Sant'Ignazio di Antiochia: differenze tra le versioni

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|martirologiosecondarioasterisco=
|ricorrenza=17 ottobre
|altre ricorr = [[20 dicembre]] (Chiesa ortodossa)
|santuario principale=
|attributi=[[Vescovo]] sbranato dai leoni, o in catene
[[Eusebio di Cesarea]], storico della [[Chiesa]] vissuto nel [[IV secolo]], dedica un intero capitolo della sua ''[[Storia Ecclesiastica]]'' alla vita e all'opera letteraria di Ignazio:
 
{{quote|Dalla Siria Ignazio fu mandato a Roma per essere gettato in pasto alle belve, a causa della [[testimonianza]] da lui resa a [[Cristo]]. Compiendo il suo viaggio attraverso l'Asia, sotto la custodia severa delle guardie<ref>Ignazio ne parla come di ''dieci leopardi'', nella sua ''Lettera ai Romani'', 5,1.</ref>, nelle singole città dove sostava, con [[predica|prediche]] e ammonizioni, andava rinsaldando le [[Chiesa|Chiese]]; soprattutto [[esortazione|esortava]], col calore più vivo, di guardarsi dalle [[eresia|eresie]], che allora cominciavano a pullulare, e raccomandava di non staccarsi dalla [[tradizione apostolica]].|3,36,3-4}}
 
La prima tappa del viaggio di Ignazio verso il martirio fu la città di [[Smirne]], dove era Vescovo [[san Policarpo]], [[discepolo]] di [[san Giovanni Evangelista]]. Qui Ignazio scrisse quattro lettere, rispettivamente alle Chiese di [[Efeso]], di [[Magnesia]], di [[Tralli]] e di Roma.
 
Dice ancora Eusebio che, "partito da Smirne, Ignazio venne a [[Troade]], e di là spedì nuove lettere". Due di tali lettere sono alle Chiese di [[Filadelfia]] e di Smirne, e una al Vescovo Policarpo. Eusebio completa così l'elenco delle lettere che sono giunte a noi.
 
Finalmente da Troade il martire giunse a Roma, dove, nell'Anfiteatro Flavio, venne dato in pasto alle bestie feroci.
Nessun [[Padre della Chiesa]] ha espresso con l'intensità di Ignazio l'anelito all'unione con [[Cristo]] e alla vita in Lui.
 
Confluiscono in Ignazio due ''correnti'' spirituali: quella di [[San Paolo Apostolo|Paolo]], tutta tesa all'unione con Cristo, e quella di Giovanni, concentrata sulla vita in Lui. A loro volta, queste due correnti sfociano nell'imitazione di Cristo, più volte proclamato da Ignazio come "''il mio''" o "''il nostro Dio''".
 
Ignazio supplica i cristiani di Roma di non impedire il suo martirio, perché è impaziente di "''congiungersi con [[Gesù]] Cristo''". E spiega:
Si può cogliere in queste espressioni brucianti d'[[amore]] lo spiccato ''realismo'' [[cristologia|cristologico]] tipico della Chiesa di Antiochia, più che mai attento all'[[incarnazione]] del [[Figlio di Dio]] e alla sua vera e concreta umanità: Gesù Cristo, scrive Ignazio agli Smirnesi, "''è realmente dalla [[figlio di Davide|stirpe di Davide]]''", "''realmente è nato da una [[Verginità di Maria|vergine]]''", "''realmente fu inchiodato per noi''" (1,1).
 
L'irresistibile tensione di Ignazio verso l'unione con Cristo fonda una vera e propria ''[[mistica]] dell'unità''. Egli stesso si definisce "''un uomo al quale è affidato il compito dell'[[unità della Chiesa|unità]]''" (''Ai Filadelfiesi'', 8,1). Per Ignazio l'unità è anzitutto una prerogativa di Dio che, esistendo in [[tre]] [[Persona|Persone]], è [[Unità di Dio|Uno]] in assoluta unità. Egli ripete spesso che Dio è unità, e che solo in Dio essa si trova allo stato puro e originario.
 
Per Ignazio l'unità da realizzare su questa terra da parte dei cristiani si configura come l'imitazione, il più possibile conforme, del suo archetipo divino. In questo modo egli giunge a elaborare una visione della Chiesa che richiama da vicino alcune espressioni della [[Lettera ai Corinti (Clemente)|Lettera ai Corinti]] di [[Papa Clemente|Clemente Romano]]:
 
{{quote|È bene per voi procedere insieme d'accordo col pensiero del [[Vescovo]], cosa che già fate. Infatti il vostro collegio dei [[presbitero|presbiteri]], giustamente famoso, degno di Dio, è così armonicamente unito al Vescovo come le corde alla cetra. Per questo nella vostra concordia e nel vostro amore sinfonico Gesù Cristo è [[canto|cantato]]. E così voi, ada uno ada uno, diventate coro, affinché nella sinfonia della concordia, dopo aver preso il tono di Dio nell'unità, cantiate a una sola voce.|''Lettera ai cristiani di Efeso'', 4,1-2}}
 
Dopo aver raccomandato agli Smirnesi di non "''intraprendere nulla di ciò che riguarda la Chiesa senza il Vescovo" (8,1), confida a Policarpo:
Di conseguenza, i ruoli ecclesiali non si possono contrapporre. Al contrario, l'insistenza sulla [[comunione]] dei credenti tra loro e con i propri pastori è continuamente riformulata attraverso eloquenti immagini e analogie: la cetra, le corde, l'intonazione, il concerto, la sinfonia. È evidente la responsabilità peculiare dei Vescovi, dei presbiteri e dei diaconi nell'edificazione della comunità. Vale anzitutto per loro l'invito all'amore e all'unità. "''Siate una cosa sola''", scrive Ignazio ai Magnesi, riprendendo la [[preghiera sacerdotale|preghiera]] di [[Gesù]] nell'[[Ultima Cena]]:
 
{{quote|Un'unica supplica, un'unica mente, un'unica [[speranza]] nell'[[amore]]. (..) Accorrete tutti a Gesù Cristo come all'unico [[tempio]] di Dio, come all'unico [[altare]]: Egli è uno, e procedendo dall'unico [[Dio Padre|Padre]], è rimasto a Lui unito, e a Lui è ritornato nell'unità.|7,1-2}}
 
Ignazio, per primo nella letteratura cristiana, attribuisce alla Chiesa l'aggettivo ''[[cattolico|cattolica]]'', cioè ''universale'': "''Dove è Gesù Cristo, lì è la [[Chiesa cattolica]]''" (agli Smirnesi, 8,2). Nel servizio di unità alla Chiesa cattolica, la comunità cristiana di Roma esercita una sorta di primato nell'amore:

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