Diritto canonico

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Nel Decreto di Graziano, testo fondamentale del diritto canonico, dal centro dell'immagine del Cristo che reca i simboli dell'autorità si dipanano i gradi delle parentele

Il Diritto canonico è il complesso delle norme giuridiche vigenti nella Chiesa e che regolano la sua vita di comunità, in quanto essa è un ordinamento giuridico primario.

Deriva il suo nome dal greco κανών, kanón, nel senso di "norma di giudizio".

Natura

Il Codice non ha come scopo in nessun modo di sostituire la fede, la grazia, i carismi e soprattutto la carità dei fedeli nella vita della Chiesa. Al contrario, il suo fine è piuttosto di creare il giusto ordine nella società ecclesiale, in maniera che, assegnando il primato all'amore, alla grazia, ai carismi, si renda più agevole il loro organico sviluppo nella vita della Chiesa e delle singole persone che a essa appartengono.

Il Codice, dal momento che è il principale documento legislativo della Chiesa, fondato nell'eredità giuridico-legislativa della Rivelazione e della Tradizione, va riguardato come lo strumento indispensabile per assicurare il debito ordine sia nella vita individuale e sociale, sia nell'attività stessa della Chiesa[1].

Tutte le Chiese cristiane conoscono un diritto canonico, le cui finalità e la cui pratica configurazione sono determinate dalle diverse ecclesiologie di riferimento.

L'interpretazione autentica delle Leggi universali della Chiesa, confermata dall'autorità pontificia, spetta al Pontificio Consiglio per i Testi legislativi.

Le leggi ecclesiastiche sono promulgate con l'edizione nella gazzetta ufficiale degli Acta Apostolicae Sedis. Sono consentite le versioni nelle lingue correnti, ma ufficiale è sempre e solo il testo latino.

Fondamento biblico

Per capire la natura e il fondamento del Diritto Canonico bisogna riandare con la mente al lontano patrimonio di diritto contenuto nei libri dell'Antico e del Nuovo Testamento: da essi proviene tutta la tradizione giuridico-legislativa della Chiesa.

Cristo, infatti, non ha voluto distruggere il ricchissimo retaggio della Legge e dei Profeti, che si era venuto man mano formando dalla storia e dall'esperienza del Popolo di Dio dell'Antico Testamento, ma gli ha dato compimento (Mt 5,17 ), così che esso, in modo nuovo e più elevato, rimane come parte dell'eredità del Nuovo Testamento.

Gli scritti del Nuovo Testamento ci consentono di percepire ancor più l'importanza stessa della disciplina e ci fanno meglio comprendere come essa sia strettamente congiunta con il carattere di salvezza del messaggio evangelico.

La Prima Lettera ai Corinzi di San Paolo già mostra come le comunità cristiane delle origini si organizzassero facendo riferimento a norme

Nella storia della Chiesa

Le norme della Chiesa furono assai presto unite in raccolte. Per tutto il I millennio le Chiese d'Oriente e la Chiesa d'Occidente ebbero una disciplina comune, basata in prevalenza sui canoni emanati dai concili ecumenici universalmente accolti.

Il termine canone appare già al Concilio di Nicea (325), ma il significato diventa specifico dall'VIII secolo, per la necessità di distinguere fra i canoni della Chiesa e le leggi (in greco νομοί, nomoí) dell'ordinamento civile.

Nel corso del I millennio furono elaborate numerose raccolte di diritto ecclesiastico; fra le più influenti abbiamo i "falsi" che andavano sotto il nome dello Pseudo-Isidoro (IX secolo).

Alla crescente esigenza di unificare le disparate fonti di diritto ecclesiastico cercò di sopperire il monaco Giovanni Graziano, insegnante di diritto canonico a Bologna, con la sua Concordantia discordantium canonum ("Concordanza dei canoni discordanti"), il cosiddetto Decretum Gratiani, composto verso il 1140. Da allora in poi il diritto canonico ottenne un posto speciale nei piani di studio delle università occidentali.

Il Decretum Gratiani, insieme con le raccolte posteriori (Liber Extra, di Gregorio IX; Liber Sextus, di Bonifacio VIII; Clementine; Extravagantes, di Giovanni XXII; Extravagantes Communes) costituiva la parte principale del Corpus Juris Canonici. Questa denominazione, però, è tardiva e risale al XVI secolo: fu usata per la prima volta dal canonista di Parigi Jean Chappuis; divenne il titolo ufficiale del corpo delle norme canoniche solo a partire dal 1580. Sia nell'impianto che nel contenuto il Corpus appare strettamente collegato al diritto romano (Corpus Juris Civilis).

Dopo la promulgazione sotto Gregorio XIII della "edizione romana" (1582), elaborata dai Correctores Romani[2], esso fu utilizzato nella scuola e applicato nei tribunali e rimase in vigore fino al 1917.

Gli studi preparatori per il Codice Pio-Benedettino, promulgato da Benedetto XV il 19 maggio 1918, ebbero inizio già nel 1904 sotto Pio X e furono coordinati soprattutto dal futuro cardinale Pietro Gasparri.

Il Codice Pio-Benedettino ebbe valore per la Chiesa latina e, con alcune modifiche, anche per le Chiese orientali cattoliche.

Nel 1929 Pio XI nominò una commissione di cardinali perché codificasse per le Chiese Orientali un diritto apposito, di cui furono promulgate alcune parti negli anni 1949-1957.

Lo spirito e le decisioni del concilio Vaticano II resero necessaria una fondamentale riforma del Codice latino e di quello delle Chiese Orientali.

La promulgazione del nuovo codice avvennne nel 1983 a opera di Giovanni Paolo II. Il Codice dei canoni della Chiese orientali per le Chiese cattoliche orientali fu promulgato nel 1990.

Composizione attuale del Diritto canonico

Attualmente il diritto canonico della Chiesa cattolica si compone di:

Note
  1. Cfr. Giovanni Paolo II, Sacrae disciplinae leges, 25 gennaio 1983, passim.
  2. Si trattava di una commissione insediata da Pio V nel 1566.
Bibliografia
  • Diritto canonico (Fonti), in Carl Andersen, Georg Denzler (a cura di), Dizionario storico del Cristianesimo, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 1992, pp. 248-249 (con bibliografia)
Voci correlate
Collegamenti esterni