Mistero: differenze tra le versioni

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== Accezione figurativa ==
 
Nel linguaggio comune, la parola mistero è spesso utilizzata per indicare il fascino dell'incomprensibile o semplicemente ciò che è incomprensibile;<ref>Siccome il concetto di mistero, nelle sue accezioni figurative, può sfuggire sia ad un aspetto della comprensione che a tutta la sfera della comprensibilità, nella voce éè stata opportunamente indicata la comprensibilità e l'incomprensibilità ma non la razionalità e l'irrazionalità, poiché il criterio raziocinante indica una dimensione importantissima ma non esaustiva della comprensione. Tra l'altro, i criteri raziocinanti in alcune culture non sono sempre riconducibili alla logica aristotelica: a titolo esemplificativo si citano i valori di verità aristotelici che sono due ''poiché tertium non datur'' mentre in altre culture, comunque molto circoscritte, sono tre o addirittura di più.</ref> una cosa arcana di cui sovente si preferisce parlare per allegoria o per simbologia; un dato oscuro potenzialmente accessibile solo a chi ne conosca gli elementi in ordine all'origine, alla natura ed all'effetto, e quindi non accessibile agli altri per i quali può essere non chiaro o può apparire non chiaro, o addirittura può venire presentato agli altri in modo non chiaro; l'abitudine a definire mistero tutto ciò dalla cui responsabilità investigativa si fugge per motivi vari; un atteggiamento volutamente occulto; una situazione segreta come le pratiche alchemiche o magiche, un fare nascosto particolarmente se in ordine ad un secondo fine non palesato.<ref>cfr AA. VV., Dizionario fondamentale della Lingua Italiana, De Agostini, [[Novara]] [[1982]]; e Wendelin Rauch - Jakob Hommes, Lexicon des Katholischen lebens, Herder & Co. Gmbt, [[Friburgo]] [[1952]].</ref> L'uso della parola mistero in questi ambiti certamente costituisce una ricchezza per la lingua italiana ma nello stesso tempo determina la difficoltà nel comprendere altre sottili distinzioni di significato in ambiti diversi.
 
Gli usi figurativi della parola, in effetti, rendono ''mistero'' in alcuni casi sinonimo di [[segreto]] ma in molti casi sinonimo di ''problema''. Il concetto di [[segreto]] è trasversale sia al ''mistero'' che al ''problema'' e lo ''svelamento del [[segreto]]'' diviene ''rivelazione'' per il ''mistero'' e ''soluzione'' per il ''problema''. Invece, il concetto di ''problema'' esprime qualcosa che procede dall'uomo, sia in caso di solubilità che di insolubilità del problema stesso considerato che l'insolubilità dipende da errate impostazioni del ''problema'' o da deficienze cognitive per la soluzione dello stesso, mentre il concetto di ''mistero'', in tutte le sue accezioni non figurative, è qualcosa che riguarda l'uomo ma non procede da egli e la cui rivelazione dipende in genere dalla Divinità e comunque mai dal solo uomo.
=== I segreti ontologici ===
 
Tali segreti attengono sia all'esistenza di [[Dio]] che a quella delle creature, e possono essere analizzati intorno a diversi profili. I segreti, in ordine all'esistenza divina, possono essere meglio definiti come segreti di ordine teologico intesi ''strictu sensu''.
 
==== Dio éè mistero solo per le creature ====
 
Innazitutto, [[Dio]] è ''mistero non a se stesso'' perché tutti i segreti, pur se celati nelle tenebre come attesta {{pb|Dn|2,22b}}, sono conosciuti da Lui in quanto le tenebre non sono oscure per [[Dio]] come attesta {{Pb|Sal|138,12ab}} anzi, per Lui le tenebre sono come luce stando alla glossa aramaica costituente {{Pb|Sal|138,12c}} secondo la versione del [[testo masoretico|testo masoretico]] e della [[Bibbia CEI|Bibbia della C.E.I.]] ma non di [[Bibbia di Gerusalemme|Bible de Jérusalem]] che non contiene tale glossa.
Questa sapienza, come precedentemente descritta, sembra confondersi con il relativo attributo divino (che, invece, viene chiaramente presentato in {{Pb|Gb|32,8}}, {{Pb|Sap|9,10}} e {{Pb|Sir|1,1}}) potendone essere una sua rappresentazione personificata anche se tale processo di personificazione avviene, sotto il profilo letterale, in modo peculiare in quanto sembra attribuire alla sapienza un proprio statuto distinto da [[Dio]]: questa impressione letterale di {{Pb|Gb|28,23}} sembra essere l'eco di credenze arcaiche che, in qualche modo, vengono riprese da {{Pb|Sir|1,7a}} dove, però, si precisa che la sapienza è stata creata da [[Dio]].
 
