Trinità: differenze tra le versioni

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L'uso di {{Traslittera|παῖς|GrecoTr}} al posto di {{Traslittera|υἱός|GrecoTr}} per indicare [[Gesù]] rivela l'antichità del testo, in quanto la letteratura cristiana più antica indicava il [[Signore]] con il primo termine, che racchiude in sé sia il significato di [[servo]] (l'umanità), che quello di Figlio (divinità). L'aggettivo {{Traslittera|ἀγαπητός|GrecoTr}} equivale poi a indicare Cristo come il Figlio [[Unigenito]].
 
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== Gli inizi della riflessione teologica ==
 
==== Origene ====
 
La teologia alessandrina raggiunge il suo massimo splendore con [[Origene]], figura di grandissima importanza in tutta la storia del pensiero cristiano. Nacque ad Alessandria nel 185, da una famiglia cristiana e fin da bimbo fu educato nella fede, nel 202 fu martirizzato suo padre e furono confiscati i beni di famiglia. Giovanissimo è posto a capo della scuola di Alessandria, la sua opera è estremamente ampia e feconda. Muore a Tiro nel 253.; Seguesegue la linea tracciata da Clemente, approfondendone l'insegnamento in molti punti.
 
Come per il suo predecessore, l'esistenza di Dio e l'unicità di Dio<ref>Cfr. Origene, Contro Celso, 1, 23.</ref> sono verità che la ragione può cogliere a partire dalla bellezza del mondo e dalla tendenza naturale dell'anima a Dio<ref>Cfr. Origene, Sui principi, 1, 3, 1.</ref>. Quest'ultimo aspetto mette in evidenza la dimensione morale dell'uomo e l'esistenza di una legge naturale iscritta nel suo cuore<ref>Cfr. Idem, Contro Celso, 1, 4 e 8, 52.</ref>.
 
Come Clemente, Origene fonda il suo pensiero teologico sull'unicità di Dio : "Un solo Dio, creatore e ordinatore di ogni cosa, che ha tratto l'universo dal nulla, Dio di tutti i giusti fin dall'origine del mondo (...) Dio giusto e buono, Padre di Nostro Signore Gesù Cristo, Autore della Legge e dei Profeti, del Vangelo e degli Apostoli, Dio dell'Antico e del Nuovo Testamento."<ref>Cfr. Idem, Sui principi, 1, 4 (PG 11, 117).</ref> L'affermazione chiara dell'unicità di Dio si traduce nell'armonizzazione dei diversi Suoi attributi, anche quelli che sembrano opposti. Con estrema profondità, Origene individua nella bontà l'attributo nel quali si riunificano tutti gli altri: in quanto bontà sostanziale Dio è fonte di ogni altra bontà, in Lui Bontà ed Essere si identificano<ref>Cfr. Idem, Su Giovanni, 2, 7.</ref>. E proprio la bontà di Dio è la ragione della creazione e della redenzione, mentre il male non proviene da Lui, ma ha origine nella libertà umana<ref>Cfr. Idem, Contro Celso, 6, 55.</ref>.
 
Da un punto di vista teologico insiste sulla spiritualità di Dio: l'affermazione dottrinale è accompagnata da un fine lavoro esegetico, vero punto di forza di Origine molto competente da un punto di vista filologico, per mostrare che gli antropomorfismi usati dalla Scrittura rispondono alla necessità di usare un linguaggio che l'uomo possa comprendere e di ricorrere quindi ad immagini corporee, senza però che Dio coincida con le immagini stesse. Si nota qui come fin dall'inizio il lavoro teologico si fonda sull'approfondimento esegetico e sull'analisi filosofica dell'atto di conoscenza umano.
 
