Incarnazione: differenze tra le versioni

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Anche se alcuni [[teologo|teologi]] affermano che "già nell'[[Antico Testamento]] c'è una vera e propria incarnazione che implica l'intervento di [[Dio]] nella [[vita]] dell'[[umanità]], o più esattamente nella vita di un [[popolo eletto|popolo eletto]]"<ref>{{autore|[[Jean Galot]]}} ([[1984]]), p. 239. Galot riconosce comunque che questo impegno di Dio "differisce essenzialmente da quello della [[Nuova Alleanza]] perché non è ancora personale, come lo sarà nel [[Figlio di Dio]] fatto uomo".</ref>, è soltanto nel [[Nuovo Testamento]] che si può parlare propriamente di ''incarnazione''.
 
=== AltriIn testiPaolo ===
 
[[San Paolo|Paolo]] vede in [[Gesù Cristo]] il [[Figlio di Dio|Figlio]] eterno di [[Dio]] ({{pb|Rm|1,3}}), che dal [[Dio Padre|Padre]] fu inviato nel [[mondo]], e che [[nascita di Gesù|nacque]] come [[uomo]], sottoposto alla [[Legge di Mosè|Legge]] ({{pb|Gal|4,4}}). Benché senza [[peccato]], egli portò la [[maledizione]] del peccato ({{pb|2 Cor|5,21}}); assunse la nostra [[povertà]], [[umiltà|umiliandosi]], per [[obbedienza|obbedire]] alla propria [[missione]] ({{pb|Fil|2,6-8}}). Egli fu [[esaltazione|elevato]] ({{pb|Rm|1,4}}; {{pb|Fil|2,9-11}}) e ci fa [[partecipazione|partecipare]] alla sua [[ricchezza]] divina. Lui, che esisteva nella forma di Dio, entrò nella forma della [[carne]], della [[creatura|creaturalità]], della [[tentazione]] e del peccato. Così facendo, portata a termine la sua opera, ci inserisce nel suo rapporto filiale con il Padre nello [[Spirito Santo]] ({{pb|Rm|8,29}}; {{pb|Gal|4,6-7}}).
 
All'interno di una [[cristologia]] a due stadi, l'incarnazione appartiene alla fase dell'abbassamento.
 
Soprattutto nelle [[lettere deuteropaoline]] si fa menzione della [[rivelazione]] di [[Cristo]] nella carne ({{pb|1Tm|3,16}}): esse spiegano l'incarnazione con il linguaggio della [[manifestazione]] ({{pb|1Tm|3,16}}; {{pb|2Tm|1,10}}; {{pb|Tt|2,11; 3,4}}). Parlano poi della sua esistenza presso Dio come sua [[immagine]], e di portatore della [[pienezza]] divina prima ancora della sua comparsa in veste d'uomo ({{pb|Col|1,15; 2,9}}; {{pb|1Cor|8,6}}).
 
La [[Lettera agli Ebrei]] presenta l'ingresso di [[Cristo]] nel [[mondo]] come un atto di [[obbedienza]] a [[Dio]], come un fare la sua [[volontà di Dio|volontà]], e si appoggia in questo al {{pb|Sal|40,8-9}} ({{passo biblico|Eb|10,5-7}}).
 
=== Nell'opera giovannea ===
 
Il "farsi carne" evoca la grandezza della [[condiscendenza]] di [[Dio]]: il ''[[Logos]]'' ha acconsentito di far parte della povera condizione umana.
 
=== Altri testi ===
 
Convergono con i testi giovannei altri passi del [[Nuovo Testamento]] nei quali l'ingresso di [[Cristo]] nella carne è visto come un abbassamento posto quasi dialetticamente in contrasto con l'essere nello spirito che indica la fase finale ([[esaltazione]]) del processo dell'incarnazione: {{pb|Rm|1,4}}; {{pb|1Pt|3,18}}; {{pb|1Tm|3,16}}; {{pb|Fil|2,7-11}}; {{pb|Eb|10,5-7}}.
 
== Note ==

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