Figlio dell'uomo: differenze tra le versioni

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'''Figlio dell'Uomo''' è un'espressione che nell'[[Antico Testamento]] che si trova soprattutto nel [[profeta]] [[Ezechiele]], dove si riferirse alla condizione di fragilità del profeta. Con lo stesso significato l'espressione è stata ripresa da [[Gesù]] in riferimento a se stesso, mentre la riflessione [[cristologia|cristologica]] della [[Chiesa]] [[apostolo|apostolica]] l'ha usata, sulla base di {{pb|Dn|7,13}}, per riferirsi alla [[glorificazione]] di [[Cristo]].
'''Figlio dell'Uomo''' è un termine che assume differente significato nella [[Sacra Scrittura|Scrittura]] e non lo si può interpretare allo stesso modo fra [[Antico Testamento|Antico]] e [[Nuovo Testamento]].
 
Oltre che nella [[Bibbia]], l'espressione si trova anche nella letteratura [[Apocrifo|apocrifa]]: per esempio nel [[Libro di Enoch]] e in [[4 Esdra]].
Nell'antica economia infatti il senso del termine significa semplicemente ''uomo''. In [[Ezechiele]] esso indica il [[profeta]] stesso nella sua [[vocazione]] ad essere latore del messaggio di rinnovamento al popolo in esilio a [[Babilonia]], affinchè comprenda che la sua [[salvezza]] dipende dal solo rinnovamento interiore degli uomini interessati: essendo anch'egli un "figlio d'uomo", cioè un essere meschino e debole, potrà benissimo immedesimarsi nella situazione di fragilità del popolo a cui sta inviando il messaggio di [[conversione]]; in [[Daniele]] il termine attesta ad un rimando [[apocalisse|apocalittico]] per il quale il figlio dell'uomo rappresenta l'[[Israele]] [[escatologia|escatologico]] alla fine dei tempi, il cui dominio si estenderà fino ai limiti estremi della terra.
 
== Antico Testamento ==
Contrariamente al titolo di [[Cristo]], che [[Gesù]] non pronuncia mai, tale attribuzione di [[Figlio dell'Uomo]] è sempre sulla bocca di Gesù e indica il giudice definitivo escatologico: il [[giudizio]] alla fine della storia spetterà a [[Dio]] ma già adesso in Cristo vi è il preludio del [[giudizio finale]] atteso. Figlio dell'Uomo riferito a Cristo sottende quindi al giudice universale supremo che si attende alla fine ma che è già venuto nella persona di Cristo.
 
La forma ebraica è ''ben-adhàm'', con la variante aramaica ''bar ʿenàsh''. La [[LXX]] traduce ὑιός του ἀνθρὸπου, ''huiòs tou anthròpou'', e tale forma è usata anche dagli [[agriografo|agiografi]] del [[Nuovo Testamento]].
Il titolo però evince anche il carattere di [[umiltà]] e di debolezza dello stesso Cristo [[Signore]] nella sua condizione di sottomesso e abbassato fino alla [[morte]] di [[croce]]. Nella [[Risurrezione]] poi è significativamente sottolineata la dimensione di unità in Cristo del Dio con l'uomo, l'elemento umano con il divino, Dio che si fa piccolo in Cristo che si innalza.
 
Nell'anticaAntico economiaTestamento infatti il senso del terminel'espressione significa semplicemente ''uomo'' (cfr. {{pb|Is|51,12;56,2}}; {{pb|Sal|8,5;79,18}}; {{pb|Nm|23,19}}). In [[Ezechiele]] essoessa compare 93 volte ({{passo biblico|Ez|2,1.3.6.8;3,1.3.4.10.16.25}}), ed indica il [[profeta]] stesso nella sua [[vocazione]] ad essere latore del messaggio di rinnovamento al popolo in esilio a [[Babilonia]], affinchè comprenda che la sua [[salvezza]] dipende dal solo rinnovamento interiore degli uomini interessati: essendo anch'egli un "figlio d'uomo", cioè un essere meschino e debole, potrà benissimo immedesimarsi nella situazione di fragilità del popolo a cui sta inviando il messaggio di [[conversione]]; in [[Daniele]] il termine attesta ad un rimando [[apocalisse|apocalittico]] per il quale il figlio dell'uomo rappresenta l'[[Israele]] [[escatologia|escatologico]] alla fine dei tempi, il cui dominio si estenderà fino ai limiti estremi della terra.
[[Categoria: Teologia dogmatica]]
 
In [[Daniele]] ({{passo biblico|Dn|7,13}}) invece il termine attesta un rimando [[apocalisse|apocalittico]]: il figlio dell'uomo rappresenta l'[[Israele]] [[escatologia|escatologico]] ("il popolo dei santi dell'Altissimo" di {{passo biblico|Dn|7,27}}) alla [[fine dei tempi]], il cui dominio si estenderà fino ai limiti estremi della terra.
 
== Nuovo Testamento ==
 
Nei [[Vangelo|Vangeli]] l'espressione ricorre circa 80 volte; al di fuori di essi ricorre in {{pb|At|7,56}}, in {{pb|Eb|2,6}} e in {{pb|Ap|1,13;14,14}}.
 
Contrariamente al titolo di [[Cristo]], che [[Gesù]] non pronuncia mai, l'attribuzione di [[Figlio dell'Uomo]] è sempre sulla bocca di Gesù: essa corrisponde all'[[lingua aramaica|aramaico]] ''bar enasha'', che fu usata da Gesù per riferirsi a sé in maniera indiretta. In tali ''[[logia]]'' Gesù difende se stesso in una maniera sottile e ironica, evitando di fare una rivendicazione messianica aperta.
 
I detti autentici contenenti l'espressione sono nove. In essi Gesù non intendeva identificarsi con il Figlio dell'uomo di {{pb|Dn|7,13}}. Tale identificazione è da far risalire alla successiva riflessione [[cristologia|cristologica]] [[Chiesa|ecclesiale]]<ref>[[Angelico Poppi]] (1990), p. 225.</ref>.
 
In tale riflessione l'espressione indica il [[giudizio universale|giudice]] definitivo [[escatologia|escatologico]]: il [[giudizio]] alla [[fine dei tempi|fine della storia]] spetterà a [[Dio]], ma già adesso in Cristo vi è il preludio del [[giudizio finale]] atteso.
 
== Note ==
 
<references />
 
== Bibliografia ==
 
* [[Angelico Poppi]], ''Sinossi dei quattro Vangeli. Introduzione e commento'', [[EMP]], [[Padova]], 1990
 
== Voci correlate ==
 
* [[Cristo]]
* [[Messia]]
* [[Libro di Ezechiele]]
* [[Libro di Daniele]]
* [[Annunci della passione]]
 
[[Categoria:Teologia biblica]]
[[Categoria: Teologia dogmatica]]

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