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I cristiani quindi non possono prendere dimora in questo mondo come se fosse una casa permanente. Appena però l'ostilità del mondo verso i cristiani diminuisce, aumenta la tentazione della sistemazione comoda ed egoista. Allora gli asceti si esercitano a fare a meno di tutto ciò che dovranno lasciare quando Cristo chiamerà l'anima a sé con la morte corporale: [[Origene]] e altri [[Padri della Chiesa]] considereranno ''martirio'' una vita condotta con questo scopo.
'''[[San Paolo]]''' insiste sul tema dell'allenamento e del combattimento spirituale: ({{pb|1Cor|9,24-27}}; {{pb|2Tim|2,3}}; cfr. anche {{pb|Eb|12,11-13}}). In San Paolo il termine ''ascesi'' compare
In modo simile '''[[San Giovanni Apostolo ed Evangelista]]''' oppone il ''mondo'' a Dio: per ''mondo'' intende non quello creato da Dio, ma quello ribelle a lui, quello che organizza tutto non in funzione dei piani divini, ma in sfruttamento della corruttibilità umana ({{pb|1Gv|2,15-17}}). Un mondo simile vuol affermare se stesso come assoluto, quindi spinge al godimento immediato e nega ogni [[trascendenza]]: per quel mondo tutto è di Cesare! Ecco perché San Paolo loda il celibato quale mezzo per una più libera fedeltà a Cristo ({{pb|1Cor|7,1-9;25-38}}). Anche la povertà rende l'uomo più libero nei riguardi del mondo, e l'obbedienza ad altri lo rende libero dalla sua volontà egoista. Sono virtù ascetiche.
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