29 474
contributi
mNessun oggetto della modifica |
m (Bot: correzione accenti delle e) |
||
====Dio é mistero solo per le creature====
Innazitutto, [[Dio]] è ''mistero non a se stesso''
Solo [[Dio]] conosce tutti i segreti in quanto Egli conosce la via per giungere sino al luogo dove si trova la sapienza come attesta {{Pb|Gb|28,23}}. [[Dio]] solo ha visto, misurato, compreso e scrutato la sapienza come attestato in {{Pb|Gb|28,27}} secondo la versione di cinque manoscritti fra i quali non si annovera il [[testo masoretico|testo ebraico]] che non utilizza la parola ''hebînah'' ma il termine ''hekînah'' e, quindi, non intende che [[Dio]] abbia compreso la sapienza ma che "l'abbia stabilita" o "l'abbia fondata", con la conseguenza che [[Dio]] abbia scrutato la sapienza nel senso che "l'abbia verificata", "ne abbia testato la validità" o "l'abbia provata": del resto tale intepretazione dello scrutare la sapienza da parte di [[Dio]] trova conferma sia in {{Pb|Bar|3,32a}} che in {{Pb|Sir|1,7b}} inteso, quest'ultimo, alla luce di {{Pb|Sir|1,7a}}.
* in {{Pb|Gb|28,21b}} come inaccessibile per le altre creature perché ne ignorano l'esistenza.
Alla luce di {{Pb|Bar|3,31}} si può affermare sia che nessun'altra sapienza può avere una conoscenza simile a quella di [[Dio]] e sia che nessun'altra conoscenza può avere una sapienza simile a quella di [[Dio]]. In particolare l'uomo, nonostante tutte le sue scoperte, non riesce a possedere la sapienza di [[Dio]]
====Il mistero della Volontà divina====
I termini aramaico ed ebraico sono anche usati nei testi di [[Qumran|Qumràn]] mentre il termine greco appare solo in alcuni libri della [[versione dei Settanta|Bibbia greca]]: [[Daniele]], [[Ecclesiastico]], [[Giuditta]], [[2 Maccabei]], [[Sapienza]] e [[Tobia]].
I citati termini sono qui considerati nella loro relazione con la nozione di mistero per cui in quest'analisi sono esclusi riferimenti ad altre nozioni sia pur simili: a titolo esemplificativo si cita il termine ''sód'' che è utilizzatto in altri passi biblici con significati simili se non addirittura identici eppure non afferenti la nozione di mistero come, al converso, capita in {{Pb|Am|3,7}} dove ''sód'' esprime il segreto che circonda un obiettivo da raggiungere tramite un piano misterioso,
===Il libro della Sapienza===
===Il libro di Daniele===
Il libro di [[Daniele]] appartiene al genere apocalittico in quanto è una rivelazione dei segreti divini che riguardano esclusivamente ciò che si realizza nella storia essendo la stessa orientata verso un epilogo finale. In tale ottica i segreti divini si compiranno puntualmente (cfr. {{passo biblico|Dn|9,24a}}; {{passo biblico|Dn|9,25b-26a}}, {{passo biblico|Dn|9,27a}} e {{passo biblico|Dn|11,35}}) e, per tale ragione, [[Dio]] fa conoscere in anticipo ciò che riguarda il futuro (cfr. {{passo biblico|Dn|2,29}}), specialmente ciò che avverrà al finire dei giorni (cfr. {{passo biblico|Dn|2,28}}) e, in particolare, fa conoscere i giudizi divini prodromici alla ricompensa finale (cfr. {{passo biblico|Dn|12,13}}), ma le sue rivelazioni rimangono incomprensibili (cfr. {{passo biblico|Dn|4,15}}) eccezion fatta per i prediletti (cfr. {{passo biblico|Dn|9,23}}) ai quali viene concesso sia di descrivere (cfr. {{passo biblico|Dn|2,31-35}}) che di intendere (cfr. {{passo biblico|Dn|10,1c}}) qualunque rivelazione in quanto, essendo gli stessi riconosciuti dai contemporanei come ispirati dalla Divinità (cfr. {{passo biblico|Dn|4,5}})<ref>Il passo di {{pb|Dn|4,5}} per indicare l'ispirazione divina in realtà utilizza l'espressione "lo spirito degli dei santi" la quale, parimenti, è stesa anche in {{pb|Dn|5,11a.14}}. Solo il manoscritto di Teodozione, per lapalissiane ragioni teologiche, modifica il plurale aramaico in singolare: in realtà non vi è alcuna necessità di tale modifica
L'indicazione del periodo temporale in Daniele è quasi sempre ermetica e l'emblema di ciò è ritenuto il passo di {{passo biblico|Dn|7,25b}} in cui è letteralmente contenuta l'espressione ''un tempo, più tempi e la metà di un tempo'' il cui significato evidentemente non è certo. Naturalmente, alcune interpretazioni sono state proposte e, fra di esse, allo stato ottiene maggiore consenso tra gli studiosi l'interpretazione per la quale il senso di {{passo biblico|Dn|7,25b}} va rintracciato nell'ottica di {{passo biblico|Dn|4,13b}} dove probabilmente la parola ''tempi'' deve essere intesa come sinonimo di anni: in tale ottica, l'espressione di {{passo biblico|Dn|7,25b}} equivarrebbe a tre anni e mezzo corrispondendo all'incirca alla durata della persecuzione di Antioco Epifane cui fa riferimento {{passo biblico|Dn|7,25a}} ed alla quale, secondo alcuni, farebbe pure riferimento la mezza settimana di {{passo biblico|Dn|9,27}} che, quindi, equivarrebbe ai citati tre anni e mezzo i quali, considerato che sono composti da quarantadue mesi di trenta giorni e, quindi, equivalgono a 1260 giorni, creano degli interessanti parallellismi con {{pb|Lc|4,25}}, {{pb|Gc|5,17}} e {{pb|Ap|11,2-3;12,14;13,5}} con la conseguenza che indicherebbero, nell'ambito di una prospettiva sempre presente in Daniele, un periodo di tribolazioni la cui durata viene limitata da Dio per la consolazione dei tribolati. Ciò che sembra non favorire questa interpretazione pare risieda proprio in {{passo biblico|Dn|4,13b}} non tanto
I segreti sono conosciuti innanzitutto da Dio e, siccome Dio è nel cielo (cfr. {{passo biblico|Dn|2,28}}), ne consegue che questi segreti sono parimenti scritti nel cielo. A motivo di tale conoscenza solo a [[Dio]] va propriamente attribuita la qualifica de ''il rivelatore dei misteri'':
|