Angelo Pasa

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Servo di Dio Angelo Pasa, F.d.C.C.
Presbitero
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Padre Angelo Pasa
Titolo
Incarichi attuali
Età alla morte 76 anni
Nascita Fonzaso
2 agosto 1881
Morte Feltre
7 luglio 1958
Sepoltura
Conversione
Appartenenza
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Ordinazione presbiterale
Ordinazione presbiterale Duomo di Padova, 17 giugno 1905 dal Cardinale Giuseppe Callegari
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Collegamenti esterni
Invito all'ascolto
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Il Servo di Dio Angelo Pasa (Fonzaso, 2 agosto 1881; † Feltre, 7 luglio 1958) è stato un sacerdote e religioso italiano preposito generale dei Figli della Carità.

L’infanzia e gli studi

Nacque a Fonzaso, cittadina del bellunese poco lontana da Feltre, da Giuseppe e da Maria Luigia Corso. Fu battezzato il giorno dopo con i nomi di Francesco Angelo. A sette anni Francesco Angelo ricevette la cresima e, secondo un'usanza paesana, assunse i nomi di Giovanni Maria, coi quali si firmò sempre fino alla vestizione religiosa. Alla prima comunione fu ammesso solo nel 1893.

La famiglia era poverissima. Il padre Giuseppe nel 1896 pensò di tentare la fortuna imbarcandosi per l'Argentina. Fece perdere presto le sue tracce e per diciassette anni non diede alcuna notizia di sé, tanto che in paese lo pensavano morto. La mamma, con la sua fede e il suo eroismo, portò avanti la famiglia, sostenuta, anche economicamente, dal fratello Don Pietro Corso, sacerdote di pietà e di cultura, professore di matematica e fisica al Seminario di Padova e per alcuni anni rettore del Collegio-Convitto vescovile di Thiene.

A sei anni il piccolo Francesco Angelo entrò nelle scuole elementari del paese. Terminate le elementari, lo zio Don Pietro lo portò con sé a Thiene nel Convitto-Collegio, assumendo la retta a proprio conto. Là Giovanni Maria trascorse i cinque anni del Ginnasio e li concluse brillantemente con la promozione conseguita nella sessione estiva di esami 1898 presso il Ginnasio-Liceo Antonio Pigafetta di Vicenza.

Seminarista

Lo zio, notando il desiderio del nipote di farsi prete, lo presentò al rettore del Seminario di Padova il 26 ottobre 1898, assumendone non solo l'onere della retta, ma anche la responsabilità di tutore, data l'assenza del padre. Il Seminario di Padova viveva allora uno dei suoi momenti più floridi. Tra chierici e seminaristi contava oltre trecento alunni. I maestri erano insigni per la dottrina, ma soprattutto per la pietà e le virtù sacerdotali. Terminato il Liceo, entrò nel primo anno di teologia, che concluse con la media del 10 in tutte le materie. All'inizio del secondo anno, però, dovette lasciare il Seminario. Lo zio aveva aperto un Collegio-Convitto a Fonzaso e chiese al vescovo di avvalersi per l'insegnamento anche del nipote, che rimase in paese due anni consecutivi, impartendo lezioni di italiano, latino e greco. Non trascurava, però, la più seria preparazione al sacerdozio, sotto la guida dello zio. Così esprimeva i suoi sentimenti in una lettera alla sorella Giovanna, divenuta religiosa canossiana:

« Credimi, sorella; quando penso che da qui a tre anni sarò ministro del Signore, salirò l'altare per celebrarvi il divino Sacrificio, mi confondo e parmi un sogno che non si debba mai realizzare ... Però qual corredo di virtù, quale santità, quale spirito di sacrificio, di distacco da questa terra e quale unione con Dio domanda questo stato! ... Chiedi al Signore che mi apparecchi a quel grande passo, formandosi di me un uomo secondo il Suo Cuore. »
(Modesto Giacon, Padre Angelo Pasa canossiano, Verona 2003)

All'inizio del quarto anno teologico tornò in Seminario per la preparazione immediata al sacerdozio. Ma alla fine del primo trimestre fu inviato urgentemente al Collegio di Thiene per sostituire nell'insegnamento il professor Giobatta Girardi, poi vescovo di Pavia, ammalatosi gravemente. Vi rimase fino alla conclusione dell’anno scolastico.

