Kerygma: differenze tra le versioni

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==== In Proverbi ====
 
In {{pb|Proverbi|9,3.4}}, il contesto di κήρυγμα è costituito dalla festa della Sapienza che invia le sue ragazze o domestiche nei punti più alti della città per "proclamare"<ref>in ebraico è usato il qal imperfetto di terza persona di קָרָא (qara')</ref>, che significa "chiamare, leggere a voce alta, recitare" (simile alla parola [["corano"]] che significa "recitazione" o "lettura salmodiata") - mentre il greco traduce, marcando la modalità, con συγκαλούσα μετὰ ὑψηλοῦ κηρύγματος, in riferimento alle giovani donne che sono dinamicamente descritte come "convocanti con proclamazione alta" o "a voce alta" gli abitanti di Gerusalemme.
 
==== In Giona ====
In {{Pb|1Corinzi|1,21}}, altro testo polemico indirizzato a destinatari diversi dai romani, il κήρυγμα è la proclamazione, con parole orali e scritte, della messianicità di [[Crocifissione di Gesù|Gesù crocifisso]], direttamente e indirettamente evocato più volte<ref>Cfr. {{Pb|1Corinzi|1,13.17-18.23;2,2.8}} {{Pb|2Corinzi|13,4}}</ref> anche in prossimità di κηρύσσω, come in {{Pb|1Corinzi|1,23}}: "noi invece proclamiamo Cristo [il] crocifisso", uno scandalo per i [[giudei]] e vera follia per gli etnici greci. In {{Pb|1Corinzi|1,21}}, [[Paolo]] riflette come il [[mondo ellenistico]], con la sua tradizione letteraria e filosofica, non abbia riconosciuto Dio che, nella sua sapienza, si è compiaciuto di "salvare" i credenti "per mezzo della follia del κήρυγμα". Parlando di follia, la propria<ref>Cfr. {{Pb|2Corinzi|11,16;12,11}}.</ref> e quella di [[Dio]], [[Paolo]] pensa alle difficoltà nel convincere [[greci]] e [[giudei]], che [[Gesù]], crocifisso, è [[Messia]] o [[Cristo]], completo e definitivo.
*Nel contesto,<ref>In {{Pb|1Corinzi|2,2-3}}</ref> [[Paolo]] ricorda il suo arrivo "in [[debolezza]] e timore" a [[Corinto]], proveniente da [[Atene]] dopo aver subito una canzonatoria contraddizione da parte di [[filosofi stoici]] ed [[epicurei]]<ref>Cfr. {{Pb|Atti|17,18}}.</ref> a conclusione di un nobile discorso su Dio, costruito a tavolino, secondo i canoni del ragionamento greco, quando aveva accennato a un uomo [[Risurrezione|risuscitato dai morti]] e costituito da quello stesso Dio di tutti, giudice degli uomini. A [[Corinto]], nella sua prima venuta, aveva rinunciato a questo modo di [[inculturazione|inculturare]] il [[vangelo]] e ora commemora quella scelta radicale: fin nel primo incontro "ritenni infatti tra di voi di non sapere altro se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso". Per conoscere il [[Dio ignoto]], invisibile [[Creatore]] del cielo e della terra, è ora importante spostare l'attenzione sull'uomo [[Crocifissione di Gesù|crocifisso]].
*In {{Pb|1Corinzi|2,4}}, [[Paolo]] continua a precisare con polemica l'opzione antiretorica: "la mia parola e il mio κήρυγμα" non consistettero in persuasive parole di sapienza, ma "in manifestazione di spirito e di potenza." La distinzione tra λόγος - parola - e κήρυγμα è qui la stessa che esiste normalmente tra predicazione e il suo contenuto. All'[[apostolo]] preme affermare che, in ogni caso, materia prima e "[[vangelo]]" non è la sapienza greca (né la legge mosaica) ma il "λόγος, quello della croce", che se è pazzia per alcuni, è salvezza per chi l'accoglie (cfr. {{Pb|1Corinzi|1,18}}) credendo a [[Paolo]] quando proclama che il [[Crocifissione di Gesù|crocifisso]] è Cristo, rivelazione autentica della "potenza di Dio" per i [[giudei]], e della "sapienza di Dio" per i [[greci]].