Mistero: differenze tra le versioni

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La nozione di '''Mistero''', ai fini della presente voce, riguarda le accezioni di significato etimologico della parola come assunte dal [[Chiesa cattolica|Cattolicesimo]] e sviluppate, nella quasi totalità dei casi, quali [[Dottrina della Chiesa cattolica|dottrine teologiche]]. Siccome in questi processi le accezioni di significato sono originate anche in ambiti cultuali e culturali pre-cristiani, risulta opportuno fare riferimento a questi stadi di sviluppo non cristiani oltre che alle derivazioni etimologiche.
 
== Etimologia ==
 
Il termine italiano ''mistèro'', riconosciuto come voce dotta, deriva da due forme italiane più antiche coniate, infatti, intorno al [[XIV secolo]] ed aventi sensi non identici, ossia:
Ciascuno dei precedenti due termini greci deriverebbe dal verbo greco ''μυεω, myeō'' ossia "sto chiuso" oppure "mi chiudo" in quanto "chiudo gli occhi" o chiudo la bocca": da tali significati deriverebbe il senso "inizio a culti segreti" o "sono iniziato a culti segreti". In ogni caso la radice del verbo sarebbe il sostantivo greco ''μυς , mýs'' ossia ''topo''.<ref> cfr F. Schenkl e F. Brunetti, Dizionario Greco Italiano Greco, Polaris, [[Genova]] [[1992]]; F. Montanari, GI Vocabolario della Lingua Greca, Loescher, [[Milano]] [[2006]]; e G. Gemoll, Vocabolario greco-italiano, Remo Sandron, [[Palermo]]-[[Milano]] [[1936]].</ref>
 
== Accezione figurativa ==
 
Nel linguaggio comune, la parola mistero è spesso utilizzata per indicare il fascino dell'incomprensibile o semplicemente ciò che è incomprensibile;<ref>Siccome il concetto di mistero, nelle sue accezioni figurative, può sfuggire sia ad un aspetto della comprensione che a tutta la sfera della comprensibilità, nella voce é stata opportunamente indicata la comprensibilità e l'incomprensibilità ma non la razionalità e l'irrazionalità, poiché il criterio raziocinante indica una dimensione importantissima ma non esaustiva della comprensione. Tra l'altro, i criteri raziocinanti in alcune culture non sono sempre riconducibili alla logica aristotelica: a titolo esemplificativo si citano i valori di verità aristotelici che sono due ''poiché tertium non datur'' mentre in altre culture, comunque molto circoscritte, sono tre o addirittura di più.</ref> una cosa arcana di cui sovente si preferisce parlare per allegoria o per simbologia; un dato oscuro potenzialmente accessibile solo a chi ne conosca gli elementi in ordine all'origine, alla natura ed all'effetto, e quindi non accessibile agli altri per i quali può essere non chiaro o può apparire non chiaro, o addirittura può venire presentato agli altri in modo non chiaro; l'abitudine a definire mistero tutto ciò dalla cui responsabilità investigativa si fugge per motivi vari; un atteggiamento volutamente occulto; una situazione segreta come le pratiche alchemiche o magiche, un fare nascosto particolarmente se in ordine ad un secondo fine non palesato.<ref>cfr AA. VV., Dizionario fondamentale della Lingua Italiana, De Agostini, [[Novara]] [[1982]]; e Wendelin Rauch - Jakob Hommes, Lexicon des Katholischen lebens, Herder & Co. Gmbt, [[Friburgo]] [[1952]].</ref> L'uso della parola mistero in questi ambiti certamente costituisce una ricchezza per la lingua italiana ma nello stesso tempo determina la difficoltà nel comprendere altre sottili distinzioni di significato in ambiti diversi.
* con la conseguenza pratica che tale equiparazione, stando ai suoi sostenitori,<ref>Cfr fra tutti Antonio Saccà, Il padre di Dio, Bietti Media. E' interessante anche Joshua Cooper Ramo, Il Secolo Imprevedibile, dove per risolvere la problematicità del non sapere si fa ricorso al concetto dell'imprevedibilità degli eventi (che per certi versi sembra riprendere la nozione di mistero) cui bisogna prepararsi aspettando ogni evento possibile.</ref> dovrebbe contribuire ad una convivenza più tollerante tra i credenti ed i non credenti.
 