In ogni caso, la sapienza esprime il mistero delle vie percorse da [[Dio]] e, di conseguenza, permette di intendere che queste vie non sono misteriose per [[Dio]] il quale, sapendo tutto come attesta l'''incipit'' di {{Pb|Bar|3,32a}} poiché vede tutto come attesta {{Pb|Gb|28,24}}, ''non è mistero a se stesso''.
 
Diversamente, [[Dio]] ''éè mistero per le creature'' in quanto, come attesta {{Pb|Gb|36,26a}}, esse non lo comprendono poiché, come attesta {{Pb|Is|45,15}}, Egli éè il ''Dio nascosto'' sia:
* per modus essendi, ossia in ragione della Sua natura;
* per modus volendi, ossia in ragione della Sua [[Volontà di Dio|volontà]], che
==== Il mistero della Volontà divina ====
 
[[Dio]] ''rimane mistero per le creature'' nonostante, come attestano {{Pb|Gb|23,13a;36,23b}} e {{Pb|Is|40,13}}, la Sua [[Volontà di Dio|volontà]] non muti i propri decreti i quali vengono puntualmente eseguiti come attestano {{Pb|Gb|23,13b}}, {{Pb|Sap|18,15}},<ref>La drammatica evocazione scenica, contenuta in {{Pb|Sap|18,15}}, éè certamente ispirata a {{Pb|1Cr|21,16b}}. Considerato che l'autore del libro della [[Sapienza]] ha conoscenza della cultura greca e, quindi, ne éè influenzato, non si può del tutto escludere un qualche legame non casuale tra {{Pb|Sap|18,15}} e l'Iliade di Omero IV, 443.</ref> {{Pb|Is|55,11b}} e {{Pb|Zac|1,6}}.
 
==== Il mistero dell'Opera divina ====
 
[[Dio]] ''rimane mistero per le creature'' in quanto la Sua opera, compresa la Sua funzione di Salvatore di Israele, éè compiuta da Lui:
* esplicitamente come attestano sia {{Pb|Dt|11,2-7}} che gli altri brani biblici richiamati espressamente da quest'ultimo ossia {{Pb|Es|7-15}} e {{Pb|Nm|16}} e, più precisamente, sia direttamente come attesta {{Pb|Is|45,18}} che indirettamente, ossia tramite degli strumenti immediatamente riconosciuti come agenti per conto di [[Dio]], come attesta {{Pb|Es|14,21a}}, e
* implicitamente, ossia tramite degli strumenti non immediatamente riconosciuti come agenti per conto di [[Dio]], ed in tal senso, sia pur limitatamente al senso letterario ed al profilo storico e chiaramente ancorandolo al contesto, andrebbe inteso il citato passo di {{Pb|Is|45,15}} dal quale si trae la nozione teologica del nascondimento divino dietro le azioni degli uomini che è un ulteriore modo con cui [[Dio]] agisce diversamente da quando lo fa solo esplicitamente.
 
[[Dio]], anche nell'esercizio della funzione di Salvatore di Israele, non disdegna di servirsi di non israeliti come, a titolo esemplificativo, del re persiano "Ciro", di cui si fa menzione esplicita in {{Pb|Is|45,1}} che è l'inizio di un oracolo regale di intronizzazione (che per alcuni studiosi è contenuto in {{Pb|Is|45,1-7}} mentre per altri in {{Pb|Is|45,1-8}}: in ogni caso la sua stesura é per certi versi simile a quella degli oracoli dei {{Pb|Sal|2;109}}) nel quale Ciro, sebbene non conosca [[Dio]] come attesta il finale di {{Pb|Is|45,4c}},:
* viene chiamato per nome<ref>Nell'espressione ''chiamato per nome'' e simili chi chiama per nome é [[Dio]] e chi éè chiamato é è l'eletto. Il [[testo masoretico|testo ebraico]] in alcuni passi biblici, fra cui {{Pb|Is|45,3c}}, legge le suddette espressioni nella forma ''chiama il mio nome'' oppure ''proclama il mio nome'' dove chi chiama éè l'eletto e chi éè chiamato éè [[Dio]]. In ogni caso il significato di tutte le espressioni citate ed indicate rimane quello descritto in voce.</ref>come attesta {{Pb|Is|45,3c;45,4b}} e ciò significa che,:
** sul modello di {{Pb|Es|31,2}} e {{Pb|Nm|1,17}}, Ciro viene designato per una missione, e
** sul modello di {{Pb|Is|43,1}}, [[Dio]] manterrà con Ciro una relazione privilegiata, e
* riceve da [[Dio]] addiritura il titolo allora riservato al re d'Israele, ''l'unto di [[YHWH|Jahve]]'' in ebraico ''[[messia|משיח]]'', come attesta l'incipit di {{Pb|Is|45,4c}}.<ref>L'oracolo biblico menzionato in voce éè stranamente parallelo al cosidetto ''Cilindro di Ciro'', un testo sacerdotale babilonese scritto nel periodo della marcia vittoriosa di Ciro su Babilonia, intorno al 539-538 a.C., cui risale probabilmente anche l'oracolo del [[Libro di Isaia|Deutero-Isaia]]. Infatti, nel frammento ''A'' del Cilindro si legge, tra l'altro, che Marduch, divinità babilonese e non persiana, "nominò il nome di Ciro e lo chiamò al dominio su tutta la terra" o, secondo altre traduzioni, "chiamò Ciro per nome, proclamando ad alta voce la sua regalità su tutti e su tutto".</ref>
 
