Iconoclastia: differenze tra le versioni

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Il termine è usato più in generale per indicare altre forme di lotta contro il culto di immagini in altre epoche e religioni o correnti religiose. Iconoclasta fu l'[[islam]] nella proibizione dell'uso dell'immagine di Maometto, come iconoclasta fu il movimento puritano sviluppatosi col [[protestantesimo]] in epoca più moderna, e che portò alla distruzione di molte statue e effigi sacre nelle cattedrali nord-europee riformate.
== Origini dell'eresia iconoclasta ==
Fin dalla fine del secolo IV, l'Impero bizantino era stato afflitto da numerose [[eresia|eresie]], che rischiavano di minare la sua stessa unità. Le più importanti tra queste erano il [[nestorianesimo]], il [[monofisismo]] e il [[paulicianesimo]]. Quest'ultima era sorta in Armenia e in Siria nel VII secolo VII. Sensibili alle accuse di [[idolatria]] mosse al [[cristianesimo]] da parte dei fedeli dell'[[Islam]], i pauliciani mossero guerra al culto delle immagini. Al movimento pauliciano finì per aderire l'imperatore bizantino Leone III Isaurico, il quale si batté con una serie di editti per eliminare il culto delle immagini sacre (iconoclastia) ormai troppo diffuso nell'Impero,<ref>Franco Cardini Marina Montesano, ''Storia Medievale'', Firenze, Le Monnier Università/Storia, 2006, pag. 225 "Fu appunto lui a proibire in tutto l'impero il culto delle immagini sacre, che anzi furono per decreto sovrano condannate all'eliminazione. La distruzione delle immagini (detta con parola d'origine greca ''iconoclastia'') fu all'origine di una lunga crisi che si trascinò lungo tutto il secolo VIII e parte del IX."</ref> andando anche contro le opinioni della Chiesa di Roma e di [[Papa Gregorio II]] che lo [[scomunica|scomunicò]].
 
== Le icone nel culto ==
Le icone potevano essere raffigurazioni sacre di qualsiasi genere: dalle miniature dei codici alle pitture murali. Tanto chi avversava le immagini quanto chi era ad esse favorevole sosteneva che Dio non poteva essere rappresentato nella sua natura eterna. I [[teologo|teologi]] favorevoli alla venerazione delle immagini, però, la giustificavano in base all'incarnazione di [[Cristo]] che, a parer loro, rendeva possibile la sua raffigurazione. Distinguevano, per dar corpo alle proprie opinioni, tra immagine e archetipo: nell'icona non si venerava l'oggetto stesso ma Dio. Ciò era stato evidenziato ben prima della controversia iconoclasta da [[Leonzio di Neapoli]] (morto attorno al [[650]]). Anche [[Giovanni Damasceno]] distingueva con cura tra l'onore relativo di venerazione mostrato ai simboli materiali e l'adorazione dovuta solo a Dio. Naturalmente, per la religiosità popolare, questa distinzione sfumava e l'immagine stessa finiva per diventare oggetto taumaturgico. Anzi, tale era la tendenza a considerare le icone veri e propri oggetti animati che le si usava per assistere [[battesimo|battezzandi]] o [[cresima|cresimandi]] in qualità di [[Padrino e madrina|padrino]]. Altri raschiavano la vernice dei quadri e mescolavano quanto ottenuto nel [[vino]] della [[messa]], ricercando in tal modo una comunione con il santo raffigurato. Era, insomma, corrente l'opinione secondo cui l'icona fosse effettivamente un ''luogo'' nel quale poteva agire il santo o, comunque, l'entità sacra che vi era rappresentata.
 
Si tenga poi conto del fatto che vi sono almeno due importanti passi biblici che servirono di supporto alla tesi iconoclasta: {{pb|Es|20,4-5}} e {{pb|Deuteronomio|4,15-19}}.<ref>Numerosissime sono in realtà le prescrizioni aniconiche dell'[[Antico Testamento]]: in Esodo soprattutto ({{passo biblico|Esodo|20,23}}, {{passo biblico|Esodo|24,17}}, oltre al noto episodio del vitello d’oro: {{passo biblico|Esodo|32}}) e nel Deuteronomio ({{passo biblico|Deuteronomio|4,12.27-28}}).</ref>
 
