Ponzio Pilato: differenze tra le versioni

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Pilato compare in tutti e quattro i vangeli [[Canone della Bibbia|canonici]] ed è citato anche negli [[Atti degli Apostoli]] {{Passo biblico|At|3,13-4;27,13-28}} e nella [[Prima lettera a Timoteo]] {{passo biblico|1Tm|6,13}}.
 
<!-- Voce tendenziosa Le distinzioni introdotte tra le quattro versioni evangeliche sono tendenziose, in quanto finalizzate a evidenziare discrepanze tra i vangeli, infatti sono copiate da WikipediaIl [[Vangelo secondo Marco]], mostra Gesù innocente dell'accusa di aver complottato contro l'[[Impero romano]] e raffigura Pilato come estremamente riluttante a giustiziarlo, dando la colpa alle gerarchie giudaiche per la condanna, anche se Pilato era l'unica autorità in grado di decidere questa condanna. Nel [[Vangelo secondo Matteo]], Pilato si lava le mani del caso e riluttante manda Gesù a morte. Nel [[Vangelo secondo Luca]] Pilato riconosce che Gesù non aveva minacciato l'Impero. Nel [[Vangelo secondo Giovanni]], Pilato interroga Gesù, in quale non afferma di essere né il Figlio dell'Uomo né il Messia.<ref name="Harris">Harris, Stephen L., ''Understanding the Bible''. Palo Alto: Mayfield. 1985.</ref>-->
 
I dettagli biografici di Pilato prima e dopo la sua nomina in Giudea non sono noti. La tradizione cristiana ha generato dettagli come il nome di sua moglie, Claudia ([[Canonizzazione|canonizzata]] dalla [[Chiesa greco-ortodossa]]), e leggende in competizione tra loro sul suo luogo di nascita.
 
Pilato fu inviato da Tiberio come successore di Valerio Grato<ref>Giuseppe Flavio [[Antichità giudaiche]] 18,35</ref> con l'incarico di prefetto della provincia romana della [[Giudea]] dal [[26]] al [[36]].
 
Nel 36 fu destituito dal governatore di Siria Vitellio (alla cui autorità era sottoposto) ed inviato all'imperatore Tiberio per rispondere dell'accusa di abusi nei confronti dei samaritani, alleati di Roma<ref>Flavio Giuseppe, ''Guerra giudaica'', ii.175-179.</ref> e l'imperatore [[Caligola]] lo mandò in [[Gallia]]. La sua carica di prefetto è attestata da un frammento di iscrizione latina, nota come [[iscrizione di Pilato]] e datata durante il regno dell'imperatore Tiberio, rinvenuta a [[Cesarea Marittima]].
 
Pilato tentò di introdurre anche in [[Palestina]] il culto verso l'imperatore che veniva imposto nel resto dell'impero e diede anche l'ordine di uccidere quei giudei che non avessero accettato tale immagini.<ref>Giuseppe Flavio, ''Guerra giudaica'', ii.169-171.</ref>Quando egli spostò l'esercito da Cesarea ai quartieri invernali di [[Gerusalemme]], contrariamente ai suoi predecessori, che utilizzavano stendardi senza ornamenti nel rispetto della legge ebraica, fece introdurre vessilli recanti le immagini dei busti dell'imperatore. Questo oltraggio nei confronti della città santa provocò la reazione dei Giudei che si recarono a Cesarea per protestare. Vista la loro insistenza e la loro volontà di farsi uccidere piuttosto che di desistere, Pilato ordinò di riportare le insegne a Cesarea<ref>Giuseppe Flavio Antichità giudaiche 18, 55-59; guerra giudaica 2, 169-174</ref>.
 