Dio è invisibile perché non è dotato di corpo materiale, per cui si distinguono il vedere, che caratterizza gli occhi umani, ed il conoscere, che avviene per via intellettiva. Tuttavia, anche se ci si può elevare alla contemplazione della Bellezza e Bontà originarie a partire dalla creazione, la conoscenza di Dio sarà sempre imperfetta e non si può raggiungere Dio come è in sé: "dopo aver respinto ogni suggerimento che in Dio esista qualche cosa di corporeo, diciamo in tutta verità che Dio è incomprensibile e che è impossibile conoscerlo, ma che sta al di sopra di ogni pensiero. E se possiamo pensare o comprendere qualche cosa di Dio, è necessario credere che sta al di là di tutto ciò che pensiamo di Lui (...)
 
Succede lo stesso con i nostri occhi; non possono guardare la natura stessa della luce, cioè il sole in sé stesso, ma vedendo il suo splendore e i suoi raggi che entrano dalla finestra, possiamo sospettare la grandezza della luce dalla quale ha origine questo splendore. Lo stesso succede con le opere della provvidenza divina."<ref>Idem, Sui principi, 1, 5-6.</ref>
 
Origene discute il mistero della libertà umana in relazione con gli attributi della onniscienza ed onnipotenza divine. Il fatto che Dio conosca gli atti futuri liberi non vuol dire che gli uomini siano obbligati a compiere ciò che egli ha deciso da sempre. Contro Celso, spiega come le profezie non si realizzano perché sono pronunciate, ma che, proprio al contrario, quegli eventi sono profetizzati perché accadranno: "Celso pensa che una cosa profetizzata accade proprio per essere stata profetizzata in virtù di una presenza. Ma noi non accettiamo questo e diciamo che il profeta non è causa dell'evento futuro, per il fatto di aver profetizzato che sarebbe accaduto; è piuttosto l'evento futuro, che sarebbe successo sia che fosse stato profetizzato o meno, la causa del fatto che il profeta, che lo conosce in anticipo, lo predice."<ref>Idem, Contro Celso, 20, 2.</ref>
 
A proposito dell'onnipotenza divina, Origene nega che Dio possa operare il male. Celso intende le affermazioni cristiane nella linea del potere e della forza senza freno: "certamente, secondo la nostra dottrina, Dio può ogni cosa, sempre che ciò che può non contraddica il suo essere divino, la sua bontà e la sua sapienza. Ma Celso, dando prova di non aver inteso in che senso si dice che Dio può ogni cosa, dice: non vorrà nulla di ingiusto, concedendo che Dio può anche ciò che è ingiusto, ma che non lo vuole. Noi, invece, affermiamo che, come ciò che per natura è dolce non può, per la sua stessa dolcezza, produrre nulla di amaro contro la sua sola proprietà, e come ciò che per natura illumina non può, per il fatto di essere luce, dare ombra, così nemmeno Dio può commettere un'iniquità; il potere di essere ingiusto ripugna alla sua divinità e ad ogni potere proprio della sua divinità."<ref>Ibidem, 3, 70.</ref> Origene afferma, così, l'impossibilità metafisica di operare il male da parte di Dio.
 
InLa sintesi,sua l'opera di Origene segna una svolta fondamentale nella riflessione trinitaria: con il suo bel [[lingua greca|greco]] e la sua competenza [[esegesi|esegetica]], mettepone i fondamenti di uno sviluppo dottrinale che porterà alla formulazione definitiva dei [[concilio|concili]] del secolo [[IV secolo]].
In ambito propriamente trinitario, l'Alessandrino segue lo schema di Ireneo, fondando le sue considerazioni sull'agire salvifico delle tre Persone divine: il Padre è il creatore ed il principio di ogni cosa; il Logos è il mediatore; lo Spirito Santo è presente ovunque ci sia santità<ref>Cfr. Idem, Sui principi, 1, 3, 5.</ref>. Si oppone ai modalisti, cioè a coloro che ritenevano le Persone divine solo modi diversi di rivelazione di un unico soggetto divino, precisando la "personalità" del Padre, del Figlio e dello Spirito e chiamandoli per la prima volta Trinità, con il termine greco trias<ref>Cfr. Idem, Su Giovanni, 10, 39 e 6, 33.</ref>.
 
