Penitenza: differenze tra le versioni

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{{Se cercavi|il [[Sacramento]]|[[Penitenza (Sacramento)]]}}
 
Il termine '''penitenza''' (dal [[lingua latina|latino]] ''paeniteo'') indica l'atteggiamento, interiore ''ed'' esteriore, di [[dolore dei peccati|dolore]] per i [[peccato|peccati]] commessi . È un atto religioso, [[persona|personale]] o [[comunità|comunitario]], che ha come termine l'[[amore]] di [[Dio]]; alla penitenza l'uomo ricorre per lo più come [[riparazione]] dei propri peccati.
 
La penitenza si traduce in varie forme esteriori: la [[preghiera]], il [[digiuno]], le opere di [[carità]], l'[[ascesi]] fisica.
 
== Nell'Antico Testamento ==
 
Nell'[[Antico Testamento]] si manifesta il senso religioso della penitenza<ref>[[Papa Paolo VI|Paolo VI]], ''[[Paenitemini]]'', I.</ref>. Ad essa l'uomo ricorre per lo più dopo il [[peccato]], per placare l'ira divina (cfr. {{pb|1Sam|7,6}}; {{pb|1Re|21,20.27}}; {{pb|Ger|36,9}}; {{pb|Gio|3,4-5}}), o in occasione di gravi [[calamità]] (cfr. {{pb|1Sam|31,13}}; {{pb|2Sam|1,12;3,35}}; {{pb|Bar|1,3-5}}; {{pb|Gdt|20,26}}), o nell'imminenza di particolari [[pericolo|pericoli]] (cfr. {{pb|Gdt|4,8.12}}; {{pb|Est|4,15-16}}; {{pb|Sal|34,13}}; {{pb|2Cr|20,3}}), o comunque allo scopo di ottenere benefici dal [[Signore]] (cfr. {{pb|1Sam|14,24}}; {{pb|2Sam|12,16.22}}; {{pb|Esd|8,21.22}}); tuttavia si può costatare come l'opera penitenziale ''esterna'' sia accompagnata da un atteggiamento interiore di [[conversione]], di condanna cioè e di distacco dal [[peccato]] e di tensione verso Dio (cfr. {{pb|1Sam|7,3}}; {{pb|Ger|36,6-7}}; {{pb|Bar|1,17-18}}; {{pb|Gdt|8,16-17}}; {{pb|Gio|3,8}}; {{pb|Zc|8,19.21}}).
 
Il penitente si priva del [[cibo]] e si spoglia dei propri beni, anche dopo che il peccato è stato [[perdono|perdonato]], anche indipendentemente dalla petizione. Il [[digiuno]] è generalmente accompagnato dalla [[preghiera]] e dall'elemosina (cfr. {{pb|Is|58,6-7}}; {{pb|Tb|12,8-9}}). Si digiuna e si usa il cilicio per affliggere "la propria anima" ({{pb|Lv|16,31}}), per [[umiltà|umiliarsi]] al cospetto di [[Dio]] ({{pb|Dn|10,12}}), per volgere la [[faccia]] verso [[YHWH]] ({{pb|Dn|9,3}}), per disporsi con più facilità alla preghiera (''ib.''), per comprendere più intimamente le cose divine, per prepararsi all'incontro con Dio ({{pb|Es|34,28}}).
 
La penitenza è quindi un atto [[religione|religioso]], [[Persona|personale]], che ha come termine l'[[amore]] e l'abbandono nel [[Signore]]: digiunare per Dio, non per se stessi ({{pb|Zc|7,5}}).
 
Attraverso i [[profeta|profeti]] YHWH invita continuamente alla sincerità della penitenza. Quando ciò non si realizza, il Signore si lamenta con il suo popolo ({{pb|Is|58,4}}). L'invito è a stracciarsi il [[cuore]] e non le vesti ({{pb|Gl|2,13}}<ref>Cfr. {{pb|Is|58,5-6}}; {{pb|Am|5}} ''passim''; {{pb|Is|1,13-20}}; {{pb|Ger|14,12}}; {{pb|Zc|7,4-14}}; {{pb|Tb|12,8}}; {{pb|Sal|50,18-19}}; ecc.</ref>.
 