== Accezione misteriosofica ==
{{vedi anche|Mistero (paganesimo)}}
 
La nozione di ''Mistero'' è utilizzata anche nei vari ambiti misteriosofici.
 
== Accezione Veterotestamentaria ==
 
La dottrina [[Vecchio Testamento|veterotestamentaria]] classica, che costituisce l'antecedente della nozione religiosa della parola ''Mistero'', si forma in Israele durante l'epoca profetica e si basa sull'idea dei "Segreti di Dio", di cui è particolarmente pervaso il [[Libro di Isaia|Deutero-Isaia]], che sono di ordine:
La nozione religiosa, sottesa alla parola ''Mistero'', è invece attestata dai libri della [[Sapienza]] e di [[Daniele]] in modo peculiare.
 
=== I segreti ontologici ===
 
Tali segreti attengono sia all'esistenza di [[Dio]] che a quella delle creature, e possono essere analizzati intorno a diversi profili. I segreti, in ordine all'esistenza divina, possono essere meglio definiti come segreti di ordine teologico intesi strictu sensu.
 
==== Dio é mistero solo per le creature ====
 
Innazitutto, [[Dio]] è ''mistero non a se stesso'' perché tutti i segreti, pur se celati nelle tenebre come attesta {{pb|Dn|2,22b}}, sono conosciuti da Lui in quanto le tenebre non sono oscure per [[Dio]] come attesta {{Pb|Sal|138,12ab}} anzi, per Lui le tenebre sono come luce stando alla glossa aramaica costituente {{Pb|Sal|138,12c}} secondo la versione del [[testo masoretico|testo masoretico]] e della [[Bibbia CEI|Bibbia della C.E.I.]] ma non di [[Bibbia di Gerusalemme|Bible de Jérusalem]] che non contiene tale glossa.
* per modus operandi, ossia in ragione della Sua opera.
 
==== Il mistero della Natura divina ====
 
[[Dio]] ''rimane mistero per le creature'' in quanto la Sua natura trascende tutto il creato come attesta {{Pb|Is|40,25}}, poiché si innalza sopra i cieli come attesta {{Pb|Sal|8,2}} e, quindi, non può essere misurata come attesta {{Pb|Sal|144,3}}, fermo restando che [[Dio]]:
Alla luce di {{Pb|Bar|3,31}} si può affermare sia che nessun'altra sapienza può avere una conoscenza simile a quella di [[Dio]] e sia che nessun'altra conoscenza può avere una sapienza simile a quella di [[Dio]]. In particolare l'uomo, nonostante tutte le sue scoperte, non riesce a possedere la sapienza di [[Dio]] poiché non ne conosce la via come attesta {{Pb|Gb|28,13}} secondo la versione di diversi manoscritti fra cui i [[Bibbia dei Settanta|Settanta]] ma non il [[testo masoretico|testo masoretico]] per il quale l'uomo, in realtà, non conosce il prezzo, cioè il valore della sapienza.
 
==== Il mistero della Volontà divina ====
 
[[Dio]] ''rimane mistero per le creature'' nonostante, come attestano {{Pb|Gb|23,13a;36,23b}} e {{Pb|Is|40,13}}, la Sua [[Volontà di Dio|volontà]] non muti i propri decreti i quali vengono puntualmente eseguiti come attestano {{Pb|Gb|23,13b}}, {{Pb|Sap|18,15}},<ref>La drammatica evocazione scenica, contenuta in {{Pb|Sap|18,15}}, é certamente ispirata a {{Pb|1Cr|21,16b}}. Considerato che l'autore del libro della [[Sapienza]] ha conoscenza della cultura greca e, quindi, ne é influenzato, non si può del tutto escludere un qualche legame non casuale tra {{Pb|Sap|18,15}} e l'Iliade di Omero IV, 443.</ref> {{Pb|Is|55,11b}} e {{Pb|Zac|1,6}}.
 