==== Il mistero che circonda [[Dio]] ====
 
Infine, [[Dio]] è circondato dal mistero (cfr. {{Pb|Is|6}} e {{Pb|Ez|1}}). Nell'affermare ciò éè evidente che:
* vengono utilizzate modalità definitorie spaziali che meglio si adattano più allo status di creatura che allo status di Creatore, e
* il mistero che circonda [[Dio]] éè tale non per [[Dio]] ma per le creature.
 
=== Il mistero nella [[Rivelazione]] ===
[[Dio]] ''è mistero per le creature'' anche nelle rivelazioni dei segreti che riguardano Se stesso, fra cui quella del proprio nome nonostante il fatto che, anche per [[Dio]], svelare il proprio nome implica il "farsi conoscere agli altri; in qualche modo é consegnare se stesso rendendosi accessibile, capace d'essere conosciuto più intimamente e di essere chiamato personalmente"<ref>cfr. Catechismo della Chiesa cattolica, n.203, dal periodo sintattico finale.</ref> in quanto Egli, avendo un nome, "non è una forza anonima."<ref>cfr. Catechismo della Chiesa cattolica, n.203, dall'ultimo periodo sintattico centrale.</ref>
 
"[[Dio]] si éè rivelato...progressivamente ...sotto diversi nomi"<ref>cfr. Catechismo della Chiesa cattolica, n.204, dalla proposizione sintattica iniziale.</ref> e lo svelamento del nome divino nell'ambito [[Vecchio Testamento|veterotestamentario]] éè certamente uno dei vertici fra gli eventi rivelatori. Questi nomi, in realtà, sono delle forme nominative con le quali [[Dio]] si presenta per rendersi intellegibile o con le quali éè invocato o presentato in modo inequivoco. Fra tutte queste forme nominative ne eccellono due, ossia ''El Shaddai'' e [[YHWH|Jahve]], anche se solo la seconda di esse "si éè mostrata come la rivelazione fondamentale per l'Antica e la Nuova Alleanza."<ref>cfr. Catechismo della Chiesa cattolica, n.204, dalla proposizione sintattica conclusiva.</ref>
 
==== El Shaddai ====
 
La forma nominativa ''El Shaddai'', in ebraico ''אל שדי'', viene rivelata in {{Pb|Gn|17,1;35,11}} mentre alla stessa fanno riferimento {{Pb|Gn|28,3;43,14;48,3;49,25}} e rarissimi altri passi biblici al di fuori dal [[Pentateuco]], contenuti particolarmente in [[Giobbe]]. Da questi testi sembra che ''El Shaddai'' sia il nome divino, in realtà {{Pb|Es|6,3}} fa comprendere che ''El Shaddai'' éè la sostantivazione di un attributo divino con cui [[Dio]] designa Se stesso nel manifestarsi ai Patriarchi. Quale sia questo attributo divino e, quindi, quale sia il significato di "Shaddai" éè ancora una ''vexata quæstio'' anche se, comunemente, si intende l'Onnipotenza per cui si usa tradurre ''El Shaddai'' con "Dio onnipotente": sotto il solo profilo etimologico é,è però, certo che la traduzione di "Shaddai" con "Onnipotente" non éè precisa.
 