Sacerdote

Sebbene sia rimasto tre anni fuori del Seminario, mai gli furono procrastinate le tappe delle Sacre ordinazioni. Fu ordinato Sacerdote il 17 giugno 1905 all'altare del beato Gregorio Barbarigo, nella cattedrale di Padova, per le mani del Cardinale Giuseppe Callegari, vescovo diocesano.

In alcuni appunti risalenti ai primi giorni di sacerdozio così scrisse don Giovanni Maria:

« Impiegherò un'ora intera per la preparazione, celebrazione e ringraziamento della S. Messa. Ogni giorno: Breviario, Meditazione, Visita al SS.mo, Lettura spirituale, Rosario, Esami di coscienza (..) Io Don Giovanni Maria Pasa ho fatto voto al Signore di fare ogni giorno almeno mezzora di meditazione, non tenendomi per iscusato da questa obbligazione se non per assoluta necessità, alla stessa maniera del Divino Ufficio, e ciò intanto per sei anni... Ogni settimana: Confessione (mercoledì) Ora di adorazione (giovedì) Via Crucis (venerdì). Ogni mese: Ritiro spirituale (ultimo giovedì del mese) con apparecchio alla buona morte. Ogni anno: Esercizi spirituali. »
(Modesto Giacon, Padre Angelo Pasa canossiano, Verona 2003, 12-14)

Professore

I suoi superiori nell'ottobre del 1905 lo designarono insegnante di italiano, latino e matematica al Collegio vescovile di Thiene. Gli affidarono pure il compito di padre spirituale degli alunni interni. Il giovane professore sentiva l'esigenza che ai ragazzi si desse, per quanto possibile, una formazione completa a livello religioso, culturale, civile e anche fisico adatta a farli entrare serenamente nel mondo degli adulti. Nell'ottobre 1907 il nuovo vescovo, Mons. Luigi Pellizzo, lo volle insegnante di Religione e di Matematica nelle cinque classi ginnasiali del Seminario di Padova, con l'obbligo di frequentare anche la regia Università. Il tempo che gli rimaneva libero Don Giovanni Maria lo dedicò ad un discreto apostolato esterno nelle parrocchie della città e della periferia, mantenendo, però, sostanzialmente il tenore di vita spirituale che s'era imposto all'inizio del suo sacerdozio.

Rettore del Seminario di Fabriano

Rettore del Seminario di Fabriano

Nel 1910 Mons. Pietro Zanolini, professore di morale e collega del Pasa in Seminario, fu eletto vescovo delle due diocesi riunite di Fabriano e di Matelica. Fin dall'inizio del suo ministero pastorale rimase dolorosamente impressionato dell'infiltrazione modernistica tra il suo clero. Di temperamento paziente e negato ad atti energici, fu costretto, con estrema sofferenza, a compierne uno molto grave: la chiusura del Seminario che raccoglieva gli alunni delle due Diocesi, spedendo a casa seminaristi e professori.

Per riaprirlo pensò al Pasa, al giovane professore che tanto favorevolmente lo aveva colpito a Padova per la linearità di vita, la fermezza di principi, la chiarezza di idee e la bella intelligenza. D'accordo con il vescovo Mons. Pellizzo, insistette presso il segretario della Sacra Congregazione Concistoriale, il cardinale Gaetano De Lai, veneto, che conosceva bene Don Giovanni Maria, con il quale si incontrava quotidianamente a Fonzaso, quando ambedue si recavano colà per le ferie estive, perché lo persuadesse a seguirlo a Fabriano. Il Pasa, convinto di non essere all'altezza del compito che gli si voleva affidare, continuò per due anni a ripetere il suo no. Ma per l'insistenza del cardinale e del vescovo dovette accettare e la mattina del 30 novembre 1912 giunse a Fabriano. Riuscì in poco tempo a riunire un corpo insegnante coi migliori sacerdoti delle due diocesi, che in unità di intenti con lui, operò fruttuosamente nella formazione culturale e vocazionale dei seminaristi. Ben presto la sua residenza diventò anche un punto d’incontro del più dotto laicato cattolico cittadino. Non fa meraviglia, quindi, che, appena un anno dopo il suo arrivo, il vescovo Zanolini, trasferito a Lodi e nominato contemporaneamente Amministratore Apostolico delle due Diocesi che lasciava, designasse il Pasa, a soli trentadue anni, suo Delegato. E nei dieci mesi in cui esercitò anche questo servizio dimostrò intelligenza pratica, capacità organizzativa, dedizione al dovere, disinteressata tenacia al sacrificio.

