,1}}), e
* questa qualifica è logicamente dipendente da altre due qualifiche, espressamente attribuite a Dio in {{passo biblicopb|Dn|2,47}}, ossia ''il Dio degli dei'' e ''il Signore dei re''.
 
Nel libro di Daniele, Dio rivela i segreti:
* nelle scritture, sia quelle:
** componenti il canone biblico, particolarmente le scritture profetiche come, a titolo esemplificativo, la profezia delle settanta settimane contenuta nel libro di Geremia sulla quale Daniele medita, come attestato in {{passo biblicopb|Dn|9,1-2}}, e
** non componenti il canone biblico e vergate in modo prodigioso, come attestato in {{passo biblicopb|Dn|5,5.7}};
* nelle visioni, le quali sono qualificate:
** come sogni o visioni notturne, come attestato in {{passo biblicopb|Dn|2,1-3.19;4,1-15;7,1-27}}, e
** come visioni che, per quanto affermato nel contesto o per quanto si deduce dallo stesso, sembrano avvenire sia in uno stato non dormiente che in un periodo non notturno, come attestato in {{passo biblicopb|Dn|8,1-14;10,1.4-8}};
* negli incontri reali<ref>Tra gli incontri reali di Daniele con altri esseri non sono stati inseriti in voce gli incontri di cui in {{passo biblicopb|Dn|7,15-27}}, in quanto avviene nell'ambito di un sogno, ed in {{passo biblicopb|Dn|10,1.4-8}} in quanto trattasi di visione essendo la descrizione di un essere dall'aspetto umano e vestito di lino con il quale Daniele interagirà solo in {{passo biblicopb|Dn|12,7-13}}.</ref> di Daniele con altri esseri, a loro volta misteriosi, come quelli:
** con l'[[Arcangelo Gabriele]] che spiega a Daniele sia la profezia del montone e del capro, come attestato in {{passo biblicopb|Dn|8,17-26}}, sia la profezia della settanta settimane, come attestato in {{passo biblicopb|Dn|9,20-27}};
** con un angelo non meglio identificato poiché non sembrerebbe essere l'[[Arcangelo Michele]] ivi citato, come attestato in {{passo biblicopb|Dn|10,9-15.20-12,4}},<ref>Con Daniele, come con Ezechiele e Tobia, la dottrina sugli angeli comincia a consolidarsi. In Daniele, esattamente in {{passo biblicopb|Dn|10,10-15.20-11,1.12,1}}, si fa cenno ad alcuni angeli custodi delle nazioni: l'angelo principe del re di Persia, l'angelo principe di Grecia e l'angelo principe di Israele, ossia l'arcangelo Michele chiamato anche "il gran principe". Più precisamente in {{passo biblicopb|Dn|10,1b.13.20-21;12,1}} ed esplicitamente in {{passo biblicopb|Dn|10,13.20-21}}, si fa un ulteriore cenno ad un misterioso conflitto tra gli angeli custodi delle nazioni, e ciò sembra sottolineare come il destino delle nazioni resti un mistero da rivelare anche agli angeli.</ref> e
** con altri esseri non meglio precisati di cui alcuni dall'aspetto umano, anche se sembra che si tratti sempre dello stesso essere in quanto citato in diverse circostanze, come attestato in {{passo biblicopb|Dn|8,15-16;10,16-19;12,5-13}};
* facendo uso, molto spesso, di simboli enigmatici, come attestato in {{passo biblicopb|Dn|2,31-35}}; {{passo biblicopb|Dn|4,7-14}}; {{passo biblicopb|Dn|7,2-14}}; {{passo biblicopb|Dn|8,3-14}} e {{passo biblicopb|Dn|10,2-5}}, e di parole criptiche, come attestato in {{passo biblicopb|Dn|5,24-25}}; {{passo biblicopb|Dn|9,2}} e {{passo biblicopb|Dn|12,6-13}}, e
* con le spiegazioni che Daniele offre a terzi, cioè il re e gli astanti come attestato in {{passo biblicopb|Dn|2,36-55}}; {{passo biblicopb|Dn|4,16-24}} e {{passo biblicopb|Dn|5,17-28}}, gli anziani d'Israele come attestato in {{passo biblicopb|Dn|13,50-59}}, ed i lettori come attestato in {{passo biblicopb|Dn|7,28}}; {{passo biblicopb|Dn|8,27}} e {{passo biblicopb|Dn|12,4b}}.
 
==Accezione giudaica extra-biblica==

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