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È venerato come [[santo]] dalla [[Chiesa ortodossa]] e dalla [[Chiesa cattolica]], ed è annoverato fra i [[Padre della Chiesa|Padri della Chiesa]] e [[Padri apostolici (generale)|Padre Apostolico]]. Fu il secondo successore di [[San Pietro apostolo|Pietro]] come vescovo di [[Antiochia di Siria]],
== La sede di Antiochia ==
Gli [[Atti degli Apostoli]] ci informano circa la [[comunità cristiana]] che vi era nata, e che era fiorente: primo Vescovo ne fu l'apostolo Pietro<ref>Il dato è riportato unanimemente dalla [[Tradizione]].</ref>, e lì ''per la prima volta i discepoli furono chiamati cristiani'' ({{passo biblico|At|11,26}}).
Alla fine del [[I secolo]] Antiochia era la terza città per grandezza del mondo antico [[mar Mediterraneo|mediterraneo]]. Le prime due città erano [[Roma]] e [[Alessandria d'Egitto]].
Il [[Concilio di Nicea I]] parla di tre ''primati'': dopo Roma, gli altri due sono Alessandria e Antiochia.
== Elementi biografici ==
L'irresistibile tensione di Ignazio verso l'unione con Cristo fonda una vera e propria ''mistica dell’unità''. Egli stesso si definisce ''un uomo al quale è affidato il compito dell'unità'' (Filadelfiesi 8,1). Per Ignazio l'unità è anzitutto una prerogativa di Dio che, esistendo in tre Persone, è Uno in assoluta unità. Egli ripete spesso che Dio è unità, e che solo in Dio essa si trova allo stato puro e originario. ▼
[[Eusebio di Cesarea]], storico della [[Chiesa]] vissuto nel [[IV secolo]], dedica un intero capitolo della sua ''[[Storia Ecclesiastica]]'' alla vita e all'opera letteraria di Ignazio:
{{quote|Dalla Siria Ignazio fu mandato a Roma per essere gettato in pasto alle belve, a causa della [[testimonianza]] da lui resa a [[Cristo]]. Compiendo il suo viaggio attraverso l'Asia, sotto la custodia severa delle guardie<ref>Ignazio ne parla come di ''dieci leopardi'', nella sua ''Lettera ai Romani'', 5,1.</ref>, nelle singole città dove sostava, con [[predica|prediche]] e ammonizioni, andava rinsaldando le [[Chiesa|Chiese]]; soprattutto [[esortazione|esortava]], col calore più vivo, di guardarsi dalle [[eresia|eresie]], che allora cominciavano a pullulare, e raccomandava di non staccarsi dalla [[tradizione apostolica]].|3,36,3-4}}
La prima tappa del viaggio di Ignazio verso il martirio fu la città di [[Smirne]], dove era Vescovo [[san Policarpo]], [[discepolo]] di [[san Giovanni Evangelista]]. Qui Ignazio scrisse quattro lettere, rispettivamente alle Chiese di [[Efeso]], di [[Magnesia]], di [[Tralli]] e di Roma.
Dice ancora Eusebio che, "partito da Smirne, Ignazio venne a [[Troade]], e di là spedì nuove lettere". Due di tali lettere sono alle Chiese di [[Filadelfia]] e di Smirne, e una al Vescovo Policarpo. Eusebio completa così l'elenco delle lettere che sono giunte a noi.
Finalmente da Troade il martire giunse a Roma, dove, nell'Anfiteatro Flavio, venne dato in pasto alle bestie feroci.
La lettera di Ignazio ai cristiani di Tralli contiene un'esortazione valida ancora ai nostri giorni: ''Amatevi l'un l'altro con cuore non diviso. Il mio spirito si offre in sacrificio per voi, non solo ora, ma anche quando avrà raggiunto Dio ... In Cristo possiate essere trovati senza macchia'' (13).▼
== Stile e contenuto delle lettere ==
Ignazio è tra le principali personalità della Chiesa nascente.
I testi delle lettere di Ignazio lasciano trasparire tutta la freschezza della [[fede]] della generazione che ancora aveva conosciuto gli [[Apostoli]].
Nessun [[Padre della Chiesa]] ha espresso con l'intensità di Ignazio l'anelito all'unione con [[Cristo]] e alla vita in Lui.
Confluiscono in Ignazio due ''correnti'' spirituali: quella di [[San Paolo Apostolo|Paolo]], tutta tesa all'unione con Cristo, e quella di Giovanni, concentrata sulla vita in Lui. A loro volta, queste due correnti sfociano nell'imitazione di Cristo, più volte proclamato da Ignazio come "''il mio''" o "''il nostro Dio''".
Ignazio supplica i cristiani di Roma di non impedire il suo martirio, perché è impaziente di "''congiungersi con [[Gesù]] Cristo''". E spiega:
{{quote|È bello per me [[morte|morire]] andando verso (''eis'' in [[lingua greca|greco]]) Gesù Cristo, piuttosto che regnare sino ai confini della terra. Cerco Lui, che è [[morte di Gesù|morto]] per me, voglio Lui, che è [[risurrezione di Gesù|risorto]] per noi. (..) Lasciate che io sia imitatore della [[passione di Gesù|Passione]] del mio [[Dio]]!|''Lettera di Ignazio ai Romani'', 5-6}}
Si può cogliere in queste espressioni brucianti d'[[amore]] lo spiccato ''realismo'' [[cristologia|cristologico]] tipico della Chiesa di Antiochia, più che mai attento all'[[incarnazione]] del [[Figlio di Dio]] e alla sua vera e concreta umanità: Gesù Cristo, scrive Ignazio agli Smirnesi, "''è realmente dalla [[figlio di Davide|stirpe di Davide]]''", "''realmente è nato da una [[Verginità di Maria|vergine]]''", "''realmente fu inchiodato per noi''" (1,1).
