Escatologia: differenze tra le versioni

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L''''escatologia''' (dal [[lingua greca|greco antico]] {{Traslittera|ἔσχατος|GrecoTr}}, "ultimo"), letteralmente "scienza delle cose ultime", è la riflessione [[teologica]] sul destino definitivo e finale delle persone e del creato. È affine e parzialmente sovrapponibile al concetto di [[salvezza]].
 
L'escatologia cristiana in pratica è strettamente correlata con la visione della [[morte]] e dell'[[aldilà]]: ha a che vedere con la [[resurrezionerisurrezione dei morti]], con la [[Vita Eterna]], con il [[Giudizio Universale|Giorno del Giudizio]], con il [[parusia|ritorno di Cristo]].
 
Il [[Mistero Pasquale]] viene letto già dalla prima generazione cristiana come un fondamentale evento escatologico, che ridà la [[speranza]] ai [[Discepolo|discepoli]] del [[Risurrezione di Gesù|Risorto]].
===Evoluzione===
Nell'[[Antico Testamento]] si assiste a una progressiva evoluzione in merito:
* nei brani più antichi della [[Bibbia]] (in particolare nella [[Torah]] per le vite dei [[patriarchi]]) è presente un'escatologia terrena o immanente. Non è annunciata una [[vita]] dopo la [[morte]], i [[giusti]] [[amati]] da [[Dio]] possono godere del suo favore nella vita terrena con un benessere personale ed [[economico]], unito a una longevità prolungata (p. es. Abramo che muore felice, "vecchio e sazio di giorni", {{pb|Gen|25,7-8}}). Ciò che sopravvive è al massimo una buona fama tra i posteri (cfr. p. es. {{pb|Sir|41,13; 44,8}});
* attorno al [[600]] a.C., negli oracoli dei profeti [[Geremia]] ed [[Ezechiele]] (cfcfr. in particolare {{pb|Ger|31,19}}; {{pb|Ez|18,1}}), si affaccia il concetto di retribuzione individuale: il contesto è terreno, senza riferimenti a una vita dopo la morte, ma il premio o la punizione non dipendono dal gruppo (popolo, clan, famiglia) di appartenenza bensì dalla propria condotta individuale;
* in seguito si avverte l'influsso del concetto greco degli [[inferi]] ([[greco]] Ἅιδης, [[Ade]]; [[ebraico]] שאול, ''[[Sheòl]]''):<ref>Cfr. in particolare quanto nell'[[Ade]] dice Achille (già morto) a Odisseo (ancora vivo):
 
{{quote100|Non [[lode|lodarmi]] la [[morte]], splendido Odisseo. Vorrei esser bifolco, servire un padrone, (essere) diseredato che non avesse [[ricchezza]], piuttosto che dominare su tutte le [[ombra|ombre]] consunte.|''Odissea'' 11, 484-491}}</ref> la retribuzione è sempre terrena, ma si ammette anche l'esistenza di una vita dopo la [[morte]] che però è come ombre (רפאים, ''refaim''), nebulosa, oscura, non caratterizzata dalla [[risurrezione]] né da possibilità di [[felicità]] e [[salvezza]] ({{pb|Sal|88,11}}; {{pb|Is|14,9}}; {{pb|Gb|26,5}});
* attorno all'epoca [[ellenista]], ma con alcuni indizi sparsi nei secoli precedenti ({{pb|Is|26,19}}; {{pb|Gb|19,25-27}}), compare la convinzione di una risurrezione e di una vita dopo la morte, diversificata per qualità (gioia o sofferenza) a seconda della condotta morale terrena ({{pb|Sap|3}}; {{pb|Dan|12,2-3}}; {{pb|2Mac|7}}).
 
Fino all'epoca [[profeta|profetica]] poco o nulla si conosce sulla escatologia dell'[[Antico Testamento]]. Dal messaggio dei profeti (per es. {{passo biblico con sigla libro|Am|5,18-20}}) o dalle promesse fatte alla [[casa di Davide]] ({{passo biblico con sigla libro|2Sam|7}}) si può però dedurre che l'attesa tradizionale delle ultime cose in [[Israele]] era piuttosto ottimista.
 
