Ponzio Pilato: differenze tra le versioni

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Nel 36 fu destituito dal governatore di Siria Vitellio (alla cui autorità era sottoposto) ed inviato all'imperatore Tiberio per rispondere dell'accusa di abusi nei confronti dei samaritani, alleati di Roma<ref>Flavio Giuseppe, ''Guerra giudaica'', ii.175-179.</ref> e l'imperatore [[Caligola]] lo mandò in [[Gallia]]. La sua carica di prefetto è attestata da un frammento di iscrizione latina, nota come [[iscrizione di Pilato]] e datata durante il regno dell'imperatore Tiberio, rinvenuta a [[Cesarea Marittima]].
 
Pilato tentò di introdurre anche in [[Palestina]] il culto verso l'imperatore che veniva imposto nel resto dell'impero e diede anche l'ordine di uccidere quei giudei che non avessero accettato tale immagini.<ref>Giuseppe Flavio, ''Guerra giudaica'', ii.169-171.</ref>Quando egli spostò l'esercito da Cesarea ai quartieri invernali di [[Gerusalemme]], contrariamente ai suoi predecessori, che utilizzavano stendardi senza ornamenti nel rispetto della legge ebraica, fece introdurre vessilli recanti le immagini dei busti dell'imperatore. Questo oltraggio nei confronti della città santa provocò la reazione dei Giudei che si recarono a Cesarea per protestare. Vista la loro insistenza e la loro volontà di farsi uccidere piuttosto che di esisteredesistere, Pilato ordinò di riportare le insegne a Cesarea<ref>Giuseppe Flavio Antichità giudaiche 18, 55-59; guerra giudaica 2, 169-174</ref>.
 
Un fatto analogo è riportato anche da [[Filone di Alessandria]] il quale narra che Pilato fece appendere al palazzo di Erode in Gerusalemme degli scudi dorati recanti il nome dell'imperatore. Subito una delegazione, della quale facevano parte anche quattro figli di [[Erode il Grande]], ne chiese la rimozione, ma rimase inascoltata. I Giudei si appellarono allora direttamente all'imperatore Tiberio, il quale ordinò il trasferimento degli scudi a Cesarea.<ref>Filone di Alessandria De legatione ad Gaium XXXVIII, 299-303</ref>

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