<ref>Cfr. {{Pb|1Corinzi|1,24}}.</ref> Contenuto del kerigma ai [[corinzi]] è stata fin dagli inizi ed è ora per scritto, un'antitesi, ma che è una sintesi per [[Paolo]], un ritornello in {{Pb|1Corinzi|1-4}}<ref>Cfr. {{Pb|2Corinzi|10-13}}.</ref> e che è ricapitolata in due frasi parallele di {{Pb|1Corinzi|1,25}}, dove sono presenti oltre al [[Crocifissione di Gesù|Cristo crocifisso]], le reazioni di greci e giudei: "la cosa pazza di Dio è più sapiente degli uomini e la cosa debole di Dio è più forte degli uomini". È questa la inculturazione della [[professione di fede]] insieme conflittiva e agonistica<ref>Cfr. {{Pb|1Corinzi|9,27}}.</ref> ma anche [[apostolica]]<ref>Cfr. {{Pb|1Corinzi|15,11}}.</ref> nel [[vangelo]] della morte e risurrezione di Gesù, salvatore di ogni uomo. L'universalità è qui percepibile nella menzione di "uomini": utilizzino essi categorie ebraiche o greche nel loro rapporto con Dio. Tutti sono invitati, per mezzo della predicazione stolta di [[Paolo]], a misurarsi con il Creatore passando per la [[fede]] in un uomo che è il [[Cristo]], [[Crocifissione di Gesù|crocifisso]] e [[risurezzione|risorto]].<ref>Cfr. {{Pb|1Corinzi|15,12}}.</ref>
*Nella terza ed ultima occorrenza di κήρυγμα, in {{Pb|1Corinzi|15,14}}, ragionando con alcuni forse di origine greca che dubitano della necessità di una risurrezione fisica, [[Paolo]] ricorda che la [[fede]] nella risurrezione e nella vita attuale dell'ultimo [[Adamo]]<ref>Cfr. {{Pb|1Corinzi|15,22.45}}.</ref> è l'unica che dia senso al predicare e alla [[chiesa]] di Dio<ref>Cfr. {{Pb|1Corinzi|12,28;15,9}}.</ref>: se [[Gesù Cristo|Cristo]] non è risorto (qui [[Paolo]] usa l'indicativo), "vuoto è il nostro κήρυγμα", e "vuota anche la vostra fede". La fede è priva di contenuto; è vinta e sterilizzata dall'attesa della morte. La stessa [[predicazione]] che per Paolo non è solo "parola" ma condivisione esistenziale della croce di Cristo, portandone nel proprio corpo la morte<ref>Cfr. {{Pb|1Corinzi|4,9-13}}; {{Pb|2Corinzi|4,1-15;12,7-12}}.</ref> o le stigmate,<ref>Cfr. {{Pb|Galati|6,17}}.</ref> diverrebbe insignificante, e tale sarebbe anche la relazione tra lui, l'apostolo delle genti, e loro, i destinatari prima della proclazione orale o ora di questa lettera. Senza fede pasquale, inerti e senza vita resterebbero le relazioni parentali e le interrelazioni ecclesiali a [[Corinto]] e con le altre chiese locali<ref>Cfr. {{Pb|1Corinzi|7,17;11,16;16,19}}</ref>. [[Paolo]] identifica la sua, o "nostra" predicazione, orale o scritta che sia del [[vangelo]], come il contenuto essenziale e la struttura portante della [[fede]] in Dio, sapiente e potente, che salva gli uomini e le donne dalla morte con l'[[apostolato]] di Paolo, con la [[vocazione]] ed elezione di chiunque accoglie il kerigma<ref>Cfr. {{Pb|1Corinzi|1,1.2.9.24-28;7,18-24;15,9}}.</ref> per formare un unico nuovo "corpo di Cristo", secondo una ecclesiologia<ref>Cfr. {{Pb|1Corinzi|6,15;10,16;12,27}}</ref> che deriva interamente dalla [[fede]] nella morte e risurrezione di Gesù.
 