==== Il mistero dell'Opera divina ====
 
[[Dio]] ''rimane mistero per le creature'' in quanto la Sua opera, compresa la Sua funzione di Salvatore di Israele, é compiuta da Lui:
* riceve da [[Dio]] addiritura il titolo allora riservato al re d'Israele, ''l'unto di [[YHWH|Jahve]]'' in ebraico ''[[messia|משיח]]'', come attesta l'incipit di {{Pb|Is|45,4c}}.<ref>L'oracolo biblico menzionato in voce é stranamente parallelo al cosidetto ''Cilindro di Ciro'', un testo sacerdotale babilonese scritto nel periodo della marcia vittoriosa di Ciro su Babilonia, intorno al 539-538 a.C., cui risale probabilmente anche l'oracolo del [[Libro di Isaia|Deutero-Isaia]]. Infatti, nel frammento ''A'' del Cilindro si legge, tra l'altro, che Marduch, divinità babilonese e non persiana, "nominò il nome di Ciro e lo chiamò al dominio su tutta la terra" o, secondo altre traduzioni, "chiamò Ciro per nome, proclamando ad alta voce la sua regalità su tutti e su tutto".</ref>
 
==== Il mistero che circonda [[Dio]] ====
 
Infine, [[Dio]] è circondato dal mistero (cfr. {{Pb|Is|6}} e {{Pb|Ez|1}}). Nell'affermare ciò é evidente che:
* il mistero che circonda [[Dio]] é tale non per [[Dio]] ma per le creature.
 
=== Il mistero nella [[Rivelazione]] ===
 
[[Dio]] ''è mistero per le creature'' anche nelle rivelazioni dei segreti che riguardano Se stesso, fra cui quella del proprio nome nonostante il fatto che, anche per [[Dio]], svelare il proprio nome implica il "farsi conoscere agli altri; in qualche modo é consegnare se stesso rendendosi accessibile, capace d'essere conosciuto più intimamente e di essere chiamato personalmente"<ref>cfr. Catechismo della Chiesa cattolica, n.203, dal periodo sintattico finale.</ref> in quanto Egli, avendo un nome, "non è una forza anonima."<ref>cfr. Catechismo della Chiesa cattolica, n.203, dall'ultimo periodo sintattico centrale.</ref>
"[[Dio]] si é rivelato...progressivamente ...sotto diversi nomi"<ref>cfr. Catechismo della Chiesa cattolica, n.204, dalla proposizione sintattica iniziale.</ref> e lo svelamento del nome divino nell'ambito [[Vecchio Testamento|veterotestamentario]] é certamente uno dei vertici fra gli eventi rivelatori. Questi nomi, in realtà, sono delle forme nominative con le quali [[Dio]] si presenta per rendersi intellegibile o con le quali é invocato o presentato in modo inequivoco. Fra tutte queste forme nominative ne eccellono due, ossia ''El Shaddai'' e [[YHWH|Jahve]], anche se solo la seconda di esse "si é mostrata come la rivelazione fondamentale per l'Antica e la Nuova Alleanza."<ref>cfr. Catechismo della Chiesa cattolica, n.204, dalla proposizione sintattica conclusiva.</ref>
 
==== El Shaddai ====
 
La forma nominativa ''El Shaddai'', in ebraico ''אל שדי'', viene rivelata in {{Pb|Gn|17,1;35,11}} mentre alla stessa fanno riferimento {{Pb|Gn|28,3;43,14;48,3;49,25}} e rarissimi altri passi biblici al di fuori dal [[Pentateuco]], contenuti particolarmente in [[Giobbe]]. Da questi testi sembra che ''El Shaddai'' sia il nome divino, in realtà {{Pb|Es|6,3}} fa comprendere che ''El Shaddai'' é la sostantivazione di un attributo divino con cui [[Dio]] designa Se stesso nel manifestarsi ai Patriarchi. Quale sia questo attributo divino e, quindi, quale sia il significato di "Shaddai" é ancora una vexata quæstio anche se, comunemente, si intende l'Onnipotenza per cui si usa tradurre ''El Shaddai'' con "Dio onnipotente": sotto il solo profilo etimologico é, però, certo che la traduzione di "Shaddai" con "Onnipotente" non é precisa.
 
