Trinità: differenze tra le versioni

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=== I Padri apologisti ===
 
Con i [[Padri apologisti]] inizia ad apprezzarsi un forte influsso del pensiero [[filosofia|filosofico]] nella dottrinapresentazione esposta.del mistero Ciòtrinitario: avvieneciò si nota in [[Aristide]] (+ 140), in [[Giustino]] (+ [[163]]/7[[167]]) ed in [[Atenagora]] (+ [[177]]). Si rivolgono soprattutto ai pagani, per dimostrare che i cristiani non sono atei e che il politeismo è falso; ai giudei, per mostrare che Gesù è il Figlio di Dio e che non si nega il monoteismo; ai rappresentanti di numerose correnti e sette dualistiche, docetiste e gnostiche, per far loro vedere che il mondo non procede da Dio per emanazione necessaria, ma per libero atto creativo, e che non esistono due dèi, uno buono ed uno cattivo, che venivano rispettivamente identificati con il Dio dell'Antico Testamento e con il
Dio di Gesù.
 
I destinatari degli scritti dei ''Padri Apologisti'' sono diversi:
Evidentemente l'affermazione dell'unicità del Dio creatore e provvidente era la base delle loro argomentazioni<ref>Cfr. John N.D. Kelly, Il pensiero cristiano delle origini, cit., 110.</ref>, volte a mostrare la coerenza speculativa del monoteismo cristiano.
* sono soprattutto ai [[pagani]], ai quali i ''Padri'' vogliono dimostrare che i [[cristiano|cristiani]] non sono [[ateo|atei]] e che il [[politeismo]] è falso;
* sono poi i [[giudei]], ai quali si tratta di mostrare che [[Gesù]] è il [[Figlio di Dio]] e che tale insegnamento non nega il [[monoteismo]];
* sono infine i rappresentanti di numerose correnti e sette [[dualismo|dualistiche]], [[docetismo|docetiste]] e [[gnosi|gnostiche]], ai quali si tratta di far vedere che il [[mondo]] non procede da [[Dio]] per emanazione necessaria, ma per [[libertà|libero]] atto [[creazione|creativo]]; agli stessi i ''Padri'' vogliono dimostrare che non esistono due [[divinità|dèi]], uno [[male|cattivo]] e uno [[bene|buono]], identificati rispettivamente con il Dio dell'[[Antico Testamento]] e con il Dio di Gesù.
 
*Alla Aristide,base addelle esempioargomentazioni degli ''Apologisti'' vi è l'affermazione dell'unicità del Dio creatore e provvidente. Aristide, nella sua ''[[Apologia (Aristide)|Apologia]]'', indirizzata all'[[imperatore]] Antonino, sottolinea la [[trascendenza]] di Dio e fonda il suo ragionamento sulla considerazione del [[movimento]], della [[bellezza]] e dell'[[ordine]] del [[mondo]]. [[Taziano]], nel suo ''Discorso ai greci'' (n. 8), ricorre ad argomenti simili e mette in evidenza il fatto che Dio è ''àsarcos'', "privo di [[carne]]", e ''asòmatos'', "privo di [[corpo]]", al contrario degli dèi pagani, che hanno le stesse [[passione|passioni]] degli uomini e lottano tra loro.
* Taziano, nel suo Discorso ai greci, ricorre ad argomenti simili e mette in evidenza il fatto che Dio è àsarcos, cioè privo di carne, e asòmatos, cioè privo di corpo, al contrario degli dèi che hanno le stesse passioni degli uomini e lottano tra loro<ref>Discorso ai Greci, 8.</ref>.
 
In questo contesto iQuesti ''Padri'' riprendono la linea dimostrativa antimitologica, che aveva già caratterizzato il pensiero [[metafisica|metafisico]] di [[Platone]] ed [[Aristotele]].
 
