San Tommaso d'Aquino: differenze tra le versioni

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|LuogoMorte = Abbazia di Fossanova
|LuogoMorteLink=Abbazia di Santa Maria di Fossanova (Priverno)
|GiornoMeseMorte = 7 marzo
|AnnoMorte = 1274
|età =S
|Epoca=1200
|Nazionalità=italiano
|PostNazionalità = . [[Papa Pio V|Pio V]], nel [[1567]], lo proclamò [[dottore della Chiesa]] e [[Papa Leone XIII|Leone XIII]], il [[4 agosto]] [[1880]], [[patrono]] delle scuole e [[università cattoliche]]
|voto=frate
|lVest=
|aVest=
|lPR=
|gmPR= aprile
|aPR=1244
|lO= Colonia
|aB=
|pB=
|gmS= 18 luglio
|aS=1323
|cS=
|pS=Giovanni XXII
|venerato da = [[Chiesa cattolica]]
|ricorrenza= 28 gennaio
|martirologio=[[Memoria (liturgia)|Memoria]] di san Tommaso d'Aquino, [[presbitero|sacerdote]] dell'[[Ordine dei Predicatori]] e [[dottore della Chiesa]], che, dotato di grandissimi doni d'intelletto, trasmise agli altri con discorsi e scritti la sua straordinaria [[sapienza]]. Invitato dal beato [[Papa Gregorio X]] a partecipare al [[Concilio di Lione II|secondo Concilio Ecumenico di Lione]], [[Morte|morì]] il [[7 marzo]] lungo il viaggio nel [[Abbazia di Fossanova|monastero di Fossanova]] nel [[Lazio]] e dopo molti anni il suo corpo fu in questo giorno traslato a [[Tolosa]].
|martirologionumero=1
|martirologiosecondario=Nel monastero [[cistercense]] di Fossanova nel Lazio, transito di san Tommaso d'Aquino, la cui memoria si celebra il [[28 gennaio]]
|martirologiosecondarioricorrenza= 7 marzo
|martirologiosecondarionumero=9
|altre ricorr = [[8 marzo]] ([[Chiesa luterana]])
|santuario principale=
|attributi= Libro, sole sul petto, penna, colomba, bue
}}
 
Rappresenta uno dei principali pilastri teologici della [[Chiesa cattolica]], ma, per il suo metodo di lavoro e per la sua apertura mentale, è punto di riferimento anche per pensatori contemporanei (teologi e filosofi) non di [[fede]] [[Cattolicesimo|cattolica]].
 
Una fondamentale sua caratteristica è la capacità di leggere in modo sia sempre rispettoso sia sempre nuovo anche questioni della filosofia classica, con riferimenti a maestri come [[Socrate]], [[Platone]], [[Aristotele]], ma anche ai loro commentatori successivi, sia tardoantichi sia ebrei sia musulmani. La luce della fede, collocata nel giusto rapporto con quella della ragione, nonché la profonda conoscenza della [[Bibbia]] e dei [[Padri della Chiesa]] ne fanno un maestro anche per i tempi di oggi.
== Biografia ==
 
Tommaso d'Aquino nacque a Roccasecca<ref>Secondo alcune tesi, minoritarie, datate e di stampo localistico, San Tommaso sarebbe nato a Belcastro. Fra queste, si segnalano quelle di Fra [[Giovanni Fiore da Cropani]], storico [[Calabria|calabrese]] del [[XVII secolo]], che lo indica nella sua opera ''Della Calabria illustrata'', di [[Gabriele Barrio]] nella sua opera ''De antiquitate et situ Calabriae'' e di Padre [[Girolamo Marafioti]], [[teologo]] dell'ordine dei [[Minori Osservanti]], nella sua opera ''Croniche ede antichità di Calabria''.</ref>, nel feudo dei conti d'[[Aquino]] ([[Frosinone]]), nel [[1225]].
 