==== Jahve ====
{{vedi anche|[[YHWH#Etimologia e significato|Etimologia e significato di Jahve]]}}
 
* il "Nome divino è misterioso come Dio è Mistero"<ref>cfr. Catechismo della Chiesa cattolica, n.206, dal periodo sintattico centrale.</ref> perché il nome di [[Dio]] è [[Dio]] stesso e, contestualmente, [[Dio]] é il Suo nome.
 
==== Conseguenze della rivelazione del Nome di [[Dio]] ====
 
"Rivelando il suo Nome, [[Dio]] rivela al tempo stesso la sua fedeltà che é da sempre e per sempre, valida per il passato (<<Io sono il [[Dio]] dei tuoi padri>>, {{Pb|Es|3,6}}), come per l'avvenire (<<Io sarò con te>>, {{Pb|Es|3,12a}}). [[Dio]] che rivela il suo Nome come <<Io sono>> si rivela come il [[Dio]] che é sempre là, presente accanto al suo popolo per salvarlo"<ref>cfr. Catechismo della Chiesa cattolica, dal n.207.</ref> "malgrado l'infedeltà del peccato degli uomini ed il castigo che merita".<ref>cfr. Catechismo della Chiesa cattolica, n.211, dal primo periodo sintattico.</ref>
Tutto ciò esemplifica come [[Dio]], anche rivelandosi, ''rimane un mistero per le creature''.
 
=== Altre considerazioni sui segreti ===
La conoscenza di [[Dio]] è imparagonabile(cfr {{Pb|Is|40,18}}<ref>Il versetto 18, indicato in voce, manifesta l'inesistenza di un secondo termine di paragone da accostare a [[Dio]]: in tale ottica devono essere lette le lodi di cui in {{Pb|Is|25,1}}. Questa alterità di Dio costituisce il fondamento teologico della proibizione delle immagini già prevista nel decalogo. Le tematiche affrontate nel versetto 18 sono riprese in {{Pb|Is|44,7}} e in {{Pb|Is|46,5}}, nonché in {{Pb|At|17,29}}.</ref>) e si estende sia al passato che al futuro affermando in tal modo la signoria di [[Dio]] sul creato: ciò è attestato in {{Pb|Is|41,21-29}}. Questa conoscenza divina, per volontà di Dio, in un certo senso diviene ispiratrice dell'uomo (cfr. {{Pb|Pr|8,30-31}}<ref>Nei versetti del capitolo 8 di Proverbi, indicati in voce, la sapienza è descritta, al versetto 30, come ispiratrice di Dio nella creazione e, al versetto 31, la stessa sapienza diventa ispiratrice dell'uomo. Il versetto 30, che richiama i precedenti versetti (cfr. per completezza {{Pb|Pr|8,22-31}}), descrive la sapienza come l'architetto del Creatore facendo divenire la sapienza una persona e non più un bene desiderabile esterno a Dio ed alle creature come in {{Pb|Gb|28,1-28}}. La parola architetto, presente nel versetto 30, è raramente usata in ebraico, e probabilmente con essa si intende esprimere il concetto di artista, meglio di artigiano, da cui logicamente deriva architetto: tale concetto si trova espresso, infatti, in {{Pb|Ger|52,15}}, in {{Pb|Ct|7,2}} ed è attestato dalla [[versione dei Settanta|Bibbia greca]]. Altre traduzioni, apportando qualche correzione, sono solite sostituire la parola architetto con l'espressione "discepolo fedele" o con la parola "prediletto".</ref>) e, per certi versi, viene rivelata:
* nella legge a vantaggio di Israele (cfr. {{Pb|Bar|3,9-4,4}}<ref>Il brano di Baruc, indicato in voce, si può suddividere in tre partizioni: la prima (cfr. {{Pb|Bar|3,9-15}}) è un ammonimento finalizzato a conoscere la sapienza; la seconda (cfr. {{Pb|Bar|3,16-31}}) è una apologia della trascendenza della sapienza; la terza (cfr. {{Pb|Bar|3,32-4,4}}) è una apologia sulla rivelazione della sapienza nella legge di Israele.</ref>), e
* a chi si trova in intimità con Dio (cfr. {{Pb|Es|33,30}}; {{Pb|Gb|29,5}}; {{Pb|Sl|24,14;72,28}}; {{Pb|Pr|3,32}}; {{Pb|Ger|16,21;31,34}}, e {{Pb|Os|6,6}}).
 
