Dictatus papae
Il Dictatus papae è una raccolta assiomatica di 27 enunciazioni sui poteri dei pontefici; essa è registrata tra le lettere del papa Gregorio VII nel marzo del 1075; ne esiste una seconda redazione, la Auctoritates Apostolicae Sedis.
Origine
Alcuni storici ritengono che il documento sia stato scritto da Gregorio VII stesso nel corso dello scontro con l'imperatore Enrico IV, mentre altri ritengono che esso sia stato scritto da altri, e inserito nel registro (falsificandolo) a posteriori[1].
Nel 1087 il cardinale Deusdedit pubblicò una raccolta di decretali dedicata a Papa Vittore III che costituiva un corpus di diritto canonico e che il Cardinale aveva raccolto da fonti sia legittime che storicamente false (si veda per esempio lo Pseudo-Isidoro). Il Dictatus papae è in così stretta corrispondenza con questo testo che in molti hanno sostenuto che esso deve essere successivo alle decretali — da qui l'ipotesi della retrodatazione.
Il titolo Dictatus papae è l'intestazione nella raccolta di lettere personali della sezione che contiene il nostro documento. L'inserzione degli assiomi sotto questa intestazione vuol dunque dire che il Papa compose il testo personalmente (se si accetta l'autenticità della datazione), non che il testo costituisca una sorta di diktat papale. In effetti, il Dictatus Papae non fu nemmeno formalmente pubblicato, e non circolò al di fuori della Curia, tanto che non si ritrovano riferimenti al Dictatus nelle opere degli oppositori della Riforma gregoriana dal 1075 in poi (benché alcune delle posizioni espresse nel Dictatus fossero state espresse altrimenti da Gregorio, e solo di queste si trovi traccia nella documentazione storica). Si è pure discusso se fosse come un programma di governo voluto dallo stesso Gregorio. Lo storico G. B. Morino in una ricerca del 1944[2] ha sostenuto con buone ragioni che il Dictatus non è un programma di governo accentratore, ma sono i titoli dei capitoli di una collezione canonica, ed i singoli capitoli dovevano essere provati con argomenti teologici e giuridici.
Contenuto
I principi espressi nel Dictatus papae sono quelli alla base della Riforma gregoriana, che era stata iniziata da Gregorio decine d'anni prima della sua ascesa al trono papale. Gli assiomi del Dictatus cercano di stabilire la più assoluta supremazia papale. L'assioma "Al Papa è permesso deporre gli imperatori" distrugge in un sol colpo la nozione alto-medievale del bilanciamento fra potere religioso e potere civile che era espressa dal simbolo delle "due spade", quella spirituale e quella temporale. L'equilibrio fra potestas o imperium (l'Impero) e auctoritas (la Chiesa) aveva retto l'Occidente sin dai tempi dei Merovingi[3].
I 27 assiomi
Il Papa stabilisce:
Numero | Originale latino | Italiano |
I | «Quod Romana ecclesia a solo Domino sit fundata.» | Che la Chiesa Romana è stata fondata da Dio e da Dio solo. |
II | «Quod solus Romanus pontifex iure dicatur universalis.» | Che il Pontefice Romano è l'unico che può essere giustamente chiamato universale. |
III | «Quod ille solus possit deponere espiscopus vel reconciliare.» | Che Egli solo può deporre o riammettere i vescovi. |
IV | «Quod legatus eius omnibus episcopis presit in concilio etiam inferioris gradus et adversus eos sententiam depositionis possit dare.» | Che in qualunque concilio il suo legato, anche se minore in grado, ha autorità superiore a quella dei vescovi, e può emanare sentenza di deposizione contro di loro. |
V | «Quod absentes papa possit deponere.» | Che il Papa può deporre gli assenti. |
VI | «Quod cum excommunicatis ab illo inter cetera nec in eadem domo debemus manere.» | Che, fra le altre cose, non si possa abitare sotto lo stesso tetto con coloro che egli ha scomunicato. |
