Vangelo: differenze tra le versioni

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Il termine “vangelo”'''vangelo''' o “evangelo”'''evangelo''' è la traslitterazione dell’originale greco “euanghélion”'''''euanghélion''''', aggettivo sostantivato che significa “buona notizia “ o “lieto annunzio” e costituisce il soggetto-oggetto della predicazione del Cristianesimo: la “buona notizia” è che il peccato e la morte sono stati vinti dal Cristo tramite la sua passione e risurrezione.
 
L’uso del termine al plurale “vangeli” indica, invece, gli scritti del I secolo d.C. redatti dagli apostoli o da alcuni loro discepoli. Il termine stesso “vangeli” appare per la prima volta in un’opera del filosofo e martire cristiano Giustino per indicare i libretti scritti (Apologia I, 56,3 II secolo d.C.).
 
== I quattro vangeli e la loro origine ==
 
{{vedi anche|Nascita dei Vangeli}}
 
Tutti i vangeli sono stati scritti in lingua greca, considerata all’epoca come l’inglese dei nostri giorni.
 
La tradizione della Chiesa primitiva ci ha trasmesso molti “vangeli” ma di questi solo quelli di Marco, Matteo, Luca e Giovanni sono stati riconosciuti canonici fin dai primi secoli della cristianità. Realizzati tra l’anno 65 il 90, la comprensione della loro redazione e l’origine delle fonti che li hanno ispirati è stata oggetto di studio fin dagli inizi dell’era cristiana; tra il XIX e il XX secolo alcuni studiosi quali H.Gunkel (1862-1932), M.Dibelius (1883-1947) e R.Bultmann (1884-1976) hanno dato vita alla scuola dell’analisi della composizione (dal tedesco Redaktionsgeschichte, storia della redazione) ed a quella dell’analisi dei generi (dal tedesco Formgeschichte, storia delle forme). Anche la nuova ricerca del Gesù storico nello stesso periodo ha riaperto interrogativi ai quali a tutt’oggi si cerca di dare una risposta.
 
È certo, comunque, che gli scritti dei quattro evangelisti sono stati preceduti da una tradizione orale così come è accaduto per l’Antico Testamento: Matteo, Marco, Luca e Giovanni, insieme alle loro comunità, hanno operato una sorta di trascrizione letterale di detti e fatti che erano diventati patrimonio comune delle comunità cristiana della Palestina e di tutta quell’area geografica conosciuta oggi come il Medioriente, compresa buona parte dell’Africa settentrionale.
 
Altri testi, detti “apocrifi” (nascosti, segreti) come il vangelo di Tommaso, Pietro, Giacomo, ecc. sono stati scritti con l’intento di completare e di rivedere quello che dicono i vangeli canonici sulla nascita di Gesù, sulla sua vita, dottrina, morte e risurrezione; ma sono stati esclusi dalla canonicità in quanto hanno esaltato un particolare periodo della vita di Gesù (ad esempio: gli anni dell’infanzia) o perché privi di interesse liturgico e kerigmatico (da kerigma: appello alla conversione usato spesso nella predicazione apostolica primitiva).
 
== Gli autori ==
Quasi tutti concordano nell’attribuire la paternità dei primi tre vangeli a Marco discepolo di Pietro e Paolo, Matteo l’apostolo e Luca discepolo di Paolo, mentre per il quarto si è indecisi se identificare l’autore come l’apostolo fratello di Giacomo, il “discepolo che Gesù amava” (Gv 13, 23), o un altro personaggio molto rispettato nelle comunità dell’Asia Minore. Questa tesi, comunque, trova il favore di una parte minoritaria di studiosi, considerando anche che Giovanni l’apostolo, non nominandosi mai di persona nel suo scritto, pare abbia voluto mettere in tal modo la propria firma alla sua opera.
 
== I tre vangeli sinottici ==
{{vedi anche|Vangeli sinottici}}
Dei quattro vangeli, tre presentano notevoli affinità (Marco, Matteo e Luca) e sono, pertanto, detti “sinottici” cioè simili. Possono essere letti anche affiancandoli in tre colonne e verificandone la similitudine tra loro (alcune versioni della Bibbia, tra cui la “Bibbia di Gerusalemme” evidenziano il raffronto tra i vangeli con frequenti note per ogni brano che rimandano a brani paralleli o simili). All’epoca di Sant’Agostino (IV secolo d.C.) si pensava che dipendessero l’uno dall’altro e il vangelo di Matteo era comunemente considerato il primo scritto, seguito da quelli di Marco e Luca. Invece, studi più recenti (dall’800 ad oggi) ritengono che il più antico sia il vangelo di Marco da cui hanno attinto Matteo e Luca: non è stato Marco ad “abbreviare” Matteo ma Matteo e Luca hanno ampliato lo scritto marciano.
Dei quattro vangeli, tre presentano notevoli affinità (Marco, Matteo e Luca) e sono, pertanto, detti “sinottici” cioè simili. Possono essere letti anche affiancandoli in tre colonne e verificandone la similitudine tra loro (alcune versioni della Bibbia, tra cui la “Bibbia di Gerusalemme” evidenziano il raffronto tra i vangeli con frequenti note per ogni brano che rimandano a brani paralleli o simili).
 
Dei quattro vangeli, tre presentano notevoli affinità (Marco, Matteo e Luca) e sono, pertanto, detti “sinottici” cioè simili. Possono essere letti anche affiancandoli in tre colonne e verificandone la similitudine tra loro (alcune versioni della Bibbia, tra cui la “Bibbia di Gerusalemme” evidenziano il raffronto tra i vangeli con frequenti note per ogni brano che rimandano a brani paralleli o simili). All’epoca di Sant’Agostino (IV secolo d.C.) si pensava che dipendessero l’uno dall’altro e il vangelo di Matteo era comunemente considerato il primo scritto, seguito da quelli di Marco e Luca. Invece, studi più recenti (dall’800 ad oggi) ritengono che il più antico sia il vangelo di Marco da cui hanno attinto Matteo e Luca: non è stato Marco ad “abbreviare” Matteo ma Matteo e Luca hanno ampliato lo scritto marciano.
 
=== La teoria delle due fonti nei vangeli sinottici ===
 
Per quanto riguarda le origini dei vangeli, nel secolo scorso ha assunto rilevanza la “teoria delle due fonti”, condivisa da alcuni studiosi: essa riconosce una fonte unica per tutti e tre, mentre esisterebbe una seconda fonte (cosiddetta “fonte Q” dal tedesco “Quelle”) dalla quale hanno attinto Matteo e Luca nel redigere alcuni detti di Gesù non presenti in Marco. La tesi delle due fonti, comunque, non soddisfa tutti gli esegeti, per cui tuttora la questione rimane aperta. Inoltre, ognuno dei tre sinottici ha brani propri non presenti negli altri: la parabola del figliol prodigo (o del Padre misericordioso) presente in Luca 15,11-31 non ha paralleli negli altri vangeli, così come il discorso della montagna in Matteo (capp. 5-7) è riportato solo in parte da Luca mentre è completamente assente in Marco se non in piccoli brani sparsi nell’intero testo.
 

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