=== Terminologia fondamentale ===
 
Nell'ambito [[Vecchio Testamento|veterotestamentario]] la nozione religiosa, sottesa alla parola ''Mistero'', è espressa da vari termini:
I citati termini sono qui considerati nella loro relazione con la nozione di mistero per cui in quest'analisi sono esclusi riferimenti ad altre nozioni sia pur simili: a titolo esemplificativo si cita il termine ''sód'' che è utilizzatto in altri passi biblici con significati simili se non addirittura identici eppure non afferenti la nozione di mistero come, al converso, capita in {{Pb|Am|3,7}} dove ''sód'' esprime il segreto che circonda un obiettivo da raggiungere tramite un piano misterioso, tantocché la Bibbia della C.E.I., diversamente da altre versioni che traducono il termine ''sód'' usato nel detto versetto in senso fenomenico ossia con la parola ''segreto'', traduce il detto termine in senso teleologico ossia con la parola ''consiglio'' che più si adatta alla nozione di mistero.
 
=== Il libro della Sapienza ===
 
Il libro della [[Sapienza]] appartiene al genere sapienziale e presenta vari segreti divini. Una presentazione generica e non elencativa di tali segreti:
* all'opera della sapienza nella storia, descritta ampiamente in {{pb|Sap|10-19}}, il cui scopo è, come afferma {{pb|Sap|7,27}}, quello di entrare durante le varie età nelle anime sante per formare amici di Dio<ref>La nozione di ''amici di Dio'', riferita all'uomo, è possibile in quanto esiste la nozione di ''amico dell'uomo'' riferita allo spirito presente nella sapienza. Quest'ultima espressione, che descrive una tra le 21 caratteristiche della sapienza, è poi passata nell'uso liturgico orientale, particolarmente bizantino, sia in ambito ortodosso che cattolico, per indicare il Cristo.</ref> e profeti i quali per la loro vita santa penetrano nella conoscenza delle esigenze e dei misteri divini diventandone interpreti e, quindi, guide per gli altri uomini.
 