VII | «Quod illi soli licet pro temporis necessitate novas leges condere, novas plebes congregare, de canonica abatiam facere et e contra, divitem episcopatum dividere et inopes unire.» | Che ad Egli solo è legittimo, secondo i bisogni del momento, fare nuove leggi, riunire nuove congregazioni, fondare abbazie o canoniche; e, dall'altra parte, dividere le diocesi ricche e unire quelle povere. |
VIII | «Quod solus possit uti imperialibus insigniis.» | Che Egli solo può usare le insegne imperiali. |
IX | «Quod solius pape pedes omnes principes deosculentur.» | Che solo al Papa tutti i principi devono baciare i piedi. |
X | «Quod illius solius nomen in ecclesiis recitetur.» | Che solo il Suo nome sia pronunciato nelle chiese. |
XI | «Quod hoc unicum est nomen in mundo.» | Che il Suo nome è il medesimo in tutto il mondo. |
XII | «Quod illi liceat imperatores deponere.» | Che ad Egli è permesso di deporre gli imperatori. |
XIII | «Quod illi liceat de sede ad sedem necessitate cogente episcopos transmutare.» | Che ad Egli è permesso di trasferire i vescovi secondo necessità. |
XIV | «Quod de omni ecclesia quocunque voluerit clericum valeat ordinare.» | Che Egli ha il potere di ordinare un sacerdote di qualsiasi chiesa, in qualsiasi territorio. |
XV | «Quod ab illo ordinatus alii eclesie preesse potest, sed non militare; et quod ab aliquo episcopo non debet superiorem gradum accipere.» | Che colui che Egli ha ordinato può dirigere un'altra chiesa, ma non può muovergli guerra; inoltre non può ricevere un grado superiore da alcun altro vescovo. |
XVI | «Quod nulla synodus absque precepto eius debet generalis vocari.» | Che nessun sinodo sia definito "generale" senza il Suo ordine. |
XVII | «Quod nullum capitulum nullusque liber canonicus habeatur absque illius auctoritate.» | Che un testo può essere dichiarato canonico solamente sotto la Sua autorità. |
XVIII | «Quod sententia illius a ullo debeat retractari et ipse omnium solus retractare possit.» | Che una Sua sentenza non possa essere riformata da alcuno; al contrario, Egli può riformare qualsiasi sentenza emanata da altri. |
XIX | «Quod a nemine ipse iudicare debeat.» | Che Egli non possa essere giudicato da alcuno. |
XX | «Quo nullus audeat condemnare apostolicam sedem apellantem.» | Che nessuno può condannare chi si è appellato alla Santa Sede. |
XXI | «Quod maiores cause cuiscunque ecclesiae ad eam referri debeant.» | Che tutte le cause maiores, di qualsiasi chiesa, debbano essere portate davanti a Lui. |
XXII | «Quod Romana ecclesia nunquam erravit nec imperpetuum scriptura testante errabit.» | Che la Chiesa Romana non ha mai errato; né, secondo la testimonianza delle Scritture, mai errerà per l'eternità. |
XXIII | «Quod Romanus pontifex, si canonice fuerit ordinatus, meritis beati Petri indubitanter efficitur sanctus testante sancto Ennodio Papiensi episcopo ei multis sanctis patribus faventibus, sicut in decretis beati Symachi pape continetur.» | Che il Pontefice Romano eletto canonicamente è senza dubbio alcuno santificato in virtù dei meriti di San Pietro, secondo quanto detto da sant'Ennodio, vescovo di Pavia, confermato da molti santi padri che lo hanno sostenuto, secondo i decreti di San Simmaco papa. |
XXIV | «Quod illius precepto et licentia subiectis liceat accusare.» | Che, dietro Suo comando e col suo consenso, i vassalli hanno titolo per presentare accuse |
XXV | «Quod absque synodali conventu possit episcopus deponere et reconciliare.» | Che Egli possa deporre o reinsediare vescovi senza convocare un sinodo. |
XXVI | «Quod catholicus non habeatur, qui non concordat Romane ecclesie.» | Che colui il quale non è in pace con la Chiesa Romana non sia da considerare cattolico. |
XXVII | «Quod a fidelitate iniquorum subiectos potest absolvere.» | Che Egli possa liberare i sudditi dall'obbligo di obbedienza ai principi che hanno imposto il loro potere con la forza. |
Note | |
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Bibliografia | |
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Voci correlate | |
Collegamenti esterni | |
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