Un fatto analogo è riportato anche da [[Filone di Alessandria]] il quale narra che Pilato fece appendere al palazzo di Erode in Gerusalemme degli scudi dorati recanti il nome dell'imperatore. Subito una delegazione, della quale facevano parte anche quattro figli di [[Erode il Grande]], ne chiese la rimozione, ma rimase inascoltata. I Giudei si appellarono allora direttamente all'imperatore Tiberio, il quale ordinò il trasferimento degli scudi a Cesarea.<ref>Filone di Alessandria De legatione ad Gaium XXXVIII, 299-303</ref>.
 
Un vero e proprio tumulto fu provocato da Pilato quando utilizzo' parte del tesoro sacro del Tempio per la costruzione di un acquedotto, peraltro indispensabile per la città. Alle proteste della folla reagì facendo malmenare i dimostranti da soldati vestiti con abiti civili. Molti Giudei morirono nei disordini.<ref>Guerra giudaica 2, 175-177; Antichità giudaiche 18, 60-62</ref>.
 
Un vero e proprio tumulto fu provocato da Pilato quando utilizzo' parte del tesoro sacro del Tempio per la costruzione di un acquedotto, peraltro indispensabile per la città. Alle proteste della folla reagì facendo malmenare i dimostranti da soldati vestiti con abiti civili. Molti Giudei morirono nei disordini.<ref>Guerra giudaica 2, 175-177; Antichità giudaiche 18, 60-62</ref>
Non risulta da alcuna fonte il trasferimento della capitale da Cesarea a Gerusalemme, ma soltanto lo spostamento delle truppe e del prefetto in occasione di particolari eventi (tra cui la Pasqua ebraica) in cui la presenza di un presidio rafforzato era considerata necessaria per la prevenzione di disordini.
 
Filone di Alessandria riporta l’opinione che il re [[Agrippa I]] aveva del governatore romano:
 
{{quote|A questo riguardo si potrebbe parlare della sua corruttibilità, della sua violenza, dei suoi furti, maltrattamenti, offese, delle esecuzioni capitali da lui decise senza processo, nonché della sua ferocia incessante e insopportabile.|''De Leg. ad Gaium'', XXXVIII, 302}}.
 
Si tenga presente che questo giudizio è inserito in un'opera scritta per stigmatizzare le prepotenze compiute dai governatori romani verso le comunità ebraiche.
 
Il giorno successivo, i sommi sacerdoti e i farisei si recarono nuovamente da Pilato, per chiedergli di mettere un picchetto di guardia alla tomba di Gesù. Pilato concesse loro di utilizzare a tale scopo le guardie del Tempio ({{pb|Mt|27,62-65}}).
I Vangeli e gli Atti degli Apostoli, su Pilato, non aggiungono altro.
 
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Secondo il [[Nuovo Testamento]], Gesù fu portato al cospetto di Pilato dalle autorità ebraiche di Gerusalemme, le quali dopo averlo arrestato, lo interrogarono e ricevettero delle risposte che lo fecero considerare blasfemo.
 
La domanda più importante che Pilato fece a Gesù fu se lui considerasse sé stesso come ''re dei Giudei''.
Nella prosecuzione dell'interrogatorio, secondo il [[Vangelo secondo Giovanni]], Gesù affermò di essere venuto nel mondo per rendere testimonianza alla verità e proseguì dicendo: ''Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce''.
Al che Pilato chiese: ''Che cos'è la verità?''.
Pilato tentò di non condannare Gesù e, visto che in occasione della [[Pasqua]] era usanza che fosse liberato un prigioniero, Pilato lasciò al popolo la scelta tra Gesù e un assassino di nome [[Barabba]].
 
Nel [[Vangelo secondo Matteo]] ci sono altri due elementi, un intervento della moglie di Pilato, la quale gli consiglia di rilasciare
Gesù, e l'episodio di Pilato che si lava le mani davanti alla folla dicendo: ''Non sono responsabile, disse, di questo sangue; vedetevela voi!''.
Da questo gesto nasce il detto: ''lavarsi le mani'' per indicare il gesto di una persona che non prende posizione e lascia che altri prendano una decisione.
 
