Morte: differenze tra le versioni

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== Nella Bibbia ==
 
La [[Bibbia]] prospetta la morte e la sopravvivenza dopo di essa in vari modi, non tutti armonizzabili tra loro. La [[rivelazione]] biblica, lungi dal distoglierne lo sguardo per rifugiarsi in illusori [[sogno|sogni]], la guarda lucidamente in [[faccia]].
 
=== Antico Testamento ===
=== Nuovo Testamento ===
 
La concezione dell'[[uomo]] nel [[Nuovo Testamento]] non è dissimile da quella dell'Antico; pertanto anche la concezione della morte non se ne distacca. Sono soprattutto le [[lettere paoline]] e quelle [[lettere deuteropaoline|deuteropaoline]] ad addentrarsi nella [[teologia]] della morte; in esse viene presentata, alla luce del racconto delle origini, come una conseguenza del [[peccato]] ({{pb|Rom|5,12; 6,23; 7,13; 8,10}}; {{pb|Ef|2,1.5}}; {{pb|Col|2,13}}).
 
Nel [[Nuovo Testamento]] però la [[rivelazione]] converge verso il [[mistero]] della [[morte di Cristo]]: alla [[luce]] di essa tutta la storia umana appare come un gigantesco dramma di vita e di morte<ref>{{autore|[[Pierre Grelot]]}} ([[1971]]) 737.</ref>:
Ma l'aspetto più significativo della teologia neotestamentaria della morte è la sua interpretazione alla luce di [[Cristo]] e nell'ottica della [[salvezza]] portata da lui. Il [[Figlio di Dio]], [[incarnazione|fattosi uomo]] ({{pb|Gv|1,14}}; {{pb|Fil|2,7}}) e divenuto simile agli uomini in tutto eccetto il peccato ({{pb|Eb|2,17; 4,15}}), subisce la morte come essi.
* fino a [[Cristo]] e senza di lui c'era il [[regno]] della morte;
* Cristo, con la sua venuta e con la sua morte trionfa sulla morte stessa: da quest'istante la morte cambia senso per la nuova umanità che muore con Cristo per vivere con lui [[eternità|eternamente]].
 
=== L'umanità sotto il potere della morte ===
 
Sono soprattutto le [[lettere paoline]] e quelle [[lettere deuteropaoline|deuteropaoline]] ad addentrarsi nella [[teologia]] della morte; in esse viene presentata, alla luce del racconto delle origini, come una conseguenza del [[peccato]]: per la [[colpa]] di un solo uomo il peccato è entrato nel [[mondo]], e con il peccato la morte ({{pb|Rom|5,12.17}} {pb|1Cor|15,21}}). Da allora tutti gli uomini "muoiono in [[Adamo]]" ({{pb|1Cor|15,22}}), e la morte regna sul mondo ({{pb|Rom|5,14}}).
 
Ciò che conferisce forza al potere della morte è il peccato, descritto come il "[[pungiglione]] della morte" ({{pb|1Cor|15,56}}, che cita {{pb|Os|13,14}}), perché la morte ne è il [[frutto]], il termine, il [[salario]] ({{pb|Rm|6,16.21.31}}). E il peccato ha nell'uomo un [[complice]], la [[concupiscenza]] ({{pb|Rm|7,7}}): essa fa nascere il peccato, che a sua volta genera la morte ({{pb|Gc|1,15}}); la [[carne]] è quella il cui [[desiderio]] è la morte ({{pb|Rm|7,5; 8,6}}); con ciò il corpo, [[creatura]] di [[Dio]], è diventato "corpo di morte" ({{Pb|Rm|7,24}}).
 
In questo dramma, invano la [[legge]] è entrata in scena per opporre una barriera a questi strumenti della morte che operano nell'uomo: il peccato ha preso possesso anche della Legge per [[seduzione|sedurre]] l'uomo e procurargli più sicuramente la morte ({{pb|Rm|7,7-13}}). Dando la conoscenza del peccato ({{pb|Rm|3,20}}) senza dare la forza di trionfare su di esso, condannando il [[peccatore]] a morte in modo esplicito (cfr. {{pb|Rm|5,13-14}}), la legge è divenuta la "forza del peccato" ({{pb|1Cor|15,56}}); per questo il [[ministero]] della legge, che in sé era [[sacro|santa]] e [[spirito|spirituale]] ({{pb|Rm|7,12.14}}), rimanendo semplice lettera che non conferiva la [[potenza]] dello [[Spirito Santo]] è stato un ministero di morte ({{pb|2Cor|3,7}}).
 
Senza Cristo dunque l'umanità era immersa nell'[[ombra]] della morte ({{pb|Mt|4,16}}; {{pb|Lc|1,79}}; cfr. {{pb|Is|9,1}}); per questo la morte fu, in ogni [[tempo]], una delle componenti della sua storia, e rimane una delle calamità che Dio invia sul mondo peccatore ({{pb||Ap|6,8; 8,9; 18,8}}).
 
=== Cristo e la morte ===
{{vedi anche|Morte di Gesù}}
 
Ma l'aspetto più significativo della teologia neotestamentaria della morte è la sua interpretazione alla luce di [[Cristo]] e nell'ottica della [[salvezza]] portata da lui. Il [[Figlio di Dio]], [[incarnazione|fattosi uomo]] ({{pb|Gv|1,14}}; {{pb|Fil|2,7}}) e divenuto simile agli uomini in tutto eccetto il peccato ({{pb|Eb|2,17; 4,15}}), fa sua e subisce la morte come essi.
 
La [[risurrezione di Gesù|risurrezione]] rivela il valore salvifico della morte di Gesù: ormai essa viene compresa, attraverso varie immagini e vari modelli di pensiero, come una morte [[espiazione|espiatrice]] in rappresentanza degli uomini. Nella sua risurrezione Cristo ha annientato e superato la morte dell'uomo, come le [[guarigione|guarigioni]] che Gesù aveva operato durante il suo [[ministero pubblico di Gesù|ministero pubblico]] prefiguravano; la sua risurrezione, poi, diventa speranza della risurrezione di tutti. [[San Paolo]] conia al riguardo la terminologia del ''primo'' e del ''secondo'' [[Adamo]]: se attraverso l'Adamo del [[Genesi]] la morte è entrata nel [[mondo]], attraverso il secondo Adamo, [[Cristo]], la potenza della morte è definitivamente superata ({{pb|1Cor|15,20-22}}). Essendo Cristo risorto per primo ({{pb|1Cor|15,23}}), tutti coloro che gli appartengono hanno per mezzo di lui la garanzia di [[risurrezione dei morti|risorgere]] dai morti.

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