In sintesi, gli ''Apologisti'' si muovono nell'ambito [[filosofia|filosofico]] del [[platonismo]] medio e cercano di esprimere il mistero cristiano mediante queste categorie. In questo modo si espongono al rischio del [[subordinazionismo]], ma riescono ad esprimere che in Dio ci sono [[tre]] [[Persona|Persone]] e a sviluppare una teologia del ''[[Logos]]'', fondamentale per raccordare il pensiero filosofico con la [[teologia]] cristiana. Pur non riuscendo ad esprimere con sufficiente forza l'unità delle tre Persone e lasciando in ombra lo [[Spirito Santo]], il loro pensiero costituisce un momento fondamentale nello sviluppo della dottrina trinitaria, in quanto si chieserochiedono il perché della distinzione tra [[Diuo Padre|Padre]] e [[Figlio di Dio|Figlio]], riuscendo ad individuare nella [[generazione]] il fondamento del rapporto tra la prima e la seconda Persona.
Il più importante degli apologisti è Giustino, morto martire a Roma attorno al 165: era filosofo e buon conoscitore di Platone e dello stoicismo. Dopo la conversione fondò a Roma una scuola filosofico-teologica. Delle sue opere si conservano solo le due Apologie e il Dialogo con il giudeo Trifone. Per primo cerca di riflettere sulla relazione tra messaggio cristiano e pensiero greco: fondandosi sulla dottrina della creazione ed alla identità tra il Dio creatore ed il Dio di Gesù Cristo mostra che il Dio dei filosofi è il Dio di Gesù Cristo. Per fare ciò, afferma con forza il primato della fede e della novità rivelata: "Sono cristiano, confesso di esserne orgoglioso e di lottare con ogni mezzo per essere riconosciuto come tale, non perché le dottrine di Platone siano estranee a quelle di Cristo, ma perché non sono del tutto simili, come, del resto, anche quelle di altri, Stoici, poeti e scrittori"<ref>Apologia seconda, 13, 2 (trad. di Giuseppe Girgenti-Rusconi, Milano 1995).</ref>. La forza delle sue parole è corroborata dalla morte come martire, estrema testimonianza dell'inviolabilità di questo primato della fede e vero compimento della sua vocazione filosofica.
 
==== Giustino ====
La dottrina di Giustino è particolarmente importante da un punto di vista trinitario. Prende le mosse dall'affermazione dell'ineffabilità divina: "Ma non esiste un nome che si possa imporre al Padre dell'universo, dato che è ingenerato. Infatti qualunque nome, con cui lo si chiami, richiede un essere più antico che gli abbia imposto tale nome. Le parole padre e Dio e creatore e signore e padrone non sono nomi, ma denominazioni derivate dai Suoi benefici e dalle Sue opere".<ref>Ibidem, 6, 1-2.</ref>
 
Il più importante degli apologisti è Giustino. La sua dottrina è particolarmente importante dal punto di vista trinitario. Giustino prende le mosse dall'affermazione dell'ineffabilità divina:
Nel Dialogo con il giudeo Trifone, Giustino usa una forma espressiva più vicina a quella della Sacra Scrittura, per mostrare al suo interlocutore che stanno parlando del medesimo Dio. Egli deduce a partire dal mandato battesimale gli attributi divini del Figlio e dello Spirito, ma riserva il nome Dio solo al Padre<ref>Apologia prima, 13, 3-4.</ref>. Alcune delle sue formulazioni dottrinali hanno un fondo subordinazionista, ma il problema riguarda il solo livello formale e non la sostanza del pensiero<ref>Cfr. L.F. Mateo-Seco, Subordinacionismo, in GER, 21, 705-706.</ref>.
 
La dottrina di Giustino è particolarmente importante da un punto di vista trinitario. Prende le mosse dall'affermazione dell'ineffabilità divina: "{{quote|Ma non esiste un [[nome]] che si possa imporre al [[Dio Padre|Padre]] dell'[[universo]], dato che è ingenerato. Infatti qualunque nome, con cui lo si chiami, richiede un essere più antico che gli abbia imposto tale nome. Le parole padre e [[Dio]] e [[creatore]] e [[signore]] e padrone non sono nomi, ma denominazioni derivate dai Suoi benefici e dalle Sue opere".<ref>Ibidem|''Apologia seconda'', 6, 1-2.<ref>[[Traduzione]] di Giuseppe Girgenti, Rusconi, [[Milano]] [[1995]]</ref>}}
Suo contributo principale alla riflessione trinitaria è la dottrina sul Logos, che procede dalla volontà del Padre<ref>Dialogo con il giudeo Trifone, 61.</ref>. Sotto l'influsso anche del platonismo, Giustino difende l'ineffabilità di Dio e cerca di distinguere il Padre dal Figlio, attribuendo le teofanie dell'Antico Testamento alla seconda Persona, in qualità di mediatore tra Dio ed il mondo. Il Padre, invece, rimarrebbe infinitamente distante dal mondo.<ref>Cfr. ibidem, 127-128. Vedasi anche X. Le Bachelet, Dieu. Sa nature d'apres les Pères, cit., 1031.</ref>
 