==== Jahve ====
La forma nominativa [[YHWH|Jahve]], rivelata in {{Pb|Gn|4,26b}} e {{Pb|Es|3,14;6,2-3}}, contiene invece il mistero del nome divino. [[Dio]] rivela il Suo nome usando delle modalità definitorie proprie della concezione semitica, ossia palesa non solo il modo con cui Egli designa se stesso ma anche la propria natura in quanto, secondo il sentire antico, il "nome esprime l'essenza, l'identità di una persona e il senso della sua vita."<ref>cfr. Catechismo della Chiesa cattolica, n.203, dal primo periodo sintattico centrale.</ref> In realtà, [[Dio]] rivelando il Suo nome si limita a proclamare il cardine della sua natura, anche se tale proclamazione contiene in potenza tutti gli sviluppi successivi della rivelazione,<ref>In tal senso va inteso {{Pb|Ap|1,8b}} che, per alcuni, andrebbe così tradotto:"Egli era, Egli è ed Egli viene, il Padrone di tutto".</ref> ossia che il Nome divino "esprime, come meglio non si potrebbe, la realtà di [[Dio]], infinitamente al di sopra di tutto ciò che possiamo comprendere o dire",<ref>cfr. Catechismo della Chiesa cattolica, n.206, dalle proposizioni centrali del periodo sintattico conclusivo.</ref> con la conseguenza che:
* il Nome divino ad "un tempo è un Nome rivelato e quasi il rifiuto di un nome"<ref>cfr. Catechismo della Chiesa cattolica, n.206, dalla proposizione iniziale dell'ultimo periodo sintattico.</ref> come, a solo titolo esemplificativo, accade nell'ambito della concezione occidentale moderna del nome in base alle cui modalità definitorie, e limitatamente ad esse, il Nome divino non significa alcunché;
* il Nome divino "è ineffabile",<ref>cfr. Catechismo della Chiesa cattolica, n.206, dalle proposizioni conclusive del periodo sintattico conclusivo.</ref> come attesta {{Pb|Gdc|13,18}} dove l'angelo si rifiuta di dire a Manoach il proprio nome comportandosi allo stesso modo dell'essere misterioso dello IabbokYabbok di cui si attesta in {{Pb|Gn|32,30}}, e
* il "Nome divino è misterioso come Dio è Mistero"<ref>cfr. Catechismo della Chiesa cattolica, n.206, dal periodo sintattico centrale.</ref> perché il nome di [[Dio]] è [[Dio]] stesso e, contestualmente, [[Dio]] éè il Suo nome.
 
==== Conseguenze della rivelazione del Nome di [[Dio]] ====
 
"Rivelando il suo Nome, [[Dio]] rivela al tempo stesso la sua fedeltà che éè da sempre e per sempre, valida per il passato (<<Io sono il [[Dio]] dei tuoi padri>>, {{Pb|Es|3,6}}), come per l'avvenire (<<Io sarò con te>>, {{Pb|Es|3,12a}}). [[Dio]] che rivela il suo Nome come <<Io sono>> si rivela come il [[Dio]] che éè sempre là, presente accanto al suo popolo per salvarlo"<ref>cfr. Catechismo della Chiesa cattolica, dal n.207.</ref> "malgrado l'infedeltà del peccato degli uomini ed il castigo che merita".<ref>cfr. Catechismo della Chiesa cattolica, n.211, dal primo periodo sintattico.</ref>
 
"Lungo i secoli, la fede d'Israele ha potuto sviluppare ed approfondire le ricchezze contenute nella rivelazione del Nome divino",<ref>cfr. Catechismo della Chiesa cattolica, n.212, dal primo periodo sintattico.</ref> che contiene le verità per le quali:
La [[Chiesa]] realizza la missione di salvezza che le è stata conferita mediante due aspetti correlati: l'annuncio del regno di [[Dio]] e l'attuazione di tale annuncio tramite segni, simboli e segni efficaci di salvezza che permettono al credente, mediante l'obbedienza della fede, la piena conformazione al Cristo sofferente e glorioso.
 
I segni efficaci di salvezza un tempo erano correttamente denominati ''mysteria''. Da diversi secoli è entrata nell'uso comune un'altra denominazione, teologicamente di origine agostiniana e anch'essa dottrinalmente corretta, ossia ''sacramenta'', [[sacramento|sacramenti]]. In ordine di recezione temporale, il primo di essi è il [[Battesimo]], che rende il battezzato conforme all'immagine del Verbo incarnato ed al suo [[mistero pasquale]], ed il cui carattere viene irrobustito con il dono dello Spirito Paraclito nel sacramento della [[confermazione]], completamento del Battesimo. Tra tutti i Sacramenti eccelle l' [[eucaristia]], "fonte e culmine di tutta la vita cristiana", nel suo duplice aspetto di mensa fraterna e di [[sacrificio eucaristico|sacrificio]] che ontologicamente,in forza del mistero della [[transustanziazione]], permette di pregustare ciò che escatologicamente avverrà nella [[parusia]].<br><br>
 
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