Come per il suo predecessore, l'esistenza di Dio e l'unicità di Dio<ref>Cfr. Origene, ''[[Contro Celso]]'', 1, 23.</ref> sono [[verità]] che la [[ragione]] può cogliere a partire dalla [[bellezza]] del [[mondo]] e dalla tendenza naturale dell'[[anima]] a [[Dio]]<ref>Cfr. Origene,''[[Sui principi (Origene)|Sui principi]]'', 1, 3, 1.</ref>. Quest'ultimo aspetto mette in evidenza la dimensione [[morale]] dell'[[uomo]] e l'esistenza di una [[legge naturale]] iscrittascritta nel suo [[cuore]]<ref>Cfr. Idem, ''Contro Celso'', 1, 4 e; 8, 52.</ref>.
Particolarmente importante è la sua dottrina sulla seconda Persona: infatti, afferma chiaramente contro gli gnostici che il Figlio non procede dal Padre per un processo di divisione o di emanazione, ma per un atto spirituale<ref>Cfr. Idem, Sui principi, 1, 2, 6.</ref> e, dal momento che in Dio tutto è eterno, anche questo atto di generazione è eterno<ref>Cfr. ibidem, 1, 2, 4.</ref>. Per questo il Figlio non ha avuto un inizio temporale ed il Padre non è mai stato senza di Lui. In questo modo Origene si separa nettamente dalla linea teologica che porterà al subordinazionismo ariano, caratterizzato proprio dalle affermazioni opposte, ponendo invece le basi della dottrina sulla homousia del Padre e del Figlio che sarà formulata a Nicea<ref>Cfr. J. Quasten, Patrología, I, cit., 389-390; B. Studer, Dios salvador en los Padres de la Iglesia, cit., 136.</ref>.
 
Come [[San Clemente alessandrino|Clemente]], anche Origene fonda il suo pensiero [[teologia|teologico]] sull'unicità di Dio:
A livello terminologico, però, questo non è ancora chiaro. Addirittura nelle sue opere appare l'espressione deuteros Theos, cioè Dio di seconda categoria, riferita al Logos<ref>Cfr. Origene, Contro Celso, 5, 39.</ref>.
 
{{quote|Un solo Dio, [[creatore]] e ordinatore di ogni cosa, che ha tratto l'universo dal nulla, Dio di tutti i giusti fin dall'origine del mondo (...) Dio giusto e buono, [[Dio Padre|Padre]] di nostro [[Signore]] [[Gesù Cristo]], autore della [[Legge di Mosè|Legge]] e dei [[Profeti]], del [[Vangeli|Vangelo]] e degli [[Apostoli]], Dio dell'[[Antico Testamento|Antico]] e del [[Nuovo Testamento]].|Cfr. ''[[Sui principi (Origene)|Sui principi]]'', 1, 4: ''[[PG]]'' 11, 117}}
L'espressione sarà ripresa dagli ariani, anche se in senso diverso. Il punto è particolarmente interessante anche per il prossimo capitolo dedicato alle eresie. Infatti, anche la dottrina trinitaria di Origene contiene elementi subordinazionisti. Eppure il suo pensiero non può essere considerato eretico, perché ciò è dovuto semplicemente alla mancanza di mezzi espressivi e di approfondimento concettuale. L'uomo conosce in forma storica, così che l'accoglienza della fede e la comprensione del dato rivelato ha richiesto tempo e molta discussione, cioè il confronto con molte vite. Origene si situa sulla linea di sviluppo che porterà alla formulazione della dottrina trinitaria cappadoce e ne pone le basi; tuttavia non è ancora in grado di staccarsi da alcuni elementi di matrice filosofica, che necessariamente venivano mediati dal linguaggio concettuale a cui doveva far ricorso, in assenza delle formulazioni nuove, che caratterizzeranno il IV secolo.
 