Figlio di Landolfo, nobile di origine longobarda e Teodora, il piccolo Tommaso, a soli cinque anni, fu inviato come [[oblato]] nella vicina [[Abbazia di Monte Cassino]] per ricevere l'[[educazione]] religiosa.
[[File:Castello di Monte San Giovanni Campano 9.jpg |Il [[Castello di Monte San Giovanni Campano]], dove fu rinchiuso san Tommaso d'Aquino|thumb|250px]]
 
A quattordici anni Tommaso si trasferì a [[Napoli]], dove si dedicò allo studio delle arti all'[[Università]] degli Studi di Napoli "Federico II", presso il [[convento]] di [[Chiesa di San Domenico Maggiore (Napoli)|San Domenico Maggiore]]. È così che, pur fortemente ostacolato dalla [[famiglia]], fece richiesta nel [[1244]] di essere ammesso all'[[Ordine domenicano]], cosa che avvenne a fine [[aprile]] dello stesso anno.
 
I suoi superiori, avendone intuito il precoce talento e per consentirgli il completamento degli studi, lo inviarono a [[Parigi]], ma il giovane, prima che potesse giungervi, fu catturato dai suoi familiari e ricondotto al castello paterno di Monte San Giovanni Campano.
 
Il periodo di prigionia, che durò un [[anno]], fu caratterizzato dalle pressioni della [[famiglia]] che voleva fargli rinunciare all'abito domenicano e si concluse, per intercessione di [[Papa Innocenzo IV]], con la [[liberazione]] (o, secondo alcuni biografi, con la fuga) di Tommaso.
 
Dopo brevi soggiorni, prima a Napoli e poi a [[Roma]], nel [[1248]] Tommaso giunse a [[Colonia]] in [[Germania]] per seguire le lezioni di [[Sant'Alberto Magno]]<ref>Si racconta che [[Sant'Alberto Magno]] prese le difese di Tommaso quando i compagni lo chiamavano "il [[bue]] [[muto]]"; Sant'Alberto avrebbe preconizzato: "Ah! Voi lo chiamate il bue muto! Io vi dico, quando questo bue muggirà, i suoi muggiti si udranno da una all'altra estremità della terra!".</ref>, [[filosofo]] e [[teologo]] [[Germania|tedesco]], la cui dottrina cercò di conciliare l'[[Aristotelismo]] con il [[Cristianesimo]], considerando il metodo empirico di [[Aristotele]] molto utile per le scienze naturali e, dal momento che [[scienza e fede]] non sono contrastanti, indirettamente giovevole anche per la [[fede]] cristiana: conoscere meglio la natura equivale a conoscere meglio l'opera del Creatore. Tommaso fece sua questa istanza di Alberto.
È dibattuto il rapporto che Tommaso ebbe con Aristotele, ma, a questo proposito, dice [[Marcello Landi]]:
 
{{quote|Si può ridurre Tommaso ada un aristotelico tardo? In effetti, per motivi storici e teoretici è meglio fare l'operazione contraria: cercare, cioè, di cogliere la peculiarità e l'originalità del [[tomismo]] rispetto all'aristotelismo, se si vuole capire il modo di pensare dell'Aquinate, il cui punto di vista tiene conto di quanto è intervenuto, nel frattempo, in [[Occidente]]: l'arrivo del Cristianesimo e del pensiero da esso suscitato. Tommaso, insomma, ha assimilato Aristotele al Cristianesimo, non ha fatto l'operazione contraria.|Marcello Landi, Salvatore Muscolino, ''[http://bfp.sp.unipi.it/rec/muscolino.htm Il problema della legge naturale in san Tommaso e Rosmini]'', in ''[[Bollettino telematico di filosofia politica]]''}}
 
=== L'insegnamento ===
A [[Colonia]], nel [[1250]] o nell'anno successivo, diventa [[sacerdote]]. Dal [[1252]] invece Tommaso insegnò all'[[Università di Parigi]], iniziando come ''baccalarius biblicus'' e dopo [[quattro]] anni poté tenere la sua prima lezione in [[cattedra]].
 
Nel frattempo, Tommaso combatté contro gli [[Averroismo|averroisti]]<ref>Si tratta dei seguaci del [[filosofo]] [[arabi|arabo]] [[Averroè]], secondo cui l'[[anima]] umana singolarmente presa è mortale.</ref>, che ritenevano la [[fede]] inconciliabile con la [[ragione]]. Secondo Tommaso, invece, la ragione supera le fede, ma non si oppone ada essa.
 