Pilato è anche presente negli ''[[Atti di Pilato]]'', un [[apocrifo]] del II/III secolo.-->
 
=== Fonti antiche non cristiane ===
[[File:Pilate Inscription.JPG|thumb|300px|L'[[iscrizione di Pilato]] frammento di una epigrafe ritrovata a [[Cesarea di Palestina]] nel [[1961]]]]
 
I principali autori non cristiani che riferiscono di Pilato sono: Filone di Alessandria, Giuseppe Flavio, [[Cornelio Tacito]].
 
Lo storico ebraico Giuseppe Flavio parla di Pilato sia in [[Guerra giudaica (Flavio Giuseppe)|Guerra giudaica]], databile al [[75]] d.C., sia in Antichità giudaiche, risalente al [[94]]-[[95]] d.C.
 
Le notizie fornite in Guerra Giudaica vengono riprese, ampliate ed integrate nell’opera successiva.
Il brano più importante di Giuseppe Flavio è quello noto come [[Testimonium flavianum]], corrispondente ad Antichità giudaiche XVIII, 63-64:
{{quote|Ci fu verso questo tempo Gesù, uomo saggio, '''sempre che si debba definirlo uomo''': era infatti autore di opere inaspettate, maestro di uomini che accolgono con piacere la verità, ed attirò a sé molti Giudei, e anche molti della grecità. '''Questi era il Cristo'''. E quando Pilato, per denunzia degli uomini notabili fra noi, lo punì di croce, coloro che da principio lo avevano amato non cessarono. '''Egli infatti apparve loro al terzo giorno nuovamente vivo, avendo già annunziato i divini profeti queste e migliaia d’altre meraviglie riguardo a lui'''. Fino ad oggi ed attualmente non è venuto meno il gruppo di quelli che, da costui, sono chiamati Cristiani.|Traduzione proposta da A. Nicolotti in "''Testimonianze extracristiane sulla persona di Gesù di Nazareth e sulla chiesa primitiva"'', [[2001]]}}
Nonostante questa versione sia attestata fin dal [[IV secolo]] ad opera di [[Eusebio di Cesarea]], la sua autenticità è stata fortemente contestata a causa di alcune espressioni impossibili da attribuire ad un ebreo osservante come Giuseppe Flavio. Queste interpolazioni, che nel testo esposto, per comodità, sono state evidenziate in grassetto, sono con ogni probabilità aggiunte o modifiche operate da un copista o da un commentatore cristiano a fini apologetici.
Nel [[1971]] fu scoperta una Storia universale scritta in Siria nel [[X secolo]] dal [[vescovo]] cristiano [[Agapio di Ierapoli]] (in Frigia, Asia Minore), che riporta una traduzione araba del Testimonium:
{{quote|Similmente dice Giuseppe l’ebreo, poiché egli racconta nei trattati che ha scritto sul governo dei Giudei: "Ci fu verso quel tempo un uomo saggio che era chiamato Gesù, che dimostrava una buona condotta di vita ed era considerato virtuoso (o: dotto), e aveva come allievi molta gente dei Giudei e degli altri popoli. Pilato lo condannò alla crocifissione e alla morte, ma coloro che erano stati suoi discepoli non rinunciarono al suo discepolato (o: dottrina) e raccontarono che egli era loro apparso tre giorni dopo la crocifissione ed era vivo, ed era probabilmente il Cristo del quale i profeti hanno detto meraviglie.|Traduzione tratta da J. Maier, ''Gesù Cristo e il cristianesimo nella tradizione giudaica antica'', Brescia, [[1994]], p. 65}}
Il testo è privo di quelle affermazioni cristiane contestate dai critici nella versione greca tramandataci ed è perfettamente compatibile con quello che doveva essere il pensiero di Giuseppe Flavio. Dato che è impensabile che il vescovo Agapio abbia volutamente modificato in senso minimizzante il brano di Giuseppe nei confronti di Gesù, non possiamo che dedurne che egli disponesse di una versione del Testimonium più simile all’originale e ancora priva di interpolazioni.
Parlando dell’incendio di Roma, Cornelio Tacito riferisce:
{{quote|Tuttavia né con sforzo umano, né per le munificenze del principe o cerimonie propiziatorie agli dei perdeva credito l’infamante accusa secondo la quale si credeva che l’incendio fosse stato comandato. Perciò, per far cessare tale diceria, Nerone si inventò dei colpevoli e sottomise a pene raffinatissime coloro che la plebaglia, detestandoli a causa delle loro nefandezze, denominava cristiani. Origine di questo nome era Cristo, il quale sotto l'impero di Tiberio era stato condannato al supplizio dal procuratore Ponzio Pilato; e, momentaneamente sopita, questa esiziale pratica religiosa di nuovo si diffondeva, non solo per la Giudea, focolare di quel morbo, ma anche a