Come Clemente, Origene fonda il suo pensiero teologico sull'unicità di Dio : "Un solo Dio, creatore e ordinatore di ogni cosa, che ha tratto l'universo dal nulla, Dio di tutti i giusti fin dall'origine del mondo (...) Dio giusto e buono, Padre di Nostro Signore Gesù Cristo, Autore della Legge e dei Profeti, del Vangelo e degli Apostoli, Dio dell'Antico e del Nuovo Testamento."<ref>Cfr. Idem, Sui principi, 1, 4 (PG 11, 117).</ref> L'affermazione chiara dell'unicità di Dio si traduce nell'armonizzazione dei diversi Suoisuoi [[attributi di Dio|attributi]], anche quelli che sembrano opposti. Con estrema profondità, Origene individua nella [[bontà]] l'attributo nel qualiquale si riunificano tutti gli altri: in quanto bontà sostanziale Dio è fonte di ogni altra bontà, in Lui Bontà ed Essere si identificano<ref>Cfr. Idem, ''Su Giovanni'', 2, 7.</ref>. E proprio la bontà di Dio è la ragione della creazione e della [[redenzione]], mentre il [[male]] non proviene da Lui, ma ha origine nella [[libertà]] umana<ref>Cfr. Idem, ''Contro Celso'', 6, 55.</ref>.
In concreto, per Origene il Verbo è fondamentalmente il mediatore in quanto immagine, conoscenza e sapienza del Padre. L'Alessandrino non si riferisce, qui, a Cristo, che è ovviamente Mediatore, ma alla seconda Persona stessa della Trinità, il cui ruolo viene economicizzato, cioè fatto dipendere dalla dimensione rivelativa. In questo senso, il Verbo è eterno perché è la Sapienza di Dio e Dio non è mai stato senza Sapienza. E in essa sono stati presenti da sempre le idee divine della creazione del mondo, in modo tale che Essa è il senso e la ragione di tutto ciò che esiste, ovunque risplende la sua luce. Il mondo è così riflesso dell'eterno, ed in particolare l'uomo come creatura razionale nella quale brilla specialmente la luce del Verbo. In questo modo, la seconda Persona è mediatrice tra il Padre ed il mondo creato. Il punto essenziale è che Origene, pur affermando l'eternità del Verbo, lo considera Dio solo per partecipazione: dice, infatti, che solo il Padre è vero Dio – alethinòs autòtheos<ref>Cfr. Idem, Su Giovanni, 2, 2.</ref>. In questo senso, il Padre sarebbe trascendente rispetto al Verbo, che a sua volta trascenderebbe tutte le creature<ref>Cfr. J. Daniélou, Origène, cit., 253.</ref>.
 
Da un punto di vista teologico Origene insiste sulla [[spirito|spiritualità]] di Dio: l'affermazione dottrinale è accompagnata da un fine lavoro [[esegesi|esegetico, vero punto di forza di Origine molto competente da un punto di vista filologico,]] per mostrare che gli [[antropomorfismo|antropomorfismi]] usati dalla [[Bibbia|Scrittura]] rispondono alla necessità di usare un [[linguaggio]] che l'uomo possa comprendere e di ricorrere quindi ad [[immagine|immagini]] [[corpo|corporee]], senza però che Dio coincida con le immagini stesse. Si nota qui come fin dall'inizio il lavoro teologico si fonda sull'approfondimento esegetico e sull'analisi filosofica dell'atto di conoscenza umano.
Il punto è che la scuola alessandrina era riuscita a inserire la novità rivelata nell'insieme del pensiero filosofico che aveva preceduto il cristianesimo, costruendo un mirabile dialogo teso a mostrare l'unità della storia, grazie alla teologia del Logos, che raccordava la sfera divina a quella creata. Più tardi, nel secolo IV, Atanasio ed i suoi successori svilupperanno una teologia della natura divina e della natura umana, che permetteranno di risolvere il rapporto tra mondo e Trinità e di distinguere chiaramente economia ed immanenza.
 
