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==Sant'Ignazio di Antiochia nelle parole di Benedetto XVI==
Tra le principali personalità della Chiesa nascente figura sant'Ignazio, che è stato il terzo Vescovo di Antiochia, dal 70 al 107, data del suo martirio. In quel tempo Roma, Alessandria e Antiochia erano le tre grandi metropoli dell’Impero romano. Il [[Concilio di Nicea I]] parla di tre ''primati'': ovviamente, quello di Roma, ma vi erano poi anche Alessandria e Antiochia che vantavano un loro ''primato''.
Compiendo il suo viaggio attraverso l'Asia, sotto la custodia severa delle guardie'' ,che lui chiama ''dieci leopardi'' nella sua Lettera ai Romani 5,1, ''nelle singole città dove sostava, con prediche e ammonizioni, andava rinsaldando le Chiese; soprattutto esortava, col calore più vivo, di guardarsi dalle eresie, che allora cominciavano a pullulare, e raccomandava di non staccarsi dalla tradizione apostolica'' (3,36,3-4). La prima tappa del viaggio di
Nessun Padre della Chiesa ha espresso con l'intensità di Ignazio l'anelito all'unione con Cristo e alla vita in Lui. Perciò abbiamo letto il brano evangelico sulla vigna, che secondo il Vangelo di Giovanni è Gesù. In realtà, confluiscono in Ignazio due ''correnti'' spirituali: quella di Paolo, tutta tesa all’unione con Cristo, e quella di Giovanni, concentrata sulla vita in Lui. A loro volta, queste due correnti sfociano nell’imitazione di Cristo, più volte proclamato da Ignazio come ''il mio'' o ''il nostro Dio''. Così Ignazio supplica i cristiani di Roma di non impedire il suo martirio, perché è impaziente di ''congiungersi con Gesù Cristo''. E spiega: ''E’ bello per me morire andando verso (eis) Gesù Cristo, piuttosto che regnare sino ai confini della terra. Cerco Lui, che è morto per me, voglio Lui, che è risorto per noi ... Lasciate che io sia imitatore della Passione del mio Dio!'' (Romani 5-6). Si può cogliere in queste espressioni brucianti d’amore lo spiccato ''realismo'' cristologico tipico della Chiesa di Antiochia, più che mai attento all'incarnazione del Figlio di Dio e alla sua vera e concreta umanità: Gesù Cristo, scrive Ignazio agli Smirnesi, ''è realmente dalla stirpe di Davide'', ''realmente è nato da una vergine'', ''realmente fu inchiodato per noi'' (1,1).
L'irresistibile tensione di
L'unità da realizzare su questa terra da parte dei cristiani non è altro che un’imitazione, il più possibile conforme all’archétipo divino. In questo modo Ignazio giunge a elaborare una visione della Chiesa, che richiama da vicino alcune espressioni della Lettera ai Corinti di [[Clemente Romano]]. ''E’ bene per voi'', scrive per esempio ai cristiani di Efeso, ''procedere insieme d’accordo col pensiero del Vescovo, cosa che già fate. Infatti il vostro collegio dei presbiteri, giustamente famoso, degno di Dio, è così armonicamente unito al Vescovo come le corde alla cetra. Per questo nella vostra concordia e nel vostro amore sinfonico Gesù Cristo è cantato. E così voi, ad uno ad uno, diventate coro, affinché nella sinfonia della concordia, dopo aver preso il tono di Dio nell’unità, cantiate a una sola voce'' (4,1-2). E dopo aver raccomandato agli Smirnesi di non ''intraprendere nulla di ciò che riguarda la Chiesa senza il Vescovo'' (8,1), confida a Policarpo: ''Io offro la mia vita per quelli che sono sottomessi al Vescovo, ai presbiteri e ai diaconi. Possa io con loro avere parte con Dio. Lavorate insieme gli uni per gli altri, lottate insieme, correte insieme, soffrite insieme, dormite e vegliate insieme come amministratori di Dio, suoi assessori e servi. Cercate di piacere a Colui per il quale militate e dal quale ricevete la mercede. Nessuno di voi sia trovato disertore. Il vostro [[Battesimo]] rimanga come uno scudo, la fede come un elmo, la carità come una lancia, la pazienza come un’armatura'' (6,1-2).
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