San Carlo Borromeo: differenze tra le versioni

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== Biografia ==
NacqueNato ad Arona<ref name=Arona /> il [[2 ottobre]] [[1538]] da Gilberto II Borromeo e Margherita Medici di Marignano, sorella di [[papa Pio IV]], crebbe nella nobile e possidente [[famiglia]] Borromeo. Tra i racconti aneddotici della prima giovinezza si narra che durante l'occupazione spagnola della Rocca di Arona, proprietà dei Borromeo, egli partecipò in prima persona alla difesa.
All'età di circa 12 anni, suo zio, Giulio Cesare Borromeo, lo investì della dignità di [[abate]] e gli affidò la rendita di un'[[abbazia]], il reddito della quale fu da lui devoluto interamente per la carità verso i poveri.
 
Studiò [[diritto canonico]] e civile a [[Pavia]]. Nel [[1554]] [[Morte|morì]] suo padre. Pur avendo un fratello maggiore, il conte Federico Borromeo, gli fu richiesto dai parenti prossimi di prendere il controllo degli impegnativi affari di famiglia.; Solosolo dopo un certo periodo poté quindi riprendere i suoi studi e laurearsi nel [[1559]].
 
A Pavia creò nel [[1564]] una struttura residenziale molto attrezzata per ospitare studenti universitari di scarse condizioni economiche, ma con elevati livelli di preparazione e attitudine allo studio; istituto che da lui prese il nome di [[Almo Collegio Borromeo]]. Questa istituzione rappresenta il più antico e prestigioso collegio storico di Pavia e tra i più antichi d'Italia.
Nel [[1560]], lo zio materno, [[Giovan Angelo Medici di Marignano]], venne eletto [[papa]] con il nome di [[Pio IV]] (1559 - 1565) e invitò a Roma i suoi nipoti Carlo e il fratello primogenito Federico.
 
Nel [[1562]] Federico morì improvvisamente, perciò fu consigliato a Carlo di lasciare l'ufficio ecclesiastico e di trovare moglie con cui avere dei figli, per non estinguere la dinastia familiare. Carlo, tuttavia, rifiutò, sostenendo che avendo espresso voto di castità a [[Dio]], era meglio per lui rimanere conservare tale stato piuttosto che infrangere il voto fatto e contaminarsi il corpo e l'anima con una donna.
Nel [[1563]] fu [[ordinato]] [[sacerdote]] e subito dopo consacrato [[vescovo]]. Partecipò alle ultime fasi del [[Concilio di Trento]] ([[1545]] - [[1563]]), diventando uno dei maggiori promotori della [[controriforma]]; fece parte della commissione incaricata di revisionare la musica liturgica; collaborò in larga parte alla stesura del [[Catechismo Tridentino]] (''Catechismus Romanus'').
 
Successivamente, l'[[8 febbraio]] [[1560]], fu nominato [[arcivescovo]] di [[Arcidiocesi di Milano|Milano]]. In conformità ai desideri del [[papa]], visse in modo cònsono al suo elevato grado sociale, caratterizzandosi però per la sua temperanza e la sua umiltà che non furono mai tralasciate.
Nel [[1565]], lasciata la corte pontificia, entrò della [[diocesi di Milano]], nella quale da circa 80 anni mancava un vescovo residente e nella quale si era radicata una situazione di pesante degrado, con prelati dediti alle mondanità e presbiteri non preparati e spesso scostumati.
 
Ristabilì una rigida disciplina nel clero, spendendosi per il rafforzamento della [[Morale|moralità]] e della preparazione dei sacerdoti, secondo le direttive del [[Concilio di Trento|Concilio tridentino]] (costituì il seminario maggiore di Milano, il [[seminario elvetico]] e altri seminari minori): decretò, inoltre, che i presbiteri non potessero coabitare con donne, neppure loro strette consanguinee.
 
Per la sua opera riformatrice si servì anche dell'opera dei recenti [[ordine religioso|ordini religiosi]] ([[Compagnia di Gesù|Gesuiti]], [[Chierici Regolari Teatini|Teatini]], [[Chierici Regolari di San Paolo|Barnabiti]]) e fondò la congregazione degli [[Oblati dei Santi Ambrogio e Carlo|Oblati di Sant'Ambrogio]] nel ([[1578]]).
 
