Bioetica

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La bioetica è una disciplina nata di recente che si occupa delle questioni morali che sorgono parallelamente al rapido progredire della ricerca biologica e medica. La bioetica, dal punto di vista cattolico, si fonda sui principi solidi dell'etica trasmessici dalla Rivelazione e dalla filosofia cristiana, applicati ovviamente al nuovo contesto.

La sua natura è multidisciplinare, poiché annovera al proprio interno aspetti relativi a varie materie, fra le quali: biologia, medicina, filosofia, diritto, religione.

Le problematiche legate alla bioetica sono assai numerose e l'opinione pubblica è sempre più coinvolta nella vita quotidiana, anche per mezzo dei mass media che spesso creano polemiche gratuite e infondate.

Tematiche tipiche della bioetica riguardano:

La bioetica cattolica sostiene che "ciascun individuo umano ha il diritto alla vita, intendendosi come individuo l'uomo dal concepimento alla morte cerebrale totale".

La bioetica, basandosi su tali concetti che sono fondamentali per il rispetto della dignità della persona umana, dal momento della sua prima comparsa nel grembo materno, fino al suo termine naturale, ha un compito molto importante nell'ambito della nostra società: difendere l'uomo, la sua dignità e integrità, ogni volta che una pseudo-scienza ne vuol fare un oggetto, anziché considerarlo per ciò che realmente è: la creatura prediletta del Creatore fatta a sua immagine e somiglianza.

Cenni storici

Origine del termine

Il termine bioetica fu usato per la prima volta dall'oncologo americano Van Rensselaer Potter, nel suo articolo Bioethics. The science of survival (1970). L'anno successivo quello stesso articolo diventò il primo capitolo di un suo volume, Bioethics. Bridge to the future.

Coniando tale termine Potter riteneva che si dovese formare una nuova disciplina che mettesse insieme sia la conoscenza biologica che i valori umani, secondo quanto egli stesso scrisse:

« Ho scelto la radice bio per rappresentare la conoscenza biologica, la scienza dei sistemi viventi; ed ethics per rappresentare la conoscenza del sistema dei valori umani. »
(Bioethics. Bridge to the future, Englewood Cliffs, N. J. 1971)

Il pericolo intravisto, che poi si rivelò reale, era quello di una spaccatura tra il sapere scientifico e il sapere umanistico, tra i valori etici e i fatti che riguardano la biologia. La bioetica viene vista da Potter come una scienza "particolare" e "necessaria", perché l'istinto di sopravvivenza da solo non era più sufficiente, ed era quindi indispensabile una scienza nuova che assicurasse proprio questa "sopravvivenza". Questa scienza Potter la vede proprio nella bioetica.

Lo scopo di quest'ultima, doveva essere di fare come da "ponte" tra le conoscenze scientifiche e quelle umanistiche, cercando quindi di tutelare la vita umana e non solo. Il raggio d'azione della bioetica sarebbe dovuto essere l'uomo, ma anche ogni suo intervento sulla vita in generale. Quindi il concetto di bioetica doveva abbracciare un campo molto più ampio, comprensivo pure del mondo in cui l'uomo vive, della natura, dell'atmosfera, ecc.

Ecco perché il concetto di bioetica, sarebbe più ampio rispetto a quello dell'etica medica tradizionale.

In effetti la concezione di bioetica, per Potter, parte da una situazione allarmistica in quanto, in quel periodo storico, c'è un incremento del processo scientifico riguardo all'ingegneria genetica. Tutto ciò fa prospettare la possibilità non soltanto di costruire nuove armi biologiche, ma anche di poter alterare le varie forme di vita e non soltanto quella dell'uomo.

Sviluppi

Nel corso degli anni la bioetica diventa una disciplina vera e propria, che entra a pieno titolo nell'ambito della scienza, diversificandosi, però, secondo i valori di chi la sviluppa.

In ambito cattolico, in Italia, nasce il Centro di Bioetica dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, dove alla base della disciplina della viene messa la concezione della persona umana che sgorga dalla Rivelazione di Cristo e che si basa sulla visione filosofica del personalismo.

Posizione cattolica

Secondo la consolidata dottrina cattolica, fondamento della bioetica è l'antropologia, cioè lo studio della persona umana e della sua natura specifica. L'antropologia è il punto di partenza per ogni riflessione ulteriore, oltre a richiamare le domande che da sempre l'uomo si pone sul senso della vita, attraverso l'uso della retta ragione; questo riguarda particolarmente gli estremi della vita terrena (nascita e morte) e e il problema della sofferenza.