Tommaso cercò anche, contro l'opinione del dominante indirizzo [[Sant'Agostino d'Ippona|agostiniano]], filosoficamente [[platonismo|platonico]] o [[neoplatonismo|neoplatonico]], di mostrare la conciliabilità dell'impostazione aristotelica - ovviamente interpretata in modo diverso da quanto facevano gli averroisti e, dove occorreva, opportunamente corretta - con la fede cristiana; Tommaso, in questa operazione, non scadde mai nella polemica, citando anzi sempre con grande stima lo stesso [[Sant'Agostino]]; a tal proposito, è da rilevare che fu personalmente in ottimi rapporti con uno dei massimi esponenti contemporanei dell'agostinismo, [[San Bonaventura]].
Restò pertanto incompiuta la sua ''"Summa Theologiae"'', in particolare l'ultimo trattato ''"De Poenitentia"''.
 
Nel [[gennaio del]] [[1274]] [[papa Gregorio X]] gli ordinò di presenziare al [[Concilio di Lione II]], per verificare in cosa consistessero le divergenze tra la [[Chiesa latina]] e quella [[Chiesa ortodossa|greca]] e se fosse possibile appianarle; Tommaso, anche se non in buone condizioni di [[salute]], si mise in viaggio.
 
Durante il tragitto si fermò presso il castello di Maenza, da sua nipote Francesca maritata con il conte Annibaldo de Ceccano, signore di Maenza, ma la sua [[malattia]] si aggravò.
=== L'ipotesi sulla morte ===
 
[[Dante Alighieri]], nella ''[[Divina Commedia]]'', sostiene che il teologo sia stato avvelenato per ordine di Carlo d'Angiò<ref>''[[Purgatorio]]'', canto XX, v. 69.</ref>; il Villani<ref>''Cronache'' IX, 218.</ref> riprende questa credenza, mentre l'<nowiki></nowiki>''Anonimo Fiorentino'' descrive il crimine e le sue motivazioni. Il Muratori, al contrario, riproducendo il resoconto di uno degli amici del teologo, non fa accenni ada eventuali congiure. Anche il semplice sospetto, comunque, ci comunica la convinzione dei contemporanei che l'opera di Tommaso, con la sua chiara distinzione tra potere spirituale e potere temporale, fosse pericolosa per il partito [[guelfo]], rappresentato dall'Angiò.
 
== Pensiero ==
La certezza nell'[[universalità|universale]] capacità umana di ragionare fa di Tommaso un grande sostenitore del metodo dialogico (cfr. la ''Summa contra gentiles''), capace, come si vede in ogni sua opera, di accogliere senza [[pregiudizio]] qualunque contributo di riflessione possa avvicinare alla [[verità]], da qualunque ambiente esso provenga: [[cristianesimo|cristiano]] o [[islam|musulmano]], [[ebraismo|ebreo]] o [[paganesimo|pagano]].
 
Giungere alla pienezza della verità, che Tommaso identifica con [[Dio]], non è, però, alla portata della sola ragione umana: dobbiamo fare ricorso ada una superiore fonte di [[conoscenza]]: la [[Rivelazione]]. Per Tommaso però "superiore" non vuol dire "contrastante". Tommaso è molto lontano dalla teoria della doppia verità degli [[averroismo|averroisti]] [[lingua latina|latini]], i quali ritenevano, secondo l'impostazione di [[Sigieri di Brabante]], che la [[fede]] e la ragione potessero rispondere in modo non solo diverso, ma addirittura opposto alla stessa domanda e che si dovessero tenere per buone entrambe le risposte. Per lui, invece, la fede e la ragione, se rettamente intese, non possono mai essere in contrasto tra loro, provenendo entrambe da Dio; la differenza tra esse sta nel fatto che la seconda, anche quando parla di Dio, lo fa a partire dalla sua [[manifestazione]] nella [[natura]], mentre la prima è fondata sulla conoscenza che Dio stesso ha di sé. Da qui deriva il suo primato.
 
