Libro di Enoch: differenze tra le versioni

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Al pari di molti altri testi apocrifi, la non accoglienza del ''Libro di Enoch'' nel canone ebraico e cristiano ne causò un lento e progressivo abbandono: la copiatura amanuense dei testi sacri era particolarmente costosa (per ogni pagina di pergamena serviva la pelle di una pecora), e veniva ovviamente dedicata ai testi che venivano usati, studiati o pregati. Non si deve pertanto pensare a una caccia o persecuzione ai testi apocrifi. L'ultimo accenno al ''Libro di Enoch'' risale al IX secolo, dopo il quale non ne restavano che citazioni frammentarie contenute nei testi patristici.
 
A inizio '600 lo studioso francese [[Nicolas-Claude Fabri de Peiresc]] disse di essere in possesso di un testo in [[lingua ge'ez]] (l'antica [[lingua etiope]]), corrispondente al perduto ''Libro di Enoch''. Esaminato dall'orientalista [[Hiob Ludolf]], in realtà risultò essere nient'altro che un trattato dal titolo ''Misteri del Cielo e della Terra'' di un certo Abba Bahaila Michael che non aveva niente a che fare col testo apocrifo.<ref>Ludolf, "Commentarius in Hist. Aethip." p. 347. </ref>
 
La vera riscoperta del ''Libro di Enoch'' avvenne a fine XVIII secolo. Nel 1773, al suo ritorno da un viaggio in Abissinia (attuale [[Etiopia]]), il viaggiatore scozzese [[James Bruce]] portò con sé in Europa 3 copie di un libro scritto in [[lingua ge'ez]]. Una copia fu venduta alla [[Biblioteca Bodleiana]] dell'[[Università di Oxford]], un'altra alla Regale Libreria di Francia (attuale [[Bibliothèque Nationale de France]]), mentre la terza copia fu conservata dallo stesso Bruce.
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