Nel ''[[Dialogo con il giudeo Trifone,]]'' Giustino usa una forma espressiva più vicina a quella della [[Sacra Scrittura]], pere mostraremostra al suo interlocutore che stanno parlando del medesimo Dio. Egli deduce a partireparte dal mandato [[Battesimo|battesimale]] di [[Gesù]] ({{pb|Mt|28,18-20}}) e ne deduce gli attributi divini del [[Figlio di Dio|Figlio]] e dello [[Spirito Santo]], ma riserva il nome ''Dio'' solo al Padre<ref>''Apologia prima'', 13, 3-4.</ref>. Alcune delle sue formulazioni dottrinali hanno un fondo subordinazionista, ma il problema riguarda il solo livello formale e non la sostanza del pensiero<ref>Cfr. L.F. Mateo-Seco, Subordinacionismo, in GER, 21, 705-706.</ref>.
In questo contesto viene inserita in ambito cristiano la dottrina stoica, che differenzia il Logos endiàthetos dal Logos prophorikós, cioè il verbo interiore ed il verbo proferito. Questa distinzione è fondata sul modo di conoscere dell'uomo, che prima sviluppa un concetto interiore e poi lo articola in una parola esteriore. Applicando a Dio questa dottrina, Giustino inizia a percorrere il cammino che condurrà all'analogia psicologica agostiniana. Limite di questo operazione è il rischio di far dipendere il Verbo, cioè la seconda Persona della Trinità, dalla creazione, così come la parola acquista consistenza solo nell'atto di essere proferita<ref>Cfr. Giustino, Apologia seconda, 6, 3.</ref>.
 
Alcune delle formulazioni dottrinali di Giustino hanno un fondo [[subordinazionismo|subordinazionista]], ma il problema riguarda il solo livello formale e non la sostanza del pensiero<ref>Cfr. {{autore|Lucas Francisco Mateo-Seco}}, ''Subordinacionismo'', in ''[[Gran Enciclopedia Rialp]]'', 21,705-706, ''[http://www.canalsocial.net/GER/ficha_GER.asp?id=11675&cat=religionnocristiana online]''.</ref>.
Il giudizio sul pensiero di Giustino deve tener presente che ci si trova all'inizio della riflessione trinitaria, quando si stanno ancora forgiando concetti e terminologia. Quanto detto a proposito del Logos prophorikós va inteso nel senso economico di rivelazione, e non come affermazione che riguarda l'immanenza trinitaria. Della terza Persona Giustino parla molto poco e gli attribuisce solo l'illuminazione dei profeti<ref>Cfr. ibidem, 144-145.</ref>.
 
Suo contributo principale alla riflessione trinitaria è la dottrina sul ''[[Logos]]'', che procede dalla [[volontà di Dio|volontà]] del Padre<ref>''[[Dialogo con il giudeo Trifone]]'', 61.</ref>. Sotto l'influsso anche del [[platonismo]], Giustino difende l'ineffabilità di Dio e cerca di distinguere il Padre dal Figlio, attribuendo le [[teofania|teofanie]] dell'[[Antico Testamento]] alla seconda [[Persona]], in qualità di [[mediatore]] tra Dio ed il mondo. Il Padre, invece, rimarrebbe infinitamente distante dal mondo.<ref>Cfr. ibidem''[[Dialogo con Trifone]]'', 127-128. Vedasi anche X.{{autore|Xavier Le Bachelet}}, ''Dieu. Sa nature d'apres les Pères'', citin ''[[Dictionnaire de la théologie catholique]]'', vol. IV, 1031.</ref>.
Taziano, invece, rispetto a Giustino sembra meno ortodosso anche nella sostanza, perché dice che il Logos è Dio ma che è l'opera prediletta del Padre<ref>Discorso ai Greci, 5, 2.</ref> e ricalca la differenza (non la distinzione) tra il Logos endiàthetos ed il Logos prophorikós<ref>Cfr. Teofilo di Antiochia, Ad Autolycum, 2, 22.</ref>.
 