=== Il libro di Daniele ===
 
Il libro di [[Daniele]] appartiene al genere apocalittico in quanto è una rivelazione dei segreti divini che riguardano esclusivamente ciò che si realizza nella storia essendo la stessa orientata verso un epilogo finale. In tale ottica i segreti divini si compiranno puntualmente (cfr. {{pb|Dn|9,24a}}; {{pb|Dn|9,25b-26a}}, {{pb|Dn|9,27a}} e {{pb|Dn|11,35}}) e, per tale ragione, [[Dio]] fa conoscere in anticipo ciò che riguarda il futuro (cfr. {{pb|Dn|2,29}}), specialmente ciò che avverrà al finire dei giorni (cfr. {{pb|Dn|2,28}}) e, in particolare, fa conoscere i giudizi divini prodromici alla ricompensa finale (cfr. {{pb|Dn|12,13}}), ma le sue rivelazioni rimangono incomprensibili (cfr. {{pb|Dn|4,15}}) eccezion fatta per i prediletti (cfr. {{pb|Dn|9,23}}) ai quali viene concesso sia di descrivere (cfr. {{pb|Dn|2,31-35}}) che di intendere (cfr. {{pb|Dn|10,1c}}) qualunque rivelazione in quanto, essendo gli stessi riconosciuti dai contemporanei come ispirati dalla Divinità (cfr. {{pb|Dn|4,5}})<ref>Il passo di {{pb|Dn|4,5}} per indicare l'ispirazione divina in realtà utilizza l'espressione "lo spirito degli dei santi" la quale, parimenti, è stesa anche in {{pb|Dn|5,11a.14}}. Solo il manoscritto di Teodozione, per lapalissiane ragioni teologiche, modifica il plurale aramaico in singolare: in realtà non vi è alcuna necessità di tale modifica perché l'espressione citata è il modo con cui dei pagani, Nabucodonosor, Baldassar e sua moglie, riconoscono in Daniele l'ispirazione divina. In un contesto monoteistico, anche se non sempre inteso strictu sensu, altro è il modo di esprimere la stessa nozione come attestato in {{pb|Dn|4,5}}, dove si fa espresso riferimento al Signore che "suscitò il santo spirito di un giovanetto", o in {{pb|Dn|4,34}} dove Nabucodonosor esprime comunque una contrizione ed una preghiera nei riguardi di Dio.</ref>, hanno ricevuto la luce, l'intelligenza e la sapienza in un grado ordinariamente pari alla sapienza divina (cfr. {{pb|Dn|5,11b}})<ref>In realtà il testo di {{pb|Dn|5,11b}} fa riferimento alla concessione di una "sapienza pari alla sapienza degli dei": per tale testo bisogna svolgere la stessa considerazione di {{pb|Dn|4,5}} e, quindi, considerare la citata espressione per ciò che essa è, ossia l'espressione di una pagana, la regina consorte di Baldassar.</ref> per non essere in difficoltà innanzi a qualunque segreto (cfr. {{pb|Dn|4,6}}), a meno che tali segreti rimangano incomprensibili anche per i prediletti (cfr. {{pb|Dn|8,27b}} e {{pb|Dn|12,8}}) in quanto vengono sigillati per un tempo, più o meno determinato (cfr. {{pb|Dn|7,28b}} e {{pb|Dn|8,26}}) e che al massimo giunge sino al tempo della fine (cfr. {{pb|Dn|12,4.9}}), in quanto la durata dello stesso è rivelata in modo oscuro (cfr. {{pb|Dn|7,25b}} e {{pb|Dn|12,7}}).
* con le spiegazioni che Daniele offre a terzi, cioè il re e gli astanti come attestato in {{pb|Dn|2,36-55}}; {{pb|Dn|4,16-24}} e {{pb|Dn|5,17-28}}, gli anziani d'Israele come attestato in {{pb|Dn|13,50-59}}, ed i lettori come attestato in {{pb|Dn|7,28}}; {{pb|Dn|8,27}} e {{pb|Dn|12,4b}}.
 
== Accezione giudaica extra-biblica ==
Anche nell'ambito giudaico extra biblico si fa riferimento alla nozione di Mistero come, a solo titolo esemplificatico, la tematica dei segreti intorno alla cosmogonia affrontata in alcuni scritti apocrifi.
 
== Accezione Neotestamentaria ==
[[File:Gesù Bambino San Giuseppe.jpg|thumb|250px|right|[[Gesù Bambino]] vero Dio e vero Uomo impara dal padre [[San Giuseppe|Giuseppe]], [[Affresco]], [[Basilica di Sant'Agostino]], [[Milano]]]]
 
Il concetto di Mistero viene particolarmente indicato, come in {{pb|Col|1,26}}, con l'espressione ''Mistero nascosto da secoli''.
 
== Accezione Teologica ==
[[File:Pötting Kirchenfenster 1 - Kommunion.jpg|thumb|250px|left|[[Eucaristia|Mistero eucaristico]], [[mistero pasquale]] di Cristo.]]
 
I segni efficaci di salvezza un tempo erano correttamente denominati ''mysteria''. Da diversi secoli è entrata nell'uso comune un'altra denominazione, teologicamente di origine agostiniana e anch'essa dottrinalmente corretta, ossia ''sacramenta'', [[sacramento|sacramenti]]. In ordine di recezione temporale, il primo di essi è il [[Battesimo]], che rende il battezzato conforme all'immagine del Verbo incarnato ed al suo [[mistero pasquale]], ed il cui carattere viene irrobustito con il dono dello Spirito Paraclito nel sacramento della [[confermazione]], completamento del Battesimo. Tra tutti i Sacramenti eccelle l' [[eucaristia]], "fonte e culmine di tutta la vita cristiana", nel suo duplice aspetto di mensa fraterna e di [[sacrificio eucaristico|sacrificio]] che ontologicamente,in forza del mistero della [[transustanziazione]], permette di pregustare ciò che escatologicamente avverrà nella [[parusia]].<br><br>
 
== Note ==
{{references|3}}
 
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