Nell'Antico Testamento è forte l'aspetto [[società|sociale]] della penitenza: le [[liturgia|liturgie]] penitenziali dell'Antica [[Alleanza]] sono una presa di [[coscienza]] collettiva del peccato, ma costituiscono anche la condizione di appartenenza al [[Popolo di Dio]] ({{pb|Lv|23,29}}).
 
La penitenza è presentata come mezzo e [[segno]] di [[perfezione]] e di [[santità]]: [[Giuditta]] ({{pb|Gdt|8,6}}), [[Daniele]] ({{pb|Dn|10,3}}), la profetessa [[Anna (profetessa)|Anna]] e tante altre anime elette, "servirono Dio notte e giorno con digiuni e orazioni" ({{pb|Lc|2,37}}; {{pb|Sir|31,12.17-19;37,32-34}}), nella [[gioia]] e nell'allegria ({{pb|Zc|8,19}}; cfr. {{pb|Mt|6,17}}).
 
Tra i [[giusto|giusti]] dell'Antico Testamento si trova infine chi si offre a [[soddisfazione|soddisfare]], con la propria penitenza personale, per i peccati della comunità:
* [[Mosè]], nei [[quaranta]] giorni in cui digiuna per placare il Signore per le colpe del popolo infedele ({{pb|Dt|9,9.18}}; {{pb|Es|24,18}});
* il [[Servo del Signore]], il quale "si addossò le nostre infermità"; su di lui "il Signore ha fatto cadere le colpe di noi tutti" ({{Is|53,4-11}}).
 
== Nel Nuovo Testamento ==
 
[[Cristo]] passò [[quaranta]] [[giorno|giorni]] in [[preghiera]] e [[digiuno]] nel [[deserto]] prima di iniziare il suo [[minisitero pubblico]], e inaugurò la sua [[missione]] pubblica con l'annuncio della vicinanza del [[Regno di Dio]] accompagnato dall'invito alla [[conversione]] e a [[fede|credere]] nel [[Vangelo]] ({{pb|Mc|1,15}})<ref>[[Papa Paolo VI|Paolo VI]], ''[[Paenitemini]]'', I.</ref>: al [[Regno]] annunciato da [[Gesù]] si può accedere soltanto mediante la ''[[conversione|metánoia]]'', cioè attraverso quell'intimo e totale cambiamento e rinnovamento di tutto l'uomo, di tutto il suo sentire, giudicare e disporre, che si attua in lui alla luce della [[santità]] e della [[carità]] di Dio, che, nel Figlio, si sono manifestate e comunicate con [[pienezza]] agli uomini ({{pb|Eb|1,2}}; {{pb|Col|1,19}} e ''passim''; {{pb|Ef|1,23}} e ''passim'').
 
Cristo è il modello supremo dei penitenti: ha voluto subire la pena per i peccati non suoi, ma degli altri<ref>Cfr. ''[[Summa Theologiae]]'', III, q. 15, a. 1, ad 5.</ref>. Dinanzi a lui l'uomo può riconoscere sia la santità di Dio che la [[male|malizia]] del peccato (cfr. {{pb|Lc|5,8;7,36-50}}); attraverso la parola di Cristo gli viene trasmesso l'invito alla [[conversione]]: nel [[Battesimo]] gli è concesso il [[perdono]] dei peccati, e attraverso di esso il credente è configurato alla [[passione di Gesù|Passione]], [[morte di Gesù|Morte]] e [[Risurrezione di Gesù|Risurrezione]] del [[Signore]] ({{pb|Rm|6,3-11}}; {{pb|Col|2,11-15;3,1-4}}).
 