==== In Tito ====
 
Anche in {{Pb|Tito|1,3}}, nel saluto iniziale della lettera a questo distinto pastore ellenista<ref>Cfr. {{Pb|2Corinzi|2,13;7,6.13;8,6.16.23;12,18}}; {{Pb|Galati|2,1.3}}; {{Pb|2Timoteo|4,10}}; {{Pb|Tito|1,4}}</ref>, [[Paolo]] che si è appena introdotto come lo "schiavo" di Dio e "[[apostolo]]" di Gesù Cristo "per la fede degli eletti e per la conoscenza approfondita della verità" (cfr. {{Pb|Tito|1,1}}), esorta alla speranza nella vita senza fine. Dio, che non mente, l'ha promessa fin da prima del tempo. Recentemente, al momento giusto, ha manifestato τὸν λόγον αὐτοῦ ἐν κηρύγματι - "la sua parola nella predicazione", affidata in modo speciale a Paolo, in base ad un diretto "ordine del salvatore nostro Dio".
 
== Termini correlati ==
* Il nome maschile κῆρυξ (''kêryx''), che indica colui che predica o proclama, quindi il "banditore" o "araldo" o anche il "predicatore" o "messaggero"; è presente solo 8 volte in altrettanti versetti, ma non tutti canonici.<ref>In {{pb|Gen|41,43}}; nell'[[apocrifo]] [[4Mac]] 6,4; in {{pb|Sir|20,15}}; in {{pb|Dn|3,4}} dei [[Septuaginta|Settanta]] e in {{pb|Dn|3,4}} di [[Teodozione]]; in {{pb|1Tm|2,7}}, {{pb|2Tm|1,11}} e in {{pb|2Pt|2,5}}} dove è Noè l'"araldo di giustizia".</ref>
* Un verbo composto, ἀνακηρύσσω (''anakērýssō'') ricorre solo in 4Mac 17,23, dove l'autore descrive i [[sette fratelli maccabei|sette fratelli]] [[ebrei]] martiri: il tiranno [[Antioco IV Epifane|Antioco]], [[ellenismo|ellenista]], testimone oculare dell'evento, con stupore "li proclamò" o additò ai suoi soldati come un esempio da seguire nel sopportare anche i più crudi tormenti fisici.
* L'aggettivo ἐκκήρυκτος (''ekkēryktos''), "bandito", ricorre solo una volta.<ref>In {{pb|Ger|22,30}} dove lo stesso [[YHWH]] ordina di effettuare una registrazione particolare: "Iscrivete costui come un ἐκκήρυκτον ἄνθρωπον" - sintagma corrispondente probabilmente a ערירי וּבן־משק, "giovane senza figli" come da {{pb|Gen|15,2}} dove '''ariri'' è lo stesso [[Abramo]], in quanto "senza-prole". Il traduttore ha interpretato l'[[impotenza]] come una causa sufficiente per il suo bando dal popolo.</ref>
* Il composto προκηρύσσω (''proskērýssō'') ricorre solo una volta.<ref>In {{pb|At|13,24}} dove fa parte di un discorso di [[San Paolo Apostolo|Paolo]] e [[San Barnaba|Barnaba]] che, ad [[Antiochia di Pisidia]], spiegano come la [[missione]] di [[San Giovanni Battista|Giovanni]] resti distinta da quella di [[Gesù]]: Giovanni aveva preparato la venuta di Gesù "προκηρύξαντος - proclamando" un [[Battesimo di Giovanni|battesimo]] di [[conversione]] o [[metanoia|cambio di mentalità]] a tutto il [[popolo d'Israele]].</ref>
* Il nome στρατοκῆρυξ (''stratokêryx''), "araldo", ricorre solo una volta.<ref>In 1Re 22,36, dove è un "araldo militare", un soldato, mentre nel [[testo masoretico]] corrisponde a רִנָּה (''rinnah''), il "grido di gioia", come in {{pb|Is|14,7}} o, più comunemente, il "lamento" o "gemito", come in {{pb|1Re|8,28}}. In {{pb|1Re|22,36}} si tratta di un "editto" che dopo la sconfitta e la morte di [[Acab]] diventa una invito alla ritirata generale: "Ognuno alla sua città e ognuno alla sua terra".</ref>

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