Negli anni del suo episcopato, dal [[1565]] al [[1584]], si dedicò alla diocesi milanese costruendo e rinnovando [[Chiesa (edificio)|chiese]] (i santuari di [[Santuario dell'Addolorata di Rho|Rho]] e del [[Sacro Monte di Varese]], [[Chiesa di San Fedele (Milano)|San Fedele]] a Milano e la [[chiesa della Purificazione di Maria Vergine in Traffiume]], si impegnò nelle [[visite pastorali]], curò la stesura di norme importanti per il rinnovamento dei costumi ecclesiastici. Fu nominato legato della [[Legazione di Romagna|Provincia di Romagna]] e [[visitatore apostolico]] di alcune diocesi [[Suffraganea|suffraganee]] di Milano, in particolare [[Bergamo]] e [[Brescia]], dove compì minuziose visite a tutte le [[Parrocchia|parrocchie]] del territorio.
 
La sua azione pastorale si allargò anche all'istruzione del [[Laico|laicato]] con la fondazione di scuole e collegi (quello di Brera, affidato ai gesuiti, o il Borromeo di Pavia).
Si impegnò in opere assistenziali in occasione di una durissima carestia nel [[1570]] e, soprattutto nel periodo della terribile peste del [[1576]] - [[1577]], detta anche "[[peste di San Carlo]]". [[Alessandro Manzoni]] ([[1785]] - [[1873]]) ne traccia nei ''[[Promessi sposi]]'' ([[1842]]) un ritratto nel quale sottolinea il suo impegno caritativo a favore della popolazione milanese colpita dal contagio.
 
Nella diocesi impose regole severe, come la separazione di uomini e donne nelle chiese e la repressione degli adulteri; inoltre pretese la sottomissione alle regole vescovili di [[Religioso|religiosi]] e laici organizzando anche una milizia privata (e armata) ai suoi diretti ordini con funzioni di polizia, il che ovviamente lo portò a scontrarsi con le legittime autorità preposte al mantenimento dell'ordine civico. In questo scontro non esitò a ricorrere anche alle [[Scomunica|scomuniche]], pur di prevalere sulle autorità secolari. Ciò gli valse numerose critiche e accuse di eccessivo rigorismo da parte delle autorità civili milanesi.
 
=== La soppressione degli Umiliati ===
Contrastò il potente ordine religioso degli [[Umiliati]] le cui idee si allontanavano dalla [[Chiesa cattolica]] con pericolo di scivolare verso posizioni protestanti e calviniste. Alcuni membri dell'ordine organizzarono per giunta un attentato alla sua vita., Tuttaviatuttavia il colpo di archibugio sparato alle spalle mentre il vescovo era inginocchiato a pregare e sparato da Gerolamo Donato, detto il Farina, un frate umiliato, non ebbe conseguenze; in ciò si vide un evento miracoloso. Nella causa di [[canonizzazione]] del Borromeo si cita:
{{quote|...e circa mezz'ora di notte (verso le 22) va il manigoldo nell'Arcivescovado e ritrovando il [[Cardinale]] inginocchiato nell'oratorio con la sua [[famiglia]] in oratione, secondo il suo solito, gli sparò nella schiena un archibuggio carico di palla e di quadretti, li quali perdendo la forza nel toccar le vesti non fecero a lui offesa veruna, eccetto che la palla, che colpì nel mezzo della schiena: vi lasciò un segno con alquanto tumore (gonfiore).}}
 
I quattro responsabili dell'attentato alla sua vita furono arrestati e giustiziati secondo le leggi in vigore. I beni dell'ordine soppresso, furono quindi devoluti ad altri ordini e in particolare i possedimenti a Brera furono dati ai Gesuiti e furono finanziate opere religiose come le costruzioni del [[collegio Elvetico]] e della chiesa di San Fedele.
Rei confessi, sotto tortura, Gerolamo Donato, detto Farina, i [[Prevosto|Prevosti]], Girolamo di Cristoforo di Vercelli, Lorenzo da Caravaggio condannati a morte: Bartolomeo da Verona, delatore, condannato a 5 anni di carcere: autori della congiura.<ref>[Giovanni F.Carlo Bescapè,"Vita di S.Carlo Borromeo,Ingolstadii, I592, rist.Milano,[[1965]],pagg.I99-2II.].</ref>
 
== La persecuzione di eretici ==
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