== L'opera di Leone III ==
[[Immagine:Clasm Chludov.jpg|thumb|left|Folio 67 del [[Salterio Chludov]] (IX secolo)]]
Per abbattere queste correnti eretiche, l'imperatore Leone III di Bisanzio, originario di Germanicea, promanò un editto imperiale del 726 che decretava l'eliminazione di queste raffigurazioni. Ciò condusse ad una generalizzata rivolta degli iconolatri dell'Impero (detti ''[[iconodulia|iconoduli]]'').
Il [[papa]], in quel tempo [[papa Gregorio III|Gregorio III]] condannò, dal canto suo, i decreti di Leone. La penisola italica vide anzi i suoi abitanti insorgere a difesa dell'ortodossia occidentale contro i funzionari bizantini. Fu proprio in questa occasione che il ducato di Roma assunse sempre maggiore indipendenza da Bisanzio: in questo vuoto di potere, i metropoliti di Roma avocarono a sé vere e proprie funzioni di governo.
 
== Gli scontri dottrinari ==
Fu il [[Concilio di Nicea II|secondo concilio di Nicea]] a dover deliberare sul culto delle immagini. Convocato nel [[787]] a Nicea, su richiesta di [[papa Adriano I]], dalla imperatrice reggente d'Oriente Irene di Bisanzio e dall'imperatore Costantino VI, si svolse con la partecipazione di 367 padri (tra cui anche Giovanni Damasceno e [[San Teodoro Studita|Teodoro Studita]]), quando a Bisanzio era patriarca [[Tarasio di Costantinopoli|Tarasio]].
 
Gran parte della difficoltà odierne nell'interpretazione delle idee iconodule consiste nell'uso indifferenziato del verbo [[lingua greca|greco]] ''gràphein'' per "scrivere", "descrivere", "rappresentare". Gli iconoduli, comunque, partivano dal seguente ragionamento: se il Cristo si è incarnato, resta possibile la raffigurazione delle sue fattezze umane; viceversa, la possibilità di rappresentare tali fattezze costituisce una prova sostanziale dell'incarnazione: opponendosi ad essa, gli iconoclasti si rivelavano eretici.
 
== Conclusioni ==
L'effetto complessivo dell'iconoclastia fu duplice: da un lato, il danneggiamento (quando non distruzione) di un grande numero di raffigurazioni sacre, ivi comprese opere d'arte e codici miniati; dall'altro, un generale irrigidimento dei rapporti fra la chiesa d'Oriente e la chiesa d'Occidente.
 
Nell'odierna Turchia, nella valle di Lhara (Peristrema), vi sono numerose chiese rupestri bizantine dove si possono ancora vedere, nella maggior parte dei casi, i volti delle raffigurazioni sacre sulle pareti danneggiati e deturpati. La loro distruzione risale a quel periodo, anche se l'iconoclastia proseguì in maniera più o meno occulta per numerosi anni.
 
== Cronologia ==
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== L'iconoclastia [[Protestantesimo|protestante]] ==
Molti capi religiosi protestanti incoraggiarono la distruzione delle immagini religiose, in sintonia con quanto avvenuto otto secoli prima, ritenendole una espressione pagana della fede. Oggetto di queste distruzioni furono non solo le statue e i dipinti di Cristo della Madonna e dei Santi ma anche le reliquie. Le prime manifestazioni iconoclaste di questa nuova avversione si ebbero in territori di lingua tedesca, a Zurigo nel 1523 a Colonia nel 1530 e ad Augusta nel 1537. Per il territorio francese furono le guerre di religione del 1562 a dare il via alle distruzioni di immagini nelle città cadute sotto controllo protestante. In alcuni casi la furia distruttiva non si fermò alle statue e alle immagini, ma coinvolse numerose chiese. Molti furono i monumenti prestigiosi andati distrutti, tra essi citiamo la Chiesa di San Martino a Tours, la Cattedrale della Santa Croce di Orléans, l'[[Abbazia di Jumièges]], la cattedrale di San Pietro a Angoulême e la Santa Maria Maddalena a Vézelay. A queste prime distruzioni fecero seguito nel 1566, quelle nelle Fiandre e in Olanda.
 
== Note ==
<references/>
 
*Giorgio Ravegnani, ''I Bizantini in Italia'', Bologna, il Mulino, 2004.
*Maria Bettetini, ''Contro le immagini. Le radici dell'iconoclastia'', Roma-Bari, Laterza, 2008.
== Voci correlate ==
*[[Culto di dulia]]
*[[Culto di latria]]
 
== Collegamenti esterni ==
*Un articolo di Giuseppe Patella in [http://www.kainos.it/Pages/articolo%20rice03.html#_ftn3 kainos.it].
 
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