Roma, dove da ogni parte confluisce e viene tenuto in onore tutto ciò che vi è di turpe e di vergognoso. Perciò, da principio vennero arrestati coloro che confessavano, quindi, dietro denuncia di questi, fu condannata una ingente moltitudine, non tanto per l’accusa dell'incendio, quanto per odio del genere umano. Inoltre, a quelli che andavano a morire si aggiungevano beffe: coperti di pelli ferine, perivano dilaniati dai cani, o venivano crocifissi oppure arsi vivi in guisa di torce, per servire da illuminazione notturna al calare della notte. Nerone aveva offerto i suoi giardini e celebrava giochi circensi, mescolato alla plebe in veste d’auriga o ritto sul cocchio. Perciò, benché si trattasse di rei, meritevoli di pene severissime, nasceva un senso di pietà, in quanto venivano uccisi non per il bene comune, ma per la ferocia di un solo uomo.|Annales, XV, 44; Ed. E. Koestermann, Lipsiae [[1965]]; traduzione di A. Nicolotti, in ''Testimonianze extracristiane sulla persona di Gesù di Nazareth e sulla chiesa primitiva'', [[2001]]|Sed non ope humana, non largitionibus principis aut deum placamentis decedebat infamia quin iussum incendium crederetur. Ergo abolendo rumori Nero subdidit reos et quaesitissimis poenis adfecit, quos per flagitia invisos vulgus Christianos appellabat. Auctor nominis eius Christus Tiberio imperitante per procuratorem Pontium Pilatum supplicio adfectus erat; repressaque in praesens exitiabilis superstitio rursum erumpebat, non modo per Iudaeam, originem eius mali, sed per urbem etiam quo cuncta undique atrocia aut pudenda confluunt celebranturque. Igitur primum correpti qui fatebantur, deinde indicio eorum multitudo ingens haud proinde in crimine incendii quam odio humani generis convicti sunt. Et pereuntibus addita ludibria, ut ferarum tergis contecti laniatu canum interirent, aut crucibus adfixi aut flammandi, atque ubi defecisset dies in usum nocturni luminis urerentur. Hortos suos ei spectaculo Nero obtulerat et circense ludicrum edebat, habitu aurigae permixtus plebi vel curriculo insistens. Unde quamquam adversus sontis et novissima exempla meritos miseratio oriebatur, tamquam non utilitate publica sed in saevitiam unius absumerentur.|Annales, XV, 44; Ed. E. Koestermann, Lipsiae [[1965]]lingua=la}}
Secondo la traduzione proposta da A.Nicolotti il testo recita:
{{quote|Tuttavia né con sforzo umano, né per le munificenze del principe o cerimonie propiziatorie agli dei perdeva credito l’infamante accusa secondo la quale si credeva che l’incendio fosse stato comandato. Perciò, per far cessare tale diceria, Nerone si inventò dei colpevoli e sottomise a pene raffinatissime coloro che la plebaglia, detestandoli a causa delle loro nefandezze, denominava cristiani. Origine di questo nome era Cristo, il quale sotto l'impero di Tiberio era stato condannato al supplizio dal procuratore Ponzio Pilato; e, momentaneamente sopita, questa esiziale pratica religiosa di nuovo si diffondeva, non solo per la Giudea, focolare di quel morbo, ma anche a Roma, dove da ogni parte confluisce e viene tenuto in onore tutto ciò che vi è di turpe e di vergognoso. Perciò, da principio vennero arrestati coloro che confessavano, quindi, dietro denuncia di questi, fu condannata una ingente moltitudine, non tanto per l’accusa dell'incendio, quanto per odio del genere umano. Inoltre, a quelli che andavano a morire si aggiungevano beffe: coperti di pelli ferine, perivano dilaniati dai cani, o venivano crocifissi oppure arsi vivi in guisa di torce, per servire da illuminazione notturna al calare della notte. Nerone aveva offerto i suoi giardini e celebrava giochi circensi, mescolato alla plebe in veste d’auriga o ritto sul cocchio. Perciò, benché si trattasse di rei, meritevoli di pene severissime, nasceva un senso di pietà, in quanto venivano uccisi non per il bene comune, ma per la ferocia di un solo uomo.|A.Nicolotti in Testimonianze extracristiane sulla persona di Gesù di Nazareth e sulla chiesa primitiva, [[2001]]}}
Le espressioni di disprezzo adoperate nei confronti del cristianesimo escludono l’ipotesi che il brano sia opera di un falsario cristiano.
Vi è stato anche chi, maldestramente, ha ipotizzato la dipendenza da fonti cristiane per l’uso del termine "procuratore" al posto di quello, testimoniato dall’epigrafe di Cesarea, di "prefetto".
 
