Igino Vergilj
Igino Vergilj fu un sacerdote castellino e Protonotario apostolico della Chiesa cattolica.
Cenni biografici
Nacque a Castel Nuovo, l'antico nome di Castel Frentano, nel 1674, dalla nobile famiglia dei Baroni Vergilj.
Divenne sacerdote laureandosi in Diritto Canonico e in Sacra Teologia. Si recò a Roma come penitenziere e predicatore presso la chiesa Santa Trinità dei Monti. Quindi nominato, dalla Curia Romana al titolo di Protonotario Apostolico ritornò nella terra natia come Vicario Generale e luogotenente dell'Arcivescovo di Lanciano e successivamente, per decreto della Sacra Congregazione, Vicario vicereggente dell'Arivescovado Metropolitano di Chieti e difensore dell'immunità ecclesiastica. Nonostante questi incarichi venne sempre giudicato un sacerdote con integrità, prudenza, pazienza e carità.
Nel corso dei suoi incarichi fece costruire due chiese nel territorio dell'Arcidiocesi di Lanciano Ortona: la chiesa della Santissima Trinità a Castel Frentano, presso il proprio palazzo signorile, e la chiesa di Santa Elisabetta a Crecchio.
Uomo molto pio: si recava di notte, a piedi e scalzo, da Lanciano al Santuario di Santa Maria della Selva a Castel Frentano per pregare per il clero e il popolo. Fu sempre austero con la sua persona; usava il cilicio, rifiutò per cinque anni di mangiare carne, accontentatosi solamente di legumi.
All'età di 65 anni fu colpito da febbre e dolore nefritico, che sopportò con animo sereno. Dopo aver ricevuto i Sacramenti morì all'ora del tramonto del 16 gennaio 1739. Fu sepolto nella cappella della Santissima Trinità il giorno 19. Venne ricordato come Padre della Patria, benemerito rappresentante della sua terra, onore della sua famiglia e sollievo dei poveri.
Conservazione del corpo
Monsignor Vergilj è ricordato non solo per la sua vita di sacerdotale ma anche da un fatto insolito; 110 anni dopo la morte, nel 1848, fu disseppellito casualmente dal suo sepolcro e ritrovato con il corpo incorrotto. Il fatto fu costatato da tutta la famiglia Vergilj, dai medici, che a quel tempo trovarono inspiegabile il fatto, dal clero castellino, e dall'Arcivescovo Giacomo De Vincentiis e dal popolo. L'evento creò stupore tra il popolo che iniziò a chiamare Igino Vergilj "lu Beate Iggidie" in segno di ammirazione, tuttavia non fu aperto mai un processo di beatificazione, ma venne incentivata la preghiera personale per ottenere le grazie. L'ultima volta che il corpo fu esposto alla pubblica venerazione fu nel 1974 e oggi il corpo è ancora incorrotto nel suo sepolcro a distanza di due secoli dalla morte.