Dio è invisibile perché non è dotato di corpo materiale, per cui si distinguono il vedere, che caratterizza gli [[occhi]] umani, ed il [[conoscenza|conoscere]], che avviene per via [[intelligenza|intellettiva]]. Tuttavia, anche se ci si può elevare alla [[contemplazione]] della Bellezza e Bontà originarie a partire dalla creazione, la [[conoscenza di Dio]] sarà sempre imperfetta, e non si può raggiungere Dio come è in sé:<ref>Così "dopoargomenta aver respinto ogni suggerimento che in Dio esista qualche cosa di corporeo, diciamo in tutta verità che Dio è incomprensibile e che è impossibile conoscerlo, ma che sta al di sopra di ogni pensiero. E se possiamo pensare o comprendere qualche cosa di Dio, è necessario credere che sta al di là di tutto ciò che pensiamo di Lui (...)[[Origene]]:
Si noti che, in questo contesto subordinazionista, Origine riesce ad affermare con chiarezza la consustanzialità e la divinità dello Spirito Santo, parlando "della grande autorità e della dignità che possiede lo Spirito Santo in quanto essere sostanziale, così che il battesimo di salvezza non può realizzarsi se non per l'altissima autorità della Trinità, per l'invocazione del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, in modo tale che il nome dello Spirito Santo è associato al Padre ingenerato e all'unico Figlio."<ref>Idem, Sui principi, 1, 3, 2.</ref> Solo il Logos rivela il Padre, al quale non si può arrivare se non per suo mezzo, ma nello stesso tempo si può conoscere il Figlio solo nello Spirito.
 
{{quote|Dopo aver respinto ogni suggerimento che in [[Dio]] esista qualche cosa di [[corpo|corporeo]], diciamo in tutta [[verità]] che Dio è incomprensibile e che è impossibile [[conoscenza di Dio|conoscerlo]], ma che sta al di sopra di ogni pensiero. E se possiamo pensare o comprendere qualche cosa di Dio, è necessario [[fede|credere]] che sta al di là di tutto ciò che pensiamo di Lui (...). Succede lo stesso con i nostri [[occhi]]; non possono guardare la natura stessa della [[luce]], cioè il [[sole]] in sé stesso, ma vedendo il suo [[splendore]] e i suoi raggi che entrano dalla finestra, possiamo sospettare la grandezza della luce dalla quale ha origine questo splendore. Lo stesso succede con le opere della provvidenza divina."<ref>Idem, |''Sui principi'', 1, 5-6.}}</ref>.
In sintesi, l'opera di Origene segna una svolta fondamentale nella riflessione trinitaria: con il suo bel greco e la sua competenza esegetica, mette i fondamenti di uno sviluppo dottrinale che porterà alla formulazione definitiva dei concili del secolo IV.
 
Origene discute il mistero della [[libertà]] umana in relazione con gli attributi della [[onniscienza]] ed [[onnipotenza]] divine. Il fatto che Dio conosca gli atti futuri liberi non vuol dire che gli uomini siano obbligati a compiere ciò che egli ha deciso da sempre. Nell'opera ''[[Contro Celso,]]'' spiega come le [[profezie]] non si realizzano perché sono pronunciate, ma che, proprio al contrario, quegli eventi sono profetizzati perché accadranno: "Celso pensa che una cosa profetizzata accade proprio per essere stata profetizzata in virtù di una presenza. Ma noi non accettiamo questo e diciamo che il profeta non è causa dell'evento futuro, per il fatto di aver profetizzato che sarebbe accaduto; è piuttosto l'evento futuro, che sarebbe successo sia che fosse stato profetizzato o meno, la causa del fatto che il profeta, che lo conosce in anticipo, lo predice."<ref>Idem, Contro Celso, 20, 2.</ref>
 
A proposito dell'onnipotenza divina, Origene nega che Dio possa operare il [[male]]. Se Celso intende le affermazioni cristiane nella linea del potere e della forza senza freno, Origene afferma l'impossibilità metafisica di operare il male da parte di Dio:
 