In questo contesto viene inserita in ambito cristiano la dottrina [[stoicismo|stoica]], che differenzia il ''Logos endiàthetos'' ("[[Verbo]] interiore") dal ''Logos prophorikós,'' cioè il verbo interiore ed il verbo("Verbo proferito"). Questa distinzione è fondata sul modo di [[conoscenza|conoscere]] dell'[[uomo]], che prima sviluppa un concetto interiore e poi lo articola in una parola esteriore. Applicando a Dio questa dottrina, Giustino inizia a percorrere il cammino che condurrà all'[[analogia]] [[psicologia|psicologica]] agostinianadi [[Sant'Agostino d'Ippona|Agostino]]. Limite di questo operazione è il rischio di far dipendere il Verbo, cioè la seconda Persona della Trinità, dalla creazione, così come la parola acquista consistenza solo nell'atto di essere proferita<ref>Cfr. {{autore|[[Giustino]]}}, ''Apologia seconda'', 6, 3.</ref>.
Anche Atenagora presenta una incipiente riflessione trinitaria. Ad esempio, confutando l'accusa di ateismo rivolta ai cristiani, scrive: "Chi dunque non rimarrebbe attonito nell'udire che vengono detti atei quelli che riconoscono Dio Padre e Dio Figlio e lo Spirito Santo, che ne dimostrano e la potenza nell'unità e la distinzione nell'ordine?"<ref>Supplica intorno ai cristiani, 10, 5: PG 6, 908.</ref>.
 
Il giudizio sul pensiero di Giustino deve tener presente che ci si trova all'inizio della riflessione trinitaria, quando si stanno ancora forgiando concetti e terminologia. Quanto detto a proposito del ''Logos prophorikós'' va inteso nel senso [[Trinita economica|economico]] di [[rivelazione]], e non come affermazione che riguarda l'[[Trinità immanente|immanenza]] trinitaria. Della terza Persona Giustino parla molto poco e gli attribuisce solo l'illuminazione dei profeti<ref>Cfr. ibidem, 144-145.</ref>.
Teofilo di Antiochia fu il primo ad usare l'espressione Trinità (Triade), per riferirsi a Dio, al Verbo e alla Sapienza<ref>Cfr. Ad Autolycum, 2, 15.</ref>, anche se non siamo sicuri che stesse pensando veramente a tre Persone divine. Più tardi, sarà Origene ad utilizzare il termine in senso sicuramente trinitario<ref>Cfr. L. Scheffczyk, Formulación del Magisterio e historia del dogma trinitario, in J. Feiner, M. Löhrer, Mysterium Salutis II, cit., 145) e B. Sesboüé (ed.), Historia de los dogmas, I. El Dios de la salvación, cit., 128-129.</ref>.
 
Della terza Persona della Trinità, infine, Giustino parla molto poco, e gli attribuisce solo l'illuminazione dei profeti<ref>Cfr. {{autore|Leo Scheffczyk}}, ''Formulación del Magisterio e historia del dogma trinitario'', in {{autore|Johannes Feiner}}, {{autore|Magnus Löhrer}}, ''Mysterium Salutis'', vol. II, 144-145.</ref>.
In sintesi, gli Apologisti si muovono nell'ambito filosofico del platonismo medio e cercano di esprimere il mistero cristiano mediante queste categorie. In questo modo si espongono al rischio del subordinazionismo, ma riescono ad esprimere che in Dio ci sono tre Persone e a sviluppare una teologia del Logos, fondamentale per raccordare il pensiero filosofico con la teologia cristiana. Pur non riuscendo ad esprimere con sufficiente forza l'unità delle tre Persone e lasciando in ombra lo Spirito Santo, il loro pensiero costituisce un momento fondamentale nello sviluppo della dottrina trinitaria, in quanto si chiesero il perché della distinzione tra Padre e Figlio, riuscendo ad individuare nella generazione il fondamento del rapporto tra la prima e la seconda Persona.
 