La [[teologia]], che si basa sulla Rivelazione divina e che è una scienza per gli uomini solo in quanto subalterna alla scienza di Dio, ha lo stesso statuto [[epistemologia|epistemologico]] di altre scienze quali la prospettiva e la musica, che ricevono, senza né dimostrarli né poterli considerare di per sé evidenti, i propri principi di [[lavoro]] rispettivamente dalla geometria e dall'aritmetica.
* l'affermazione, in [[gnoseologia]], che l'illuminazione intellettiva deriva all'uomo non direttamente da Dio, ma da Dio (causa principale) attraverso l'intelletto agente (causa strumentale) che, con queste premesse, non può che essere individuale, contro le teorie di [[Alessandro di Afrodisia]], di [[Avicenna]] e di [[Averroè]].
 
L'antropologia assunta, dunque, è quella aristotelica: l'uomo non è un'[[anima]] che si serve di un [[corpo]], ma è un composto corpo-anima, un [[sinolo]], una creatura al confine tra mondo della materia e mondo degli esseri spirituali. Il che, tra l'altro, concorda con la dottrina cristiana della [[resurrezionerisurrezione dei corpi]], dottrina più forte e caratterizzante della semplice affermazione della sopravvivenza delle anime. Proprio quell'Aristotele che pareva così lontano dal [[Cristianesimo]] aiuta quindi, secondo Tommaso, a capirne meglio gli insegnamenti.
 
Fatto notare che l'intima unione tra corpo e anima comporta che ogni nostra conoscenza derivi dai sensi, Tommaso coglie l'occasione per interrogarsi sull'oggetto proprio del conoscere umano (noi cogliamo le nostre stesse percezioni o cogliamo, attraverso le percezioni, delle realtà esterne a noi?) e, scartato l'[[idealismo]] gnoseologico, si orienta verso il [[realismo]], sottolineando la capacità intuitiva del nostro intelletto.
* Oppure appartengono solo al nostro modo di conoscere e denominare le cose, non essendo altro che puri nomi, o al massimo concetti?
 
L'Aquinate, dunque, ricordando la posizione di Boezio - che ricercava una mediazione tra Platone ede Aristotele e che poneva, come era usuale in età patristica, le Idee di Platone nella mente di Dio - attribuisce agli universali una sussistenza sia nella mente di Dio, come possibilità di partecipazione dell'essere (''ante rem''), sia nelle cose come loro essenza (''in re''), sia nella mente dell'uomo come concetto (''post rem'').
 
=== La filosofia dell'essere ===
[[File:San tommaso d'aquino con la summa, angelico san marco.jpg|thumb|300px|{{Autore|[[Beato Angelico]]}}, ''San Tommaso d'Aquino con la "[[Summa Theologiae]]"'' ([[1442]] ca.), affresco; [[Firenze]], Museo di San Marco, [[chiostro]] di S. Antonino, lunetta]]
 
Lo studio dell'essere è il cuore del pensiero di Tommaso, che ha creato una vera e propria ''filosofia dell'essere'': rovesciando l'idea aristotelica della centralità della sostanza ede accogliendo i suggerimenti di [[Avicenna]], che afferma la necessità, nel considerare gli enti, di tenere distinte l'essenza e l'esistenza, Tommaso attribuisce all'essenza una posizione di semplice potenza in confronto a quel particolare atto che è l'atto di essere (cfr. il ''De ente et essentia''), perfezione prima di ogni ente.
 
Come in Aristotele era chiara la distinzione tra ''essere in potenza'' ed ''essere in atto'', altrettanto chiaramente Tommaso elabora il concetto di ''essere come atto''. ''Essere'' non indica una semplice presenza, ''essere'' indica un'attività, la più alta e completa delle attività. L'essenza è addirittura ciò che, determinando e coartando l'essere, lo limita e lo impoverisce: l'essenza umana, che mi è propria, stabilisce in quali modi posso essere, ma contemporaneamente stabilisce anche in quali modi non mi è assolutamente dato di poter essere. Da questo punto di vista, [[Dio]], che non ha limiti, non ha altra essenza se non l'esistenza: semplicemente ''è'', senza distinzioni e senza composizioni; le creature, invece, ''hanno'' l'essere, cioè ne [[partecipazione (filosofia)|partecipano]] solamente, sono ''composte'' di essenza e di esistenza: perciò, anche quando esistono di fatto, sono sempre [[contingenza|contingenti]], cioè tali da poter anche non essere.
 