A proposito dell'onnipotenza divina, Origene nega che Dio possa operare il male. Celso intende le affermazioni cristiane nella linea del potere e della forza senza freno: "certamente{{quote|Certamente, secondo la nostra dottrina, Dio può ogni cosa, sempre che ciò che può non contraddica il suo essere divino, la sua bontà e la sua [[sapienza]]. Ma Celso, dando prova di non aver inteso in che senso si dice che Dio può ogni cosa, dice: non vorrà nulla di ingiusto, concedendo che Dio può anche ciò che è ingiusto, ma che non lo vuole. Noi, invece, affermiamo che, come ciò che per natura è dolce non può, per la sua stessa dolcezza, produrre nulla di amaro contro la sua sola proprietà, e come ciò che per natura illumina non può, per il fatto di essere luce, dare [[ombra]], così nemmeno Dio può commettere un'iniquità; il potere di essere ingiusto ripugna alla sua divinità e ad ogni potere proprio della sua divinità."<ref>Ibidem, |3, 70.</ref> Origene afferma, così, l'impossibilità metafisica di operare il male da parte di Dio.}}
 
In ambito propriamente trinitario, l'Alessandrino segue lo schema di [[Sant'Ireneo di Lione|Ireneo]], fondando le sue considerazioni sull'agire [[salvezza|salvifico]] delle tre Persone divine<ref>Cfr. ''Sui principi'', 1, 3, 5.</ref>:
* il [[Dio Padre|Padre]] è il [[creatore]] ed il principio di ogni cosa;
* il ''[[Logos]]'' è il [[mediatore]];
* lo [[Spirito Santo]] è presente ovunque ci sia [[santità]].
 
InOrigene ambito propriamente trinitario, l'Alessandrino segue lo schema di Ireneo, fondando le sue considerazioni sull'agire salvifico delle tre Persone divine: il Padre è il creatore ed il principio di ogni cosa; il Logos è il mediatore; lo Spirito Santo è presente ovunque ci sia santità<ref>Cfr. Idem, Sui principi, 1, 3, 5.</ref>. Sisi oppone ai [[modalismo|modalisti]], cioè a coloro che ritenevano le Persone divine solo modi diversi di rivelazione di un unico soggetto divino, precisando la "personalità" del Padre, del [[Figlio di Dio|Figlio]] e dello Spirito, e chiamandoli per la prima volta "Trinità", con il termine greco ''trias''<ref>Cfr. Idem, ''Su Giovanni'', 10, 39 e; 6, 33.</ref>.
 
Particolarmente importante è la sua dottrina sulla seconda Persona: infatti, afferma chiaramente, contro gli [[gnosticismo|gnostici]], che il Figlio non [[processioni divine|procede]] dal Padre per un processo di divisione o di [[emanazione]], ma per un atto spirituale<ref>Cfr. Idem, ''Sui principi'', 1, 2, 6.</ref> e, dal momento che in Dio tutto è [[eternità|eterno]], anche questo atto di [[generazione (Trinità)|generazione]] è eterno<ref>Cfr. ''ibidem'', 1, 2, 4.</ref>. Per questo il Figlio non ha avuto un inizio [[tempo|temporale]], ed il Padre non è mai stato senza di Lui. In questo modo Origene si separa nettamente dalla linea teologica che porterà al [[subordinazionismo]] [[arianesimo|ariano]], caratterizzato proprio dalle affermazioni opposte, ponendo invece le basi della dottrina sulla ''homousia'' del Padre e del Figlio che sarà formulata aal [[I Concilio di Nicea]]<ref>Cfr. J.{{autore|Johannes Quasten}}, ''[[Patrología]]'', vol. I, cit., 389-390; B.{{autore|Basil Studer}}, ''Dios salvador en los Padres de la Iglesia'', cit.[[Koinonia (editrice)|Koinonia]], [[Salamanca]] [[1993]], ISBN 8488643039, p. 136.</ref>.
 
