Risurrezione dei morti: differenze tra le versioni

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Pur mancando nell'[[Antico Testamento]] un qualsiasi termine ebraico che possa tradursi con risurrezione, essa costituisce un'attesa conforme a tutto lo spirito e al contesto giudaico, poiché questo ha sempre creduto in una [[vita]] dopo la [[morte]]. In tutti i periodi dell'Antico Testamento, infatti, si è avuta coscienza che la morte non significa affatto fine della carne o separazione dell'essere. Al contrario, l'io completo, con la sua impronta individuale, entra nel regno dei morti.
 
Il [[teologo]] Schilling afferma che "è un pensiero fondamentale della comunità di Israele che dove esistono tombe, ci sono anche risurrezioni".<ref>Othmar Schilling, Risurrezione, in Dizionario di Teologia Biblica, Morcelliana, Brescia, [[1969]] pag 1190</ref> L'intero Antico testamento è permeato dalla consapevolezza che Dio può "rendere vivi i morti" e "far entrare e uscire dallodal ''שלşè òlsehòl''" ({{pb|1Sam|2,6}}; {{pb|Sap|16,13}}). Questo perché Jahvè esercita un potere assoluto sulla vita e sulla morte.
 
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I teologi, nel tentativo di determinare le qualità del corpo risorto glorioso, parlano di [[impassibilità]], [[chiarezza]], agilità e [[sottigliezza]] per dire che il corpo glorioso sarà sottratto alla [[sofferenza]], all' [[opacità]], alla pesantezza e all' impenetrabilità.
 
 
 
 
 
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