Amministratore della Curia di Padova

Il 15 febbraio 1921 il Vescovo di Padova lo richiamava in Diocesi con l’incarico di Amministratore della Curia. Solo in agosto assunse il nuovo ufficio, cui si aggiunse anche l'amministrazione della Cassa Diocesana e della Mensa vescovile. Nel marzo 1923 il vescovo Mons. Pellizzo fu preposto alla Fabbrica di San Pietro in Vaticano e poco dopo lasciò Padova. La sua partenza e la successiva vacanza della sede diocesana sollecitarono Don Giovanni Maria a riflettere se non fosse la Provvidenza ad offrirgli, attraverso gli avvenimenti, l'opportunità di volgersi seriamente all'antico e sempre nuovo disegno di vita di farsi canossiano.

Canossiano

Il desiderio di diventare canossiano era nato a Fonzaso accanto allo zio Don Pietro, che nella sua abitazione nel 1876 aveva fondato una casa delle Canossiane per l 'educazione cristiana della gioventù femminile e che aveva escogitato varie iniziative per avviare un'analoga opera dei Canossiani per la gioventù maschile. I suoi tentativi andarono a vuoto. Il nipote, però, coltivò e maturò questa vocazione, favorita anche dall'ingresso nell'Istituto canossiano di ben tre sorelle. Come si espresse più volte, anche prima di andare a Fabriano egli pensava di entrare fra i Canossiani a San Giobbe-Venezia, l'unica loro casa per un secolo. Prima di decidere si consultò ancora una volta con il suo confessore, il cappuccino Padre Leopoldo Mandić, che lo confortò nella sua scelta.

La domenica 14 ottobre 1923, rotti gli indugi, si recò a Venezia dai Canossiani e si incontrò con il servo di Dio Fra Giovanni Zuccolo, superiore. Un mese dopo Fra Giovanni scriveva a Don Giovanni Maria:

« Io le proporrei che venisse presto tra noi ... Quanto bene potrà fare a tanti ragazzi e giovani, che il Signore ci ha affidato! Venga e troverà in noi fratelli e figliuoli affezionatissimi. Saremo tanti corpi in uno spirito solo, desiderosi solo della nostra santificazione e di portare tanti cuori innocenti a Gesù. Io credo che il Signore l'abbia destinata, Rev. Don Giovanni, ad essere Maestro dei Canossiani,e che per mezzo suo la nostra istituzione abbia ad arrivare a quello sviluppo che tutti desiderano ... »
(Modesto Giacon, Fra Giovanni Zuccolo canossiano, Verona 2007, 97)

Dopo questa profetica stimolazione seguirono altre lettere ed incontri di chiarificazione, proposte, sollecitazioni, richieste all'autorità, ritardi burocratici.

Nel 1924 Don Giovanni Maria confidava per la prima volta al nuovo Vescovo di Padova Mons. Elia Dalla Costa la sua aspirazione alla vita religiosa. Il presule non pose seri ostacoli; solo chiese di aspettare che trovasse un sostituto per l’Amministrazione. Passò un anno e, finalmente, il 28 ottobre 1925 il vescovo gli diede la licenza scritta di poter lasciare la Diocesi ed entrare tra i Figli della Carità.

Nel pomeriggio del 31 ottobre 1925 Don Giovanni Maria Pasa entrò a San Giobbe. Aveva 44 anni. Si adeguò subito agli altri fratelli laici che componevano la comunità. Tolto il servizio di cucina, che non gli fu permesso, e l'assolvimento dei suoi obblighi sacerdotali, il probando Pasa ogni mattina, scopa in mano, aveva i suoi locali da pulire. Al pomeriggio assisteva i ragazzi in cortile e teneva lezioni di catechismo. A sera, fino a notte inoltrata, apriva la sala-giochi ai giovani, riuniva i confratelli dell’Addolorata, partecipava alle prove dei teatranti. Le relazioni di autorità e di sudditanza tra il semplice fratello superiore fra Giovanni e il qualificato sacerdote scorrevano in un affiatamento responsabile, che edificava la comunità e gli allievi dell’Oratorio.

