Croce: differenze tra le versioni

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La Croce è scarsamente presente nell'iconografia cristiana delle origini, sia a causa delle persecuzioni sia per una precisa scelta liturgica. I primi cristiani, infatti, seguirono rigorosamente le limitazioni giudaiche sull'utilizzo di immagini. Così nel canone 36 del [[Concilio di Elvira]], tenutosi in Spagna fra il 303 e il 306, si prescrive esplicitamente: ''Ci è sembrato bene che nelle chiese non ci debbano essere pitture, in modo che non sia dipinto sui muri ciò che è onorato e adorato''.
 
Inizialmente i cristiani utilizzarono solo motivi iconografici comuni alla cultura classica (es. il ''[[Buon Pastore]]'') o criptici, come il pesce, collegato a Gesù solo dal [[cristogramma]] ''[[Ichthys]]'', o l'ancora, un simbolo la cui forma ricorda una croce (rovesciata) e che è collegata a Cristo dalla [[Lettera agli Ebrei]] {{Passo biblico|Eb|6,19-20}}. Paradossalmente l'assenza della Croce dimostrerebbe proprio che sin da allora la Croce era un simbolo inequivocabilmente cristiano e perciò pericoloso da esporre in luoghi pubblici come le [[catacomba|catacombe]]. Non è quindi un caso se uno dei disegni più antichi della Croce, il [[graffito di Alessameno]], venne eseguito da un pagano in data sconosciuta fra l'anno 85 e il III secolo. Il riferimento al Cristianesimo si dedurrebbe dalla testa d'asino posta sul capo di Cristo; una forma di denigrazione nota dalle fonti scritte.
 
Di questa centralità della Croce sin dai primi secoli cristiani danno abbondante testimonianza i testi scritti. Ad esempio [[Tertulliano]] (160-230) polemizza con i pagani, che avevano una venerazione religiosa per le proprie insegne militari (i [[labaro|''vexilla'' o labari]]), ironizzando che anch'essi adoravano una croce, solo la coprivano con un vestito perché si vergognavano di adorarne una nuda<ref>Cfr. [[Tertulliano]], ''Apologeticus adversus gentiles pro christianis'', Pars IV, cap. XVI, 8 (''Siphara illa vexillorum et cantabrorum stolae crucis sunt'') e ''Ad Nationes'', I, 12 (''Sic etiam in cantabris atque vexillis, quae non minore sanctitate militia custodit, siphara illa vestes crucum sunt. Erubescitis, opinor, incultas et nudas cruces colere''). Analogo argomento si trova in Marco Minucio Felice, ''Octavius'', XXIX (''Nam et signa ipsa et cantabra et vexilla castrorum, quid aliud quam inauratae cruces sunt et ornatae?'')</ref>.

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