Con l'avvento dei grandi profeti questo stato di cose cambia sostanzialmente: essi annunciano al popolo il [[giudizio]] di [[Dio]] anche se non nascondono che l'ultima Sua [[volontà di Dio|volontà]] è la [[salvezza]] (vedi [[Messia]]). Causa del giudizio è il [[peccato]] del [[popolo di Dio|popolo]]: [[Israele]] si era lasciato assimilare dalla popolazione [[Cananei|cananea]], adottandone forme e credenze religiose (come l'[[adorazione]] di [[Baal]], [[vitello d'oro|vitelli d'oro]], ecc.) o aveva permesso che concetti [[paganesimo|pagani]] entrassero a far parte della sua [[fede]] (per es. il principio che l'abbondanza dei [[sacrificio|sacrifici]] o la solennità del [[culto]] fossero mezzi per placare o [[propiziazione|propiziare]] Dio). Ne era risultata una completa distruzione del concetto fondamentale di popolo di Dio, legato al suo [[Salvatore]] con un [[patto]] e quindi unito anche nei suoi membri da un vincolo indissolubile; le conseguenze erano un completo rilassamento di ogni [[etica]] personale, sociale e civica ede il dilagare dell'immoralità e dell'ingiustizia.
 
È da notare che per i profeti l'escatologia non avviene mai in forme [[mito|mitiche]]: sono i popoli della terra ([[Assiri]], [[Babilonesi]], ecc.) gli incaricati di eseguire contro Israele il giudizio divino [[purificazione|purificatore]]; un [[resto]] [[elezione|eletto]] del popolo potrà godere dell'[[era messianica]].
Al tempo della rivolta dei [[Maccabei]] la speranza di Israele prende forme più precise: si prevedono determinati avvenimenti che dovranno svolgersi negli ultimi tempi; si forma un po' alla volta tutta una letteratura che sotto forma di [[rivelazione]] concessa agli antichi descrive gli eventi futuri che stanno per accadere.
 
Il profeta riceve ora le sue rivelazioni in modo speciale: a mezzo di [[visione|visioni]], di [[angelo|angeli]] incaricati di mostrargli lo sviluppo progressivo degli eventi; così come le catastrofi annunciate saranno di genere molto distinto, con caratteri nettamente mitici: cataclismi cosmici e [[terremoto|tellurici]], angeli della [[morte]] ede altre rappresentazioni plastiche. Si tratta del [[genere apocalittico]], che giungerà nell'[[Antico Testamento]] al culmine col [[Libro di Daniele]], ma che si svilupperà ancor più con i [[Apocrifi|librilibrgli pseudoepigrafi]]. Si preparano così quelli che saranno i motivi basici dell'escatologia [[Nuovo Testamento|neotestamentaria]].
 
== Nuovo Testamento ==
Al tempo di [[Gesù]] era diffusa la sensazione che il tempo finale era vicino: era attesa la venuta del [[Messia]].
 
I [[Vangeli sinottici]] ci riportano (con alcune varianti) un [[discorso escatologico]] ({{passo biblico con sigla libro|Mc|13}} e par.) di Gesù. In esso gli [[evangelista|evangelisti]] hanno raccolto gli insegnamenti di Gesù sulla fine. In essi la prospettiva della caduta di [[Gerusalemme]] in mano ai [[Impero Romano|Romani]] si intreccia con il riferimento ai giorni della fine. Invita i discepoli a non preoccuparsi del momento preciso, ma a vigilare in ogni tempo ({{passo biblico con sigla libro|Mc|13,32}} e par.; {{passo biblico con sigla libro|At|1,7}}).
 
