Chiesa e Monastero di Santa Chiara (Forlì)
Monastero di Santa Chiara (Forlì) | |
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Stato | Italia |
Regione | Emilia Romagna |
Provincia | Forlì-Cesena |
Comune | Forlì |
Diocesi | Forlì-Bertinoro |
Religione | Cattolica |
Oggetto tipo | Chiesa e Monastero |
Dedicazione | Santa Chiara d'Assisi |
Data fondazione | 1256, ante |
Inizio della costruzione | 1256, ante |
Distruzione | XIX secolo |
Soppressione | XIX secolo |
Il Monastero di Santa Chiara, con la relativa chiesa di Santa Chiara, è uno dei luoghi di culto cattolici oggi scomparsi di Forlì. Sorgeva nel centro storico, nei pressi dell'attuale Piazzale Santa Chiara, che si trova ad un vertice dell'antica area conventuale. Tale area, di quasi 20.000 metri quadrati e di forma approssimativamente rettangolare, era compresa tra le attuali Via Battuti Rossi, Via Dandolo e Via Forlanini (che ne segna due lati). Purtroppo, oggi è tagliata diagonalmente da Viale Italia.
La più antica testimonianza conosciuta è un atto di donazione del 26 dicembre 1256, con il quale le monache Eremite di San Damiano consegnavano varii beni all'Ospedale di Santa Croce. Di poco posteriore (24 giugno 1258) è uno scritto di incoraggiamento da parte di papa Alessandro IV a favore del trasferimento delle monache in questa nuova sede forlivese.
Nel 1499, il Monastero fu danneggiato da un incendio e poi restaurato.
Nel 1653, furono iniziati i lavori per una nuova e più grande chiesa, che fu consacrata dal vescovo Giacomo Teodoli il 18 agosto 1660.
Durante il dominio napoleonico, il monastero fu soppresso e la chiesa sconsacrata. Gli edifici furono venduti ad un certo Luigi Belli, che ne distrusse una larga parte, chiesa compresa. Lo stesso Belli fu acquirente anche della Chiesa di sant'Antonio da Padova, ossia di Sant'Antonio Nuovo e della Chiesa di San Biagio e dei suoi annessi.
Gli eredi del Belli vendettero l'edificio ad Antonio e Nicola dei conti Savorelli, che vi avviarono una fabbrica di candele. Successivamente, ad opera di Oronzio De' Nova, vi furono impiantate altre lavorazioni: un molino a vapore, una filanda di seta e una pilatura del riso. L'attività cessò nel 1864. Nel 1908, subentrò la ditta Monti, che si occupava di esportazione di pollame e che fece installare un frigorifero per la produzione di ghiaccio.
Nel 2016, l'area tra il Viale Italia ed il centro cittadino dovrebbe tornare fruibile al pubblico, dopo vari e lunghi interventi di recupero: è prevista anche la realizzazione di un parco archeologico, per valorizzare quanto ancora rimasto, come ad esempio un'ala del chiostro duecentesco[1].
Note | |
Bibliografia | |
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Collegamenti esterni | |
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