Grazia: differenze tra le versioni

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== Il pensiero dei Riformatori ==
 
[[Martin Lutero]] († [[1546]]) identifica la grazia con la giustificazione del [[peccatore]]. In polemica col principio della [[Scolastica]], secondo cui la grazia è una qualità entitativa presente nell'uomo, egli sostiene che la grazia è il favore di Dio (''favor Dei'') esistente al di fuori dell'uomo, favore che, con un atto di [[amore]] immeritabile, stabilisce una relazione personale con l'uomo. In questo processo opera, con un [[cristocentrismo]] esclusivo, [[Gesù]] [[Cristo]] quale grazia di Dio in [[persona]]; l'opera [[salvezza|salvifica]] di Gesù Cristo, esistente al di fuori dell'uomo, viene imputata a [[remissione dei peccati]] mediante la [[fede]], che nasce dall'ascolto della [[parola]] del [[Vangelo]]<ref>Cfr ''[[Weimarer Ausgabe|WA]]'' 2,445-618; 8,43-128.</ref>. Per garantire l'immeritabilità e l'efficacia esclusiva della grazia (''sola gratia'') e per escludere una specie di [[sinergismo]] (cooperazione dell'uomo nell'evento della [[salvezza]]), Lutero sostiene la tesi della volontà completamente corrotta e del tutto non [[libertà|libera]] sul piano della salvezza<ref>Cfr ''De servo arbitrio'', 1525: ''WA'' 18,600-787.</ref>.
 
Per [[Giovanni Calvino|Calvino]] († [[1564]]) la grazia è, come per Lutero, la giustificazione mediata da [[Cristo]]<ref>''[[OS]]'' III 509-515.</ref>. Nella cornice della sua dottrina della [[predestinazione]] egli la vede specificamente come [[elezione]] eterna di alcuni alla salvezza<ref>''OS'' III 576-577.</ref>. Inoltre ascrive alla volontà libera dell'uomo, corrotta, ma anche rinnovata e sollecitata dallo [[Spirito Santo]], una attività strumentale nel processo della salvezza, attività che rimane naturalmente del tutto subordinata all'efficacia esclusiva di [[Dio]]<ref>''OS'' III 315.</ref>.
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