Concilio di Trento: differenze tra le versioni

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Dopo il [[Concilio Lateranense V|Lateranense V]] continuano gli appelli ad un concilio. Lo stesso Lutero in più di una occasione si appellerà all’autorità di un concilio, nel [[1518]] ed ancora nel [[1520]] nell’opuscolo ''Alla nobiltà'': ''« Quando la necessità lo impone e il papa è causa di scandalo per la cristianità, chiunque si trovi in grado di farlo deve adoperarsi per la riunione di un vero concilio libero »''. Per il riformatore tedesco un concilio è ''libero'' quando è sottratto alla tutela del [[Papa]]. Questi continui appelli al concilio obbligheranno [[Papa Pio II]] ad emanare la bolla ''Exsecrabilis'' con la quale comminava la scomunica a chiunque osasse ancora appellarsi al concilio.
 
Ma ormai l’appello è lanciato: nella dieta imperiale di Norimberga ([[1523]]), cattolici e protestanti si trovano d’accordo nel reclamare un concilio ''“libero"libero e cristiano riunito in terra tedesca”tedesca"''; l’imperatore Carlo V appoggiò questa richiesta, vista come unico mezzo per ridare pace ed unità all’impero. Il concilio doveva essere:
* libero, ossia sotto l’autorità dell’imperatore, non del papa;
* cristiano, ossia con la partecipazione anche dei laici;
=== Primo periodo: 1545-1547 ===
 
Il ''“sacrosanto"sacrosanto concilio ecumenico e generale”generale"'' si aprì a Trento il [[13 dicembre]] [[1545]] alla presenza di 25 vescovi e 5 superiori generali di Ordini religiosi.
 
Il regolamento non venne imposto dall’alto, ma fu scelto direttamente dai padri conciliari: avevano voto deliberativo tutti i vescovi e superiori presenti; fu concesso ai vescovi tedeschi di essere rappresentati da un legato, che però aveva solo voto consultivo; gli argomenti erano redatti da speciali congregazioni composte da teologi e canonisti; gli schemi erano poi esaminati dalle congregazioni generali ed approvati dalle congregazioni solenni; infine fu deciso che ogni decreto conciliare avesse una parte dogmatica ed una disciplinare.
* i decreti disciplinari sull’uso della lingua latina nelle celebrazioni, con l’obbligo della loro spiegazione in volgare; sull’obbligo della residenza dei Vescovi; sull’erezione dei seminari per la formazione del clero, ed altri decreti di riforma generale.
 
Il [[4 dicembre]] [[1563]] l’assemblea conciliare fu chiusa dal Cardinal Morone con le parole : ''“Post"Post actas Deo gratis, ite in pacem”pacem"''. Dopo diciotto anni dall’inizio, il concilio aveva termine. [[Papa Pio IV]], con la bolla ''Benedictus Deus'' confermò tutti i decreti tridentini.
 
== L’opera del Concilio ==
Dal punto di vista disciplinare, il concilio di Trento rappresenta un vero impulso al rinnovamento della vita religiosa della Chiesa.
 
Le parole che più spesso si ripetono nei decreti di riforma della terza fase sono: ''“cura"cura animarum”animarum"'', la cura delle anime, che è la missione essenziale della Chiesa. Vescovi e clero, nella natura e negli atti, sono definiti essenzialmente per la loro funzione pastorale, a servizio dei fedeli: la loro ragion d’essere è insegnare il vangelo ed amministrare i sacramenti.
 
Questa missione pastorale è affidata dal concilio ai Vescovi, che hanno il compito primario di vegliare nella formazione del clero attraverso l’istituzione di scuole apposite, i [[Seminario|seminari]]. Per far fronte alla ''“cura"cura animarum”animarum"'', ai Vescovi è richiesto l’obbligo di risiedere nelle loro diocesi, di convocare periodicamente sinodi diocesani, l’obbligo della visita pastorale; e a loro è fatto divieto assoluto di cumulare i benefici ecclesiastici.
 
== Il dopo Concilio ==
 
I decreti conciliari, per essere applicati in tutta la Chiesa, avevano bisogno del beneplacito dei governi nazionali, concesso per lo più solo dopo trattative: il governo spagnolo accettò i decreti ma con la clausola “fatti"fatti salvi i diritti regali”regali"; la Francia invece accettò i decreti dogmatici ma non quelli di riforma.
 
Fu merito soprattutto dei papi immediatamente successivi a Trento l’aver promosso l’attuazione della riforma.
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