Seguendo il Maestro, ogni [[cristiano]] deve [[rinnegamento di sé|rinnegare se stesso]], prendere la propria [[croce]], [[partecipazione|partecipare]] alle [[sofferenza|sofferenze]] di Cristo; trasformato in tal modo in una [[immagine]] della sua morte, egli è reso capace di meritare la [[gloria]] della [[risurrezione]] ({{pb|Fil|3,10-11}}; {{pb|Rm|8,17}}). Seguendo Gesù, dovrà non più vivere per se stesso ({{pb|Rm|6,10;14,8}}; {{pb|2Cor|5,15}}; {{pb|Fil|1,21}}), ma per colui che lo [[amore|amò]] e [[offerta|diede]] se stesso per lui ({{pb|Gal|2,20}}), e dovrà anche vivere per i fratelli, portando a [[compimento]] "nella sua [[carne]] ciò che manca ai patimenti di Cristo... a favore del suo [[corpo di Cristo|corpo]] che è la [[Chiesa]]" ({{pb|Col|1,24}}).
 
Il compito di portare nel [[corpo]] e nell'[[anima]] la morte del Signore ({{pb|2Cor|4,10}}) investe tutta la vita del battezzato.
 
== Sistemazione dottrinale ==
 
=== Terminologia ===
 
La penitenza è una [[virtù]] [[cristianesimo|cristiana]]. Essa è in rapporto - pur non arrivando a identificarsi - con vari concetti simili:
* con la [[compunzione]], che è il [[dolore]] intenso dei [[peccato|peccati]] commessi;
* con il [[pentimento]], che è la condizione di chi riconosce in maniera matura il proprio peccato ed è disposto ad assumersene tutte le [[responsabilità]];
* con la [[conversione]] (''metánoia''), che ne è la traduzione in un impegno di vita nuova;
* con la [[mortificazione]], che è il rinunciare o il vivere distacco da qualche cosa, [[persona]], situazione, e soprattutto [[rinnegamento di sé|da se stessi]];
* con il [[perdono]], che dalla penitenza è invocato;
* con l'[[ascesi]].
 
La compunzione, il pentimento e la conversione stanno alla radice della penitenza: la vera conversione [[Vangelo|evangelica]] si prolunga nella vita penitente.
 
La virtù della penitenza si esprime in ''atti'' di pentimento (interni od esterni), e in uno ''stato'' di pentimento originato dal sapersi bisognosi di perdono e di [[misericordia]]<ref>A livello di pentimento si può parlare di un dolore di ''[[attrizione]]'' (terminologia che compare verso il [[XIII secolo]]) oppure di ''[[contrizione]]'', a seconda della motivazione che fonda il medesimo pentimento; l'attrizione è detta ''dolore imperfetto'', perché motivata più dal dolore della [[colpa]] commessa o dal disagio prodotto dal peccato; la contrizione si dice ''dolore perfetto'' perché più motivata dall'[[amore]] di Dio, offeso dal peccato personale.</ref>.
 
=== Nella vita cristiana ===
 
All'interno del [[Sacramento]] [[Penitenza (Sacramento)|omonimo]], la penitenza si esprime in un atto o [[preghiera]] di riconoscimento del proprio peccato e di pentimento, e che è seguita dall'[[assoluzione]] sacramentale. Tale atto è sottoposto al rischio di essere vissuto in senso [[pietismo|pietistico]] o [[formalismo|formalistico]], quasi fosse il pagamento o la [[riparazione]] compensatoria delle proprie mancanze.
 
La vera penitenza, invece, scaturisce dalla contemplazione e dall'esperienza della misericordia di Dio, tenuta davanti agli [[occhio|occhi]] nella sua espressione massima, che si ha nella [[morte di Gesù|croce]] di [[Cristo]]. In questa luce il sentimento, l'atteggiamento e l'azione di penitenza presenti nel Sacramento acquistano [[verità]] e consistenza cristiana.
 
Più difficile da capire oggi è la penitenza riparatrice, poiché l'attuale [[cultura]] è ormai appiattita sul [[consumismo|consumistico]] ''usa e getta''.
 
== Note ==
 
<references />
 
== Voci correlate ==

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