''Partecipazione'' è il concetto che esprime sul piano ontologico quello che è ''[[analogia]]'' sul piano logico, indicando il possesso parziale di una realtà che altrove è presente nella sua [[pienezza]]. Già Aristotele aveva individuato quella che usualmente è definita ''analogia di attribuzione''<ref>Esempio: anche se propriamente la salute si predica solo di un vivente, si attribuisce ada un cibo l'aggettivo "sano" perché causa salute in chi ne mangia.</ref>; da parte sua, Tommaso coglie anche l'analogia di proporzionalità<ref>Esempio due soggetti possiedono realmente e propriamente una data qualità, benché in grado diverso, come quando qualifichiamo intelligente un animale ede un uomo.</ref> ''Essere'' è un concetto analogico non solo secondo il primo modo, come ha visto Aristotele, ma anche secondo l'altro.
 
La nozione di analogia rende possibile a Tommaso affrontare la diatriba tra teologia [[catafasi|catafatica]]-affermativa ed [[apofasi|apofatica]]-negativa senza né schiacciarsi su una delle due posizioni (il sostenere che sia possibile parlare di Dio utilizzando sostanzialmente i concetti umani oppure il negare che a Dio si possa attribuire alcunché, se non in modo negativo o causativo) né porsi in una banale equidistanza: il modo con cui diamo dei "nomi" (sostantivi odo aggettivi) a Dio deve prevedere tre passaggi:
* affermare (es.: "Dio è buono");
* negare (es.: "Dio non è buono come lo sono le creature");
# dalla causalità efficiente: si procede in modo analogo al caso precedente, applicando il procedimento al fatto che osservo l'esistenza di realtà che non si spiegano da sé, ma sono effetto di qualcos'altro; anche in questo caso deve esistere una causa efficiente prima, che chiamiamo Dio: si noti che l'argomento usa un metodo aristotelico per raggiungere conclusioni molto lontane da Aristotele stesso, in quanto secondo lo Stagirita Dio non è causa efficiente del mondo, ma ne è solo causa finale;
# dalla riflessione sulla [[contingenza]]: l'esperienza ci attesta che esistono cose che possono essere come non essere, cioè sono contingenti (in cui, dunque, l'essenza non comprende l'esistenza); ma cose siffatte talvolta sono talvolta no; dunque, se esistono solo cose contingenti, deve necessariamente esserci stato un momento in cui esse tutte insieme non erano; perciò dobbiamo ammettere l'esistenza di qualcosa di necessario, in cui cioè l'essenza comprenda l'esistenza: tale cosa tutti chiamano Dio;
# dai gradi di [[perfezione]]: se possiamo osservare, nel mondo, cose con una "perfezione" posseduta in grado più o meno elevato, dobbiamo ammettere l'esistenza di quella perfezione ada un livello massimo; tale livello assoluto di perfezione, richiesto dal relativo che noi vediamo, è normalmente chiamato Dio;
# dalla considerazione che vi sono oggetti naturali non dotati di volontà che agiscono però in modo ordinato e finalizzato: infatti, sempre, o per lo più, essi operano in un determinato modo; il che richiede che un essere intelligente abbia dato razionalità al cosmo: quest'essere è quello che chiamiamo Dio.
 
Una versione sintetica di questi argomenti è presente nella ''[[Summa Theologiae]]'', mentre se ne può trovare una discussione più approfondita, anche se solo di alcuni, nella ''[[Summa contra Gentiles]]''. I richiami teoretici sono: per le prime due vie ad [[Aristotele]] (sia pure con la precisazione sopra esposta), per la terza ad [[Avicenna]], per le ultime due ad [[Agostino]] ede al [[platonismo]], per l'ultima anche a Socrate.
 