==== Gli altri Padri Apologisti ===
 
[[Taziano, invece]], rispetto a Giustino, sembra meno ortodosso anche nella sostanza, perché dice che il ''[[Logos]]'' è [[Dio]] ma che è l'opera prediletta del [[Dio Padre|Padre]]<ref>''Discorso ai Greci'', 5, 2.</ref>, e ricalca la differenza (non la distinzione) tra il ''Logos endiàthetos'' ed il ''Logos prophorikós¡¡<ref>Cfr. {{autore|[[Teofilo di Antiochia]]}}, ''Ad Autolycum'', 2, 22.</ref>.
 
Anche [[Atenagora]] presenta una incipiente riflessione trinitaria. Confutando l'accusa di [[ateismo]] rivolta ai cristiani, scrive:
 
Anche Atenagora presenta una incipiente riflessione trinitaria. Ad esempio, confutando l'accusa di ateismo rivolta ai cristiani, scrive: "{{quote|Chi dunque non rimarrebbe attonito nell'udire che vengono detti atei quelli che riconoscono [[Dio Padre]] e Dio [[Figlio di Dio|Figlio]] e lo [[Spirito Santo]], che ne dimostrano e la potenza nell'unità e la distinzione nell'ordine?"<ref>|''Supplica intorno ai cristiani'', 10, 5: ''[[PG]]'' 6, 908.</ref>.}}
 
[[Teofilo di Antiochia]] fu il primo ad usare l'espressione "Trinità" (Triade), per riferirsi a Dio, al [[Verbo]] e alla [[Sapienza]]<ref>Cfr. ''Ad Autolycum'', 2, 15.</ref>, anche se non siamo sicuri che stesse pensando veramente a [[tre]] [[Persona|Persone]] divine. Più tardi, sarà [[Origene]] ad utilizzare il termine in senso sicuramente trinitario<ref>Cfr. L.{{autore|Leo Scheffczyk}}, ''Formulación del Magisterio e historia del dogma trinitario'', in J.{{autore|Johannes Feiner}}, M.{{autore|Magnus Löhrer}}, ''Mysterium Salutis II'', citvol. II, 145); e B.{{autore|Bernard Sesboüé}} (ed.a cura di), ''Historia de los dogmas'', I. ''El Dios de la salvación'', cit.[[Salamanca]] 1994, p. 128-129.</ref>.
 
=== Ireneo e la struttura trinitaria della salvezza ===
La più importante era quella di Alessandria, che, insieme ad Atene ed Antiochia, rappresentava uno dei poli principali del mondo di lingua greca, punto di contatto fra culture. Questa città era un centro filosofico e teologico, particolarmente importante anche per il giudaismo, in quanto presso di essa si realizzò la traduzione dei LXX, cioè la versione in greco della Bibbia ebraica, e sempre in questa città Filone scrisse le sue opere, che avranno un grande influsso sui Padri sia del III che del IV secolo.
 
Rappresentanti principali della scuola sono Clemente (+211†211/215) ed Origene (+254†254-255).
 
Caratteristica principale dell'impostazione alessandrina è l'uso con senso già critico della filosofia greca nelle formulazioni teologiche. Filosofia ed ermeneutica sono considerate come strumenti di lavoro ed assumono una grande importanza per i punti di contatto con il platonismo, a livello di ideale spirituale contemplativo e di esegesi, con lo sviluppo dell'allegoria, che già aveva caratterizzato l'opera di Filone. Ricorrono abbondantemente alla teologia del Logos ed utilizzano una cristologia discendente. In alcuni casi rimangono troppo dipendenti dalle filosofie a cui attingono, come si nota in Origene, che sviluppa una antropologia che rischia di cadere nel dualismo.

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