Don Giovanni Maria fece la vestizione fra i Canossiani la domenica 6 dicembre 1925 e, come era consuetudine, assunse il nome di Angelo. Dopo l'anno di noviziato, il 19 dicembre 1926 emise la professione religiosa.

Restauratore dell’Istituto

Padre Angelo (il primo a sinistra in basso) nel 1935 con un gruppo di novizi

Padre Angelo su invito di Fra Giovanni compilò il primo Regolamento interno dell’Oratorio. Fu un lavoro non facile, che gli richiese lungo esercizio di pazienza per la comprensione di usi, metodi e persone. Estremamente utile fu il suo impegno di ricerca e di documentazione della storia dell'Istituto. Fra Giovanni era una miniera inesauribile di riferimenti: aveva appreso dalla viva voce di chi era vissuto coi "fondatori" tante notizie e particolari. Ma rimaneva un vuoto di documenti che urgeva coprire. Padre Angelo sentì forte questa esigenza e nel tempo che riusciva a ritagliare dall’orario che lo legava all'Oratorio cominciò a frequentare gli archivi delle Canossiane e della Curia Patriarcale e della parrocchia di San Geremia a Venezia. Ebbe una grossa fortuna perché, soprattutto nell'archivio delle Canossiane di S. Alvise a Venezia trovò importantissimi documenti, come il "Piano di fondazione dei Figli della Carità", scritto di pugno dalla Fondatrice e alcune sue lettere dirette a Don Francesco Luzzo, il sacerdote veneziano, che dietro suo invito, aprì l'Oratorio di Santa Lucia il 23 maggio 1831. Scoprì pure importanti scritti dei due primi religiosi canossiani, Carsana e Belloni, delle Madri Cristina Pilotti e Angela Bragato, succedute nel governo dell'Istituto femminile alla Canossa, del Patriarca Monico, dei Monsignori Antonio Traversi e Wiel, responsabili ecclesiastici degli Istituti canossiani.

Il 31 ottobre 1927 i Canossiani aprirono la prima casa filiale a Conselve, grosso centro agricolo nella provincia e diocesi di Padova e Padre Angelo ne fu nominato direttore. L'anno successivo diede avvio, sempre a Conselve, al Collegino Aspiranti Canossiani. Era una specie di idea fissa che lo perseguitava: per lo sviluppo dell'Istituto era necessario preparare giovanetti aspiranti al sacerdozio. Improvvisa, però, si profilò una grossa difficoltà. All’insaputa dei diretti interessati, era stata presentata alla Sacra Congregazione dei Religiosi a Roma un quesito circa la natura laicale o clericale dell'Istituto. In quell'occasione si toccò con mano quanto era stata provvidenziale la ricerca d'archivio di Padre Angelo. Recatosi a Roma con Fra Giovanni e una carpetta di documenti non gli fu difficile provare nella Congregazione dei Religiosi la conferma della natura clericale dell'Istituto. Spianato questo ostacolo, Padre Angelo prese animo ed iniziò ad accogliere numerosi aspiranti

Direttore del Collegino a Feltre

A Conselve ben presto l'edificio si mostrò insufficiente ad accogliere gli aspiranti e si prospettò anche la difficoltà della scuola. Nei primi due anni Padre Angelo, con l 'aiuto di qualche confratello, era riuscito a far superare agli aspiranti le prime due classi ginnasiali. Ora le classi erano tre e diventava impossibile che uno solo potesse insegnare tutte le materie. Ancora una volta la Provvidenza venne incontro. L'arciprete del Duomo di Feltre, sapendo che i Canossiani avevano per missione speciale l'educazione dei ragazzi soprattutto mediante l'opera dell'Oratorio quotidiano, pensò di offrire loro la direzione del Patronato cittadino. Il 31 ottobre Padre Angelo accompagnò i primi religiosi a Feltre e attese gli aspiranti che giunsero il 5 novembre: il vescovo Giosuè Cattarossi aveva offerto loro la scuola gratuita nel Seminario diocesano. E per ben dodici anni Padre Angelo rimase a Feltre a guida del Collegino. Di questa sua creatura fu direttore, amministratore, provveditore. Per gli aspiranti si fece insegnante, ripetitore, scrittore, questuante, medico, infermiere e, all'occasione, assistente e prefetto. E intanto continuava a dare la sua non insignificante collaborazione a Fra Giovanni nella guida e nel governo dell'Istituto in pieno sviluppo.