=== Etica e politica ===
 
Oltre che fondamento e causa efficiente del mondo, Dio ne è anche il fine: nell'[[uomo]], in particolare, l'agire consapevole è sempre in vista di un fine. Ma c'è un ''[[fine ultimo]]'', criterio di ogni atto di scelta? Sì: è raggiungere la [[beatitudine]], che Tommaso intende in senso oggettivo: quella realtà capace di rendere beati. Tale può essere solo il bene infinito, perché i beni finiti non ci possono quietare in tutti i nostri desideri, ede il bene infinito, l'infinito essere, è Dio.
 
Il mio personale stato di benessere soggettivo è allora conseguenza del raggiungimento del fine, non è fine esso stesso. Così la [[legge]] è soltanto mezzo per raggiungere il fine, non fine essa stessa. Nel momento in cui [[obbedienza|obbedire]] alla legge (qualsiasi legge) mi allontana dal fine, la legge non vale più. Tommaso parla nella ''[[Summa Theologiae]]'' di una speciale [[virtù]] che aiuta a capire quando è il momento di disobbedire.
# [[legge eterna]], nella mente di [[Dio]] e pertanto non conoscibile da noi in modo diretto;
# [[legge naturale]], che è una partecipazione della prima e si può cogliere con la [[ragione]];
# [[legge positiva]], che è posta dagli uomini e non deve contrastare la legge naturale, pena la perdita di validità: ''posso'' ribellarmi ada una legge che calpesti un mio [[diritto]] naturale, ''devo'' farlo se la legge vuole impormi di calpestare un diritto altrui<ref>È significativo, a questo proposito, che per Tommaso anche una convinzione sinceramente ede inconsciamente errata legittima alla resistenza, poiché prevale [[morale|moralmente]] l'assenso alla propria [[coscienza]] per quanto oggettivamente in errore.</ref>;
# [[legge divina]], che vale per chi accetta il [[Cristianesimo]] e non può essere imposta a chi è fuori dalla [[Chiesa]].
 
Questa concezione del diritto fonda la reciproca autonomia dei poteri [[politica|politico]] e religioso: Tommaso, contrario alla [[teocrazia]], afferma che l'autorità politica è legittimata da Dio attraverso il consenso popolare, non attraverso il [[Papa]]. La società migliore, anzi, è quella in cui tutti sono elettori e tutti eleggibili<ref>''Summa Theologiae''.</ref>.
 
Interessante, aal riguardo della legge naturale, è il fatto che esista una gerarchia nei diritti naturali: ad esempio, quello alla [[proprietà]] è subordinato e funzionale, al diritto alla [[vita]]. Ne deriva che, qualora il diritto alla vita di qualcuno si possa affermare solo con l'appropriazione di beni (magari superflui) altrui, quest'appropriazione è pienamente giustificata; la [[proprietà privata]], insomma, per quanto in sé legittima, va sempre coniugata con un uso sociale dei beni.
 
Le riflessioni dell'Aquinate sul diritto naturale si sono rivelate di grande importanza nella storia del pensiero occidentale, soprattutto per la nascita del moderno [[diritto internazionale]]<ref>Si veda il [[domenicano]] [[Spagna|spagnolo]] [[Francisco de Vitoria]].</ref> e per la formazione della [[dottrina sociale della Chiesa]], dalla ''[[Rerum Novarum]]'' di [[Leone XIII]] ([[1891]]) fino ada oggi.
 
== Culto ==
* ''De veritate'' (''La verità''; dalle ''Quaestiones disputatae'')
* ''De virtutibus'', (''Le virtù''; dalle ''Quaestiones disputatae'')
* ''Summa contra Gentiles'' (''Il complesso contro i Gentili''; rivolta contro i [[Gentili]], cioè i [[Islam|Musulmani]] ede i [[Paganesimo|pagani]], per sostenere la superiorità della religione cristiana)
* ''[[Summa theologiae]]'' (''Sommario di teologia''; opera incompiuta)
 
* ''Super II Epistolam B. Pauli ad Corinthios lectura''
* ''Super Epistolam B. Pauli ad Galatas lectura''
* ''Super Epistolam B. Pauli ada Ephesios lectura''
* ''Super Epistolam B. Pauli ad Philipenses lectura''
* ''Super Epistolam B. Pauli ad Colossenses lectura''

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