A livello terminologico, però, l'esposizione non è ancora chiara, per cui appare nelle sue opere l'espressione ''deuteros Theos'', "Dio di seconda categoria", riferita al ''Logos''<ref>Cfr. ''Contro Celso'', 5, 39.</ref>. Tale espressione sarà ripresa dagli ariani, anche se in senso diverso. Di fatto la dottrina trinitaria di Origene contiene elementi subordinazionisti, anche se il suo pensiero non può essere considerato [[eresia|eretico]], perché ciò è dovuto semplicemente alla mancanza di mezzi espressivi e di approfondimento concettuale; la terminologia è ancora in fase di messa a punto.
 
In concreto, perPer Origene il [[Verbo]] è fondamentalmente il [[mediatore]] in quanto [[immagine di Dio|immagine]], [[conoscenza]] e [[sapienza]] del [[Dio Padre|Padre]]. L'AlessandrinoQui nonil siriferimento riferisce,non qui,è a [[Cristo]], cheil Figlio di Dio [[incarnazione|incarnato]], al quale ''è'' ovviamentepropriamente il Mediatore, ma alla seconda Persona stessa della Trinità, il cui ruolo viene economicizzato, cioè fatto dipendere dallada dimensionecome si è rivelativa[[rivelazione|rivelata]]. In questo senso, il Verbo è eterno perché è la Sapienza di Dio e Dio non è mai stato senza Sapienza. E in essa sono stati presenti da sempre le idee divine della [[creazione]] del mondo, in modo tale che Essa è il senso e la ragione di tutto ciò che esiste, ovunque risplende la sua [[luce]]. Il mondo è così riflesso dell'eterno, ed in particolare lo è l'[[uomo]], come [[creatura]] [[ragione|razionale]] nella quale brilla specialmentein maniera speciale la luce del Verbo. In questo modo, la seconda Persona è mediatrice tra il Padre ed il mondo creato. Il punto essenziale è che Origene, pur affermando l'eternità del Verbo, lo considera Dio solo per [[partecipazione]]: dice, infatti, che solo il Padre è vero Dio (''alethinòs autòtheos'')<ref>Cfr. Idem, ''Su Giovanni'', 2, 2.</ref>. In questo senso, il Padre sarebbe [[trascendenza|trascendente]] rispetto al [[Verbo]], che a sua volta trascenderebbe tutte le creature<ref>Cfr. J.{{autore|[[Jean Daniélou]]}}, ''Origène'', ''cit.'', 253.</ref>.
 
SiLa noti[[scuola alessandrina]] era riuscita a inserire la novità rivelata nell'insieme del pensiero [[filosofia|filosofico]] che aveva preceduto il [[cristianesimo]], costruendo un mirabile [[dialogo]] teso a mostrare l'unità della storia, grazie alla [[teologia]] del ''[[Logos]], che raccordava la sfera divina a quella creata. Più tardi, nel [[IV secolo]], [[Sant'Atanasio]] ed i suoi successori svilupperanno una teologia della natura divina e della natura umana, che permetteranno di risolvere il rapporto tra [[mondo]] e Trinità e di distinguere chiaramente il piano della [[storia della salvezza]] ("economia") e quello di Dio in sé ("[[immanenza]]"). In questo contesto [[subordinazionismo|subordinazionista,]] Origine[[Origene]] riesce ad affermare con chiarezza la [[consustanzialità]] e la divinità dello [[Spirito Santo]], parlando "della grande [[autorità]] e della [[dignità]] che possiede lo Spirito Santo in quanto essere sostanziale, così che il [[battesimo]] di [[salvezza]] non può realizzarsi se non per l'altissima autorità della Trinità, per l'invocazione del [[Dio Padre|Padre]], del [[Figlio di Dio|Figlio]] e dello [[Spirito Santo]], in modo tale che il nome dello Spirito Santo è associato al Padre ingenerato e all'unico Figlio."<ref>Idem, ''Sui principi'', 1, 3, 2.</ref> Solo il ''Logos'' [[rivelazione|rivela]] il Padre, al quale non si può arrivare se non per suo mezzo, ma nello stesso tempo si può conoscere il Figlio solo nello Spirito.
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