Origine della religione: differenze tra le versioni

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[[File:Friedrich Max-Müller by George Frederic Watts.jpg|200px|thumb|right|Max Müller (1856): le divinità sono fenomeni naturali personificati.]]
Il filologo tedesco [[Max Müller]] (1823-1900),<ref>Müller, M. (1856). ''Essay on comparative mythology''; id. (1897). ''Contributions to the science of mythology''.</ref> studiando in maniera comparativa le mitologie indoariane (greche, latine, germaniche, indiane...), era giunto alla conclusione che le divinità non sono altro che la personificazione di fenomeni naturali, meteorologici e cosmici, soprattutto solari, sulla base di un banale processo linguistico: p.es. quando i primitivi parlavano in terza persona del sole che nasce, muore, sovrasta la terra e i viventi, era naturale che pensassero a una persona, per quanto ignota. Le divinità e gli eroi delle mitologie dunque sono "maschere senza attori, le creazioni degli uomini, non i loro creatori. Sono nomi (''nomina''), non numi (''numina''), nomi senza essere, non esseri senza nomi".<ref>Müller (1877: 100).</ref> Le tesi di Müller ebbero un discreto successo nell'800, e altri studiosi l'applicarono a tutta la mitologia antica (i miti egizi, l'assedio di Troia, anche Alessandro Magno e Guglielmo Tell) ma le sue ricostruzioni filologiche, vòlte a ricondurre persone ed eventi mitologici a ipotetici miti solari, furono giudicate gratuite e arbitrarie e in definitiva abbandonate. Uno studioso<ref>Littledale, R.F. (1870). "The Oxford Solar Myth". Cit. in Tyrrell, R.Y.; Sullivan, E.; Richards, E.G. (cur.a cura di). ''Echoes from Kottabos''. Londra, 1906: 279-290 ([http://www.archive.org/stream/echoesfromkotta00irelgoog#page/n299/mode/1up/search/myth online]).</ref> ha compilato una ricerca filologica nella quale dimostrava ironicamente che lo stesso Müller era un mito solare: p.es. il nome Max Müller, "il massimo martellatore", indica la costante irradiazione del sole sulle nubi; il nome di sua madre Charlotte Elliot rimanda al carro del sole; la sua dimora ad Oxford, "guado dell'acqua", indica il suo passaggio tra le nubi...
 
Lo storico francese [[Numa Denis Fustel de Coulanges]] (1830-1889) nella sua ''Città antica'' (''La Cité antique'', 1864, [http://www.archive.org/stream/lacitantiqu00fust#page/n11/mode/2up online]), dedicata alla civiltà e alla religione romana, nella sostanza riprende e affianca sia l'intuizione di Evemero che quella di Müller. Distingue infatti due tipi di religioni, quella famigliare e quella naturale. Il primo tipo di religione ha per oggetto gli idoli famigliari, e deriva da un culto degli antenati defunti (2,2). Il secondo tipo ha per oggetto gli dèi della natura fisica, cioè "Zeus, Atena, Giunone, quelli dell'Olimpo greco e del Capitolo romano": "L'uomo dei tempi antichi era senza sosta in presenza della natura [...]. Provava continuamente un insieme di venerazione, amore e terrore per questa possente natura", dalla quale dipendeva nel bene e nel male. "Giudicava le cose esteriori essere come lui stesso, e dato che si sentiva una persona libera, vide in ogni parte della creazione (nel suolo, nell'albero, nella nuvola, nell'acqua del fiume, nel sole) ancora delle persone. Attribuì loro pensiero, volontà, scelta degli atti; poiché le sentiva potenti e era soggetto al loro dominio, avvertendo la sua dipendenza, prese ad adorarle. Ne fece degli dèi" (3,2).
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