Perché la bioetica sia adeguata alla verità, l'identificazione dei suoi valori e regole deve avvenire in base a un criterio solido e universale: la riflessione razionale, rettamente intesa. L'intelligenza, infatti, costituisce una via affidabile per conoscere la realtà, a patto di non farne un uso soggettivistico. Le principali indicazioni sulle linee di comportamento eticamente corrette, sulle norme di riferimento in campo bioetico si possono cogliere esaminando la realtà dell'uomo e il suo contesto. La difesa della vita umana, l'assistenza al malato e al morente, la dignità della persona fin dal concepimento, la tendenza all'unione coniugale e alla procreazione, la responsabilità e il dominio dell'uomo nei confronti del creato sono infatti temi accessibili alla riflessione umana.

A questo proposito, la Chiesa cattolica si mostra da sempre particolarmente attenta e sensibile a tali dati "naturali", tutelandoli e documentandoli attraverso una lunga produzione magisteriale, che ha fornito e fornisce spunti di approfondimento etico, argomenti razionali e perfino il lessico per la disciplina bioetica, all'interno di una dottrina estesa e coerente. Oltre alla parte "teorica", si impegna sul piano "pratico", come dimostra la tradizione terapeutica cristiana, da cui hanno avuto origine istituzioni come gli ospedali, le cliniche e le case di riposo. Sul piano naturale, l'insegnamento cattolico sostiene e illumina la bioetica; a questo livello, la Chiesa cattolica ne aggiunge un altro, quello teologico, che scaturisce dal piano soprannaturale della Rivelazione e che consiste nell'interpretare il senso della sofferenza e della morte alla luce del mistero di Gesù Cristo. Ciò non vanifica, ma integra e chiarisce ulteriormente quanto la luce della ragione già indica.

Il tentativo di contrapporre alla bioetica cattolica una bioetica "laica", nella accezione corrente di laicista, come appare, per esempio, dal Manifesto di bioetica laica, del 1996 è tendenzioso, nonché inutile. Tale pretesa "alternativa" risulta frequentemente parassitaria rispetto alla prospettiva sorta in ambito cattolico: si definisce più in contrasto alla bioetica tradizionale - dice preferibilmente "ciò che non è" - senza dare indicazioni concrete. Inoltre, questo tentativo è sterile perché rischia di sgretolare non solo una particolare visione del mondo, ma l'intera bioetica, togliendole ogni possibilità di fondazione razionale con il relegarla nell'indeterminatezza del relativismo. Sul fronte "laico", infatti, è impossibile trovare un'omogeneità di vedute, a causa del pregiudizio secondo cui credere che l'intelletto umano abbia la capacità naturale di conoscere l'uomo e la realtà in genere, sarebbe "dogmatico".

Teorie di bioetica non cattoliche

Edmund Pellegrino, uno dei padri della bioetica, ritiene che si debba ritrovare la radice umanistica della medicina e che tale operazione passi attraverso la riscoperta della tradizione ippocratica.

Beauchamp e Childress rivendicano i quattro princìpi dell'etica biomedica fondando la teoria dei princìpi:

  • autonomia della medicina;
  • non maleficenza;
  • beneficenza;
  • giustizia.

C'è anche chi, come Robert Veatch, sostiene che debba esserci un rapporto contrattualistico fra medico e paziente e che, quando questo contratto è basato sui cinque punti fondamentali (autonomia, giustizia, mantenere le promesse, dire la verità e non uccidere) è valido.

La teoria utilitaristica, invece, in diretta contrapposizione con il paradigma tradizionale dell'etica medica, toglie la sacralità della vita umana dal centro della discussione e la sostituisce con il paradigma di massimizzazione della qualità della vita.

Nella bioetica femminista si critica il paradigma dominante dell'etica liberale per la sua astrattezza nel concetto di autonomia, che non si fa carico dei condizionamenti sociali e nasconde la discriminazione e l'oppressione delle donne nella cosiddetta "società patriarcale". Questa teoria ritiene che la cura debba essere un principio etico alternativo rispetto alla bioetica impersonale e disincarnata della tradizione liberale. Questa teoria, comunque, trova pochi appigli nei casi reali e appare dipendere più da schemi preconcetti che da una serena analisi dei fatti.

Note


Bibliografia
  • G. Brambilla (a cura di), Riscoprire la bioetica. Capire, formarsi, insegnare, Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ) 2020
Voci correlate
Collegamenti esterni