▲L'irresistibile tensione di Ignazio verso l'unione con Cristo fonda una vera e propria ''[[mistica]]
Per Ignazio l'unità da realizzare su questa terra da parte dei cristiani si configura come l'imitazione, il più possibile conforme, del suo archetipo divino. In questo modo egli giunge a elaborare una visione della Chiesa che richiama da vicino alcune espressioni della [[Lettera ai Corinti (Clemente)|Lettera ai Corinti]] di [[Papa Clemente|Clemente Romano]]:
{{quote|È bene per voi procedere insieme d'accordo col pensiero del [[Vescovo]], cosa che già fate. Infatti il vostro collegio dei [[presbitero|presbiteri]], giustamente famoso, degno di Dio, è così armonicamente unito al Vescovo come le corde alla cetra. Per questo nella vostra concordia e nel vostro amore sinfonico Gesù Cristo è [[canto|cantato]]. E così voi, ad uno ad uno, diventate coro, affinché nella sinfonia della concordia, dopo aver preso il tono di Dio nell'unità, cantiate a una sola voce.|''Lettera ai cristiani di Efeso'', 4,1-2}}
Dopo aver raccomandato agli Smirnesi di non "''intraprendere nulla di ciò che riguarda la Chiesa senza il Vescovo" (8,1), confida a Policarpo:
{{quote|Io [[offerta|offro]] la mia [[vita]] per quelli che sono sottomessi al Vescovo, ai presbiteri e ai [[diacono|diaconi]]. Possa io con loro avere parte con Dio. Lavorate insieme gli uni per gli altri, lottate insieme, correte insieme, soffrite insieme, dormite e vegliate insieme come amministratori di Dio, suoi assessori e servi. Cercate di piacere a Colui per il quale militate e dal quale ricevete la mercede. Nessuno di voi sia trovato disertore. Il vostro [[Battesimo]] rimanga come uno scudo, la [[fede]] come un elmo, la [[carità]] come una lancia, la [[pazienza]] come un'armatura.|6,1-2}}
Le Lettere di Ignazio si muovono all'interno di una dialettica costante e feconda tra due aspetti caratteristici della vita cristiana:
* da una parte la struttura [[gerarchia della Chiesa|gerarchica]] della [[comunità]] ecclesiale;
* dall'altra l'unità fondamentale che lega fra loro tutti i [[fedele|fedeli]] in [[Cristo]].
Di conseguenza, i ruoli ecclesiali non si possono contrapporre. Al contrario, l'insistenza sulla [[comunione]] dei credenti tra loro e con i propri pastori è continuamente riformulata attraverso eloquenti immagini e analogie: la cetra, le corde, l'intonazione, il concerto, la sinfonia. È evidente la responsabilità peculiare dei Vescovi, dei presbiteri e dei diaconi nell'edificazione della comunità. Vale anzitutto per loro l'invito all'amore e all'unità. "''Siate una cosa sola''", scrive Ignazio ai Magnesi, riprendendo la [[preghiera sacerdotale|preghiera]] di [[Gesù]] nell'[[Ultima Cena]]:
{{quote|Un'unica supplica, un'unica mente, un'unica [[speranza]] nell'[[amore]]. (..) Accorrete tutti a Gesù Cristo come all'unico [[tempio]] di Dio, come all'unico [[altare]]: Egli è uno, e procedendo dall'unico [[Dio Padre|Padre]], è rimasto a Lui unito, e a Lui è ritornato nell'unità.|7,1-2}}
Ignazio, per primo nella letteratura cristiana, attribuisce alla Chiesa l'aggettivo ''[[cattolico|cattolica]]'', cioè ''universale'': "''Dove è Gesù Cristo, lì è la [[Chiesa Cattolica]]''" (agli Smirnesi, 8,2). Nel servizio di unità alla Chiesa Cattolica, la comunità cristiana di Roma esercita una sorta di primato nell'amore:
{{quote|In Roma essa presiede degna di Dio, venerabile, degna di essere chiamata beata. (..) Presiede alla carità, che ha la legge di Cristo e porta il nome del Padre.|''Ai Romani'', prologo).
Ignazio è il ''dottore dell'unità'':
* unità di Dio e unità di Cristo, a dispetto delle varie [[eresia|eresie]] che iniziavano a circolare e che dividevano l'uomo e Dio in Cristo;
* unità della [[Chiesa]], unità dei fedeli "''nella fede e nella carità, delle quali non vi è nulla di più eccellente''" (''agli Smirnesi'', 6,1).
Il ''realismo'' di Ignazio invita i fedeli a una sintesi progressiva tra:
* configurazione a Cristo: unione con Lui, vita in Lui;
* e dedizione alla sua Chiesa: unità con il Vescovo, servizio generoso alla comunità e al mondo.
La lettera di Ignazio ai cristiani di Tralli contiene un'esortazione valida ancora ai nostri giorni:
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== Note ==▼
▲==Note==
<references/>
== Voci correlate ==
* [[Padri Apostolici]]
* [[Antiochia di Siria]]
* [[Martirio]]
* [[Chiesa di Roma]]
== Collegamenti esterni ==
* [http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/audiences/2007/documents/hf_ben-xvi_aud_20070314_it.html Catechesi] di [[papa Benedetto XVI|Benedetto XVI]] su Sant'Ignazio d'Antiochia, [[14 marzo]] [[2007]]
{{Padri e Dottori della Chiesa}}
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