Tuttavia né i Vangeli, né gli Atti degli Apostoli adoperano mai, per Pilato, il termine greco che sta per procuratore, ovvero ''epìtropos''. Solo una volta in {{pb|Lc|3,1}} (e solo secondo il codice D) a Pilato viene applicato il verbo ''epitropèuein ''(= procurare). Un po' poco per poter parlare di dipendenza.
 
Famoso l'errore di Tacito in questo passo: a Pilato infatti viene assegnato il ruolo di procuratore e non quello di prefetto: tale titolo entrò in uso solo dal [[44]].
 
Vista la competenza mostrata da Tacito in altri luoghi. Ciò dovrebbe confermare che si tratta di un'altra interpolazione (come quella, ormai attestata, di Giuseppe Flavio)ad opera di copisti cristiani non molto preoccupati della veridicità dei testi storici.-->
 
== Nella leggenda ==
 
La chiesa etiope segue una tradizione che vuole che, dopo il processo a Gesù, Pilato si convertì e lo venera come santo, secondo altre tradizioni si suicidò.
 
 
== Nella letteratura ==
 
Nella ''[[Divina Commedia]]'' di [[Dante Alighieri]], secondo l'interpretazione di alcuni critici (ad esempio [[Emilio Barbarani]] o [[Giovanni Pascoli]]), Pilato potrebbe essere "colui [[che fece per viltade il gran rifiuto]]" nel Canto III, tuttavia la maggior parte dei critici ritiene che il personaggio indicato nell'antinferno sia [[Celestino V]]<ref>Natalino Sapegno, commento ne ''[[La Divina Commedia]]'', Firenze, La Nuova Italia, [[1955]].</ref>.
 
 
{{Sezione accessoria|Note}}
 
<references/>
 
{{Sezione accessoria|Voci correlate}}
 
* [[Moglie di Pilato]]
* [[Atti di Pilato]]
 
{{Sezione accessoria|Collegamenti esterni}}
 
* {{en}} [http://www.newadvent.org/cathen/12083c.htm Voce] sulla [[Catholic Encyclopedia]] (1911)
* {{Catholic Encyclopedia|Arthur Barnes|Pontius Pilate|http://www.newadvent.org/cathen/12083c.htm}}
 
{{Sezioni accessorie fine}}

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