Visita Apostolica e approvazione dell’Istituto

Durante la Visita Apostolica del cappuccino p. Lazzaro d'Arbonne (1938)

Nei primi anni ’30, mentre cresceva il numero degli aspiranti nel Collegino, aumentava anche nell'istituto quello dei fratelli laici. Padre Angelo avvertì la necessità di una conformazione più ordinata della Congregazione nei confronti delle leggi canoniche. Suggerì a fra Giovanni di chiedere a Roma un visitatore apostolico. La Provvidenza ancora li favorì perché la Sacra Congregazione designò come visitatore il Vicario generale dei Cappuccini, Padre Lazzaro d'Arbonne, che svolgeva lo stesso compito da qualche tempo presso le Canossiane. Conosceva quindi lo spirito e l'opera di Maddalena di Canossa. Fu una scelta felicissima. La visita apostolica si chiuse l'8 maggio 1938. Il Card. Adeodato Piazza, Patriarca di Venezia, in una solenne celebrazione nella chiesa dell'Oratorio di san Giobbe, firmò il decreto di approvazione della Congregazione come Istituto religioso clericale di diritto diocesano, accettò la professione perpetua dei dieci Canossiani più anziani e consegnò le Costituzioni approvate. Padre Angelo attribuì con viva riconoscenza il felice percorso dell'Istituto nell'ultima decina di anni al Sacro Cuore, al quale i Canossiani si erano consacrati il 25 aprile 1926. Così scrisse p. Angelo:

« Quella è stata la sorgente della nostra vita novella. Al Cuore di Gesù noi dobbiamo tutto, e dal Cuore di Gesù noi attendiamo ogni bene anche per l'avvenire. »
( Modesto Giacon, Padre Angelo Pasa canossiano, Verona 2003, 38)

L’ora della prova

Per Padre Angelo si avvicendarono negli anni tristi della guerra situazioni ed episodi quanto mai dolorosi, anche all'interno della Congregazione, dovuti, in gran parte, alla distorta interpretazione della realtà da parte del Visitatore patriarcale nominato dal Patriarca, il Padre Aurelio Andreatta, Preposito Generale della Congregazione delle Scuole di Carità dei Padri Cavanis di Venezia. Si acuirono tensioni e incomprensioni, che portarono all'allontanamento di Padre Angelo dal suo Collegino e alla sua nomina a direttore dell'Istituto "Maris Stella" nell'isola di Pellestrina.

A Pellestrina fu maestro e padre degli orfani dei pescatori. Nei quattro anni che rimase al "Maris Stella" si dedicò interamente a loro. Erano tempi difficili, di guerra. Gli orfanelli avevano paura. Gli aerei sorvolavano spesso l'isola. Davanti all'Istituto fu bombardato e affondato un vaporetto carico di passeggeri. Era difficile procurare anche il cibo. E Padre Angelo sulla barca coi ragazzi si recava a Chioggia e a Sottomarina in cerca di vettovaglie. Organizzò nell'isola, grazie al suo tatto squisito, dei comitati di quartiere, che garantirono la sussistenza dell'Opera in quei critici momenti. Riuscì a creare nelle famiglie di Pellestrina una forte corrente di simpatia verso gli orfanelli tanto che nelle solennità andavano a gara per averli a pranzo.

Preposito generale

Padre Angelo con fra Giovanni Zuccolo

Gli anni di isolamento a Pellestrina furono per Padre Angelo molto duri, di acuta sofferenza. Dal 23 al 25 settembre 1946 si tenne a Venezia il Primo Capitolo Generale della Congregazione e Padre Angelo fu eletto all'unanimità Preposito Generale. Seguirono anni di intensa attività in istituto; ci fu un succedersi rapido di fondazioni. I religiosi furono stimolati ad un lavoro sempre più generoso. Il volto della Congregazione apparve giovane e dinamico. Le case di formazione furono meglio ordinate e sistemate. Aumentarono le vocazioni di chierici e di fratelli. Furono ordinati parecchi novelli sacerdoti. Fu avviato un tentativo missionario in India. Sull'onda di queste favorevoli realtà Padre Angelo non esitò a rivolgere alla Congregazione dei Religiosi la domanda perché l'Istituto venisse dichiarato di diritto pontificio. La richiesta fu appoggiata dal Cardinale Piazza e dai Vescovi nelle cui diocesi esistevano comunità di Canossiani. A sorpresa, la risposta positiva arrivò prestissimo, seguita il 29 dicembre 1949 dal "Decretum laudis". Padre Angelo vide in questi eventi i segni della benevolenza divina sulla sua lunga, generosa, sofferta fatica. Padre Angelo non solo aveva salvato la Congregazione nel momento dell'agonia, ma le aveva anche infuso nuova linfa e vitalità per guardare fiduciosa al futuro.