La [[chiesa]] del tempo [[apostoli|apostolico]] era comunque persuasa che il [[ritorno di Cristo]] ([[Parusia]]), che avrebbe dovuto segnare la fine, era prossimo, e viveva perciò in quell'attesa, considerando provvisorio e per un tempo tutto ciò che si riferiva al mondo presente (cfr. {{passo biblico con sigla libro|Rm|13,11-14}}; {{passo biblico con sigla libro|1Cor|7,29-31}}; {{passo biblico con sigla libro|1Ts|5,1-5}}; ecc.).
 
== Nella tradizione cattolica ==
Alla fine del [[XIX secolo]] si conveniva generalmente nel considerare l'escatologia come un elemento superato del messaggio evangelico, come una concessione fatta da [[Gesù]] al pensiero popolare [[Giudaismo|giudaico]], che per il lettore moderno poteva essere soltanto un rivestimento fantastico dei "valori" perenni dell'[[Vangelo|Evangelo]]: la [[Dio Padre|paternità di Dio]] e l'infinito valore dell'[[anima]] umana ([[Adolf Harnack]], [[Ernst Troeltsch]]).
 
Una svolta importante avvenne quando si riconobbe che l'escatologia è invece un aspetto essenziale dell'[[annuncio]] evangelico, che, secondo [[Albert Schweitzer]], è tutto contenuto in queste parole: "Ravvedetevi, il Regno dei cieli è vicino" ({{passo biblico con sigla libro|Mt|3,2}}. Tutto il [[Vangelo]] apparve allora dominato dal punto di vista escatologico; in particolare la morale del Vangelo, con la sua intransigenza impraticabile, fu considerata come una "etica provvisoria", la morale di gente che non pensava ad organizzare ragionevolmente la vita sopra questa terra, ma che viveva nell'attesa del [[Regno di Dio]]: questa concezione era un rovesciamento completo delle posizioni della scuola di Harnack. In Italia Ernesto Buonaiuti svolse con passione eloquente il concetto che il [[Vangelo]] nega radicalmente il mondo dal punto di vista del [[Regno di Dio]], e che per questa negazione diventa paradossalmente capace di agire su di esso.
 
In anni più recenti si è tornati ad una visione meno eccessiva, riconoscendo che nel [[Nuovo Testamento]] l'escatologia non è soltanto un evento futuro, ma è già attuata (l'"[[escatologia realizzata]]" di [[Charles Harold Dodd]]) o almeno iniziata ([[Joachim Jeremias]], [[Oscar Cullmann]]). La venuta di [[Gesù]] è l'evento escatologico, che segna la fine dell'"antico [[eone]]", cioè del mondo del [[peccato]] trionfante, della separazione ostile da Dio, della condanna e della morte, e l'inaugurazione del "nuovo eone", dell'era nuova in cui sono all'opera le potenze della [[grazia]], del [[perdono]], della vita. In particolare la [[morte]] e la [[risurrezione]] di Cristo segnano la vittoria decisiva sulle potenze di [[Satana]], anche se le conseguenze di questa vittoria non potranno essere manifestate prima dell'avvento finale del Regno (il ''Victory Day'', [[Cullmann]]).
 
Il tempo che intercorre tra la vittoria potenziale di Cristo (la sua [[morte]] e risurrezione) e la sua manifestazione gloriosa (la ''[[parusia]]'' o secondo avvento) è un tempo di attesa, di [[pazienza]] divina, di [[penitenza]], di lotta, ma anche e soprattutto di grazia; è il "tempo della [[Chiesa]]," la quale è già, in questo mondo, se non il "[[Regno di Dio]]" nella sua pienezza, una anticipazione di esso: il "Regno di [[Cristo]]", in cui si manifestano, nei doni dello [[Spirito Santo]] ([[carismi]]) e nella rigenerazione e [[santificazione]] dei credenti, la potenza del nuovo eone. L'esistenza della Chiesa nel mondo è dunque fino dal tempo presente una "esistenza escatologica" ([[Rudolf Bultmann]]).
 
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