Libro di Giona: differenze tra le versioni

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testo di don Giuseppe Titone
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(testo di don Giuseppe Titone)
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Il testo del libro di '''Giona''' è divenuto abbastanza proverbiale per il suo contenuto: un [[profeta]] non reale ma immaginario, che disobbedisce al [[Signore]] che intende mandarlo a [[Ninive]] a predicare la [[conversione]], pena la distruzione, e per questo viene gettato in mare.
 
Questo piccolo libro (quinto tra i profeti minori) differisce da tutti gli altri libri profetici. È unicamente un racconto: narra la storia di un profeta disobbediente che vuole dapprima sottrarsi alla sua missione e che poi si lamenta con Dio del successo inatteso della sua predicazione. L’eroe a cui è attribuita questa avventura venata di umorismo è un profeta contemporaneo di Geroboamo II, menzionato in 2 Re 14,25. Ma il libretto non si presenta come suo: effettivamente non può essere opera sua. La “grande città” di Ninive, distrutta nel 612, non è più che un lontano ricordo; pensiero ed espressioni dipendono dai libri di Geremia e di Ezechiele; la lingua è tardiva. Tutto invita a porre la composizione dopo l’esilio, nella corrente del V sec. Il salmo di 2,3-10, che è di un genere letterario diverso e che non ha nessun rapporto con la situazione concreta di Giona né con l’insegnamento del libro, è stato aggiunto dopo.
Per tre giorni dimora nel grembo di un grosso pesce, quindi si ravvede, ottiene il [[perdono]] di [[Dio]] e si reca a Ninive per la sua [[missione]]. In seguito alla predicazione il popolo si ravvede e Dio lo risparmia dai flagelli.
 
Questa data tardiva deve già mettere in guardia contro un’interpretazione storica. Essa è scartata anche da altri argomenti: Dio può cambiare i cuori, ma l’improvvisa conversione al Dio di Israele del re di Ninive e di tutto il suo popolo avrebbe lasciato tracce nei documenti assiri e nella Bibbia. Dio è anche il signore delle leggi della natura, ma i prodigi sono qui accumulati come “torri” o “regine” giocate da Dio a danno del profeta: la tempesta improvvisa, Giona designato dalla sorte, il pesce mostruoso, il ricino che spunta in una notte e che secca in un’ora, e il tutto narrato con un’ironia non mascherata, molto estranea allo stile storico.
 
Il libro è destinato a piacere e anche a istruire: è un racconto didattico. Il suo insegnamento segna uno dei vertici dell’AT. Rompendo con una interpretazione stretta della profezia, afferma che le minacce, anche le più categoriche, sono l’espressione di una volontà misericordiosa di Dio, il quale non attende che la manifestazione del pentimento per accordare il suo perdono. Se l’oracolo di Giona non si realizza, è perché realmente i decreti di distruzione sono sempre condizionali. Ciò che Dio vuole è la conversione: la missione del profeta è dunque perfettamente riuscita (cf. Ger 18,7-8).
 
Rompendo con il particolarismo nel quale la comunità postesilica era tentata di chiudersi, questo libro predica un universalismo straordinariamente aperto. Qui, ognuno è simpatico, i marinai pagani del naufragio, il re, gli abitanti e perfino gli animali di Ninive, ognuno, salvo il solo israelita che sia in scena – ed è profeta – Giona! Dio sarà indulgente verso il profeta ribelle, ma, soprattutto, la sua misericordia si estende anche alla nemica più vituperata di Israele, la città di Ninive.
 
Si è molto vicini al NT: Dio non è solo il Dio dei giudei, è anche il Dio dei pagani, poiché non c’è che un solo Dio (Rm 3,29). In Mt 12,41 e Lc 11,29-32, il Cristo Gesù citerà a esempio la conversione dei niniviti e Mt 12,40 vedrà in Giona chiuso nel ventre del mostro la figura della permanenza del Cristo nella tomba. Questo uso della storia di Giona non deve essere invocato come una prova della sua storicità: Gesù utilizza questo apologo dell’AT come i predicatori cristiani utilizzano le parabole del NT: è la stessa preoccupazione di insegnare con immagini familiari agli uditori, senza che sia portato un giudizio sulla realtà dei fatti.
 
[[Categoria:Antico Testamento]]
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