Gli ultimi anni

Con l'approvazione pontificia dell'istituto Padre Angelo mostrava di ritenere conclusa la sua opera. Negli ultimi mesi del suo governo appariva stanco e palesava gli acciacchi dell'età. Sebbene fosse disposto a lavorare ancora, ritenne quasi una liberazione la sua sostituzione al vertice della Congregazione nel Secondo Capitolo generale tenutosi ai primi di ottobre 1952. Eletto vicario generale, fu pure nominato superiore e direttore del Collegino, da alcuni anni trasferito da Feltre a Fonzaso. Tornò volentieri tra gli aspiranti e, come sempre, fu fedele al suo dovere, anche di insegnante. Dopo tre anni chiese di essere sollevato dalla direzione, dato anche il continuo affievolirsi delle forze. I ricoveri all'ospedale di Feltre si susseguivano. Il 24 aprile 1958 fu ricoverato l'ultima volta. Giunto ormai agli estremi, il pomeriggio del 6 luglio fu trasportato in Collegino. L'agonia fu lunga. Spirò il 7 luglio. Attorno al suo letto con i superiori maggiori c'erano anche quelli di tutte le comunità, quasi ad esprimergli la riconoscenza dell'intera Congregazione. C'era anche Fra Giovanni, il vecchio Canossiano che aveva resistito impavido nell'ora più buia dell'Opera e che aveva accolto a San Giobbe Don Giovanni Maria 33 anni prima, profetizzando che sarebbe stato il maestro e l'artefice dello sviluppo dell'Istituto. La salma fu benedetta dal vescovo di Padova e visitata per due giorni e mezzo da moltissime persone, che si susseguirono ininterrottamente in preghiera. Fu poi tumulata nella cappella del Seminario canossiano a Fonzaso insieme allo zio Don Pietro Corso, al fratello Fra Benedetto e al grande benefattore Cav. Pasquale Sebben. Li ricopre una lastra di marmo sulla quale lo stesso Padre Angelo aveva fatto porre questa epigrafe: Hic merito coniuncta / eorum corpora quiescunt / quorum pia corda / ad pueros instituendos / hic diu conspirarunt (Qui riposano i corpi di coloro che lavorarono molto e in armonia per l’educazione dei giovani).

La fase diocesana del processo canonico per la canonizzazione di Padre Angelo iniziò il 30 giugno 2002 nel Duomo di Conselve: presiedeva il Vescovo di Padova, Mons. Antonio Mattiazzo. Lo stesso Vescovo chiudeva tale fase, sempre nel Duomo di Conselve, il 17 giugno 2006. La Causa passò quindi alla Congregazione per le Cause dei Santi a Roma.

Alla chiusura del processo così si espresse il Preposito Generale p. Antonio Papa:

« Padre Angelo ripete a noi oggi l'urgenza della santità, con l'insegnamento e con l'esempio della sua vita tutta incentrata sull'amor di Dio e del prossimo; senza questa santità anche l'apostolato più generoso è solo bronzo che tintinna.

P. Angelo ottenga dal Cielo, per tutti, questa santità feriale, che allarga il cuore e lo rende capace di amare al modo di Dio, capace di ascoltare le voci soprattutto dei giovani di oggi, le voci dei piccoli e la loro sete di verità e di amore. Ci ottenga un cuore capace di sorpresa e di gratitudine, di libertà e di distacco anche da se stessi e dai propri ideali, libero di servire Dio solo e la sua Gloria. »

(P. Antonio Papa, Discorso alla chiusura della fase diocesana del processa di canonizzazione di P. Angelo Pasa, Conselve 17 giugno 2006)
Bibliografia
  • Modesto Giacon, I Figli della Carità - Canossiani, Verona 1981
  • Modesto Giacon, Padre Angelo Pasa canossiano, Verona 2003
Voci correlate
Collegamenti esterni