Divorzio e figli

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Il divorzio (l'interruzione del matrimonio) o la separazione (l'allontanamento di un coniuge dal nucleo familiare) possono avere ripercussioni sociali, psicologiche ed anche economiche, non solo sui partner ma anche sui figli. In concomitanza col mutare delle legislazioni nazionali e col cambiamento della società degli ultimi decenni sono comparsi molti studi volti ad analizzare gli effetti del divorzio sui figli.

Statistiche affidamento dei figli in Italia

L'affidamento del minore alla madre è stato per diversi anni la prassi comune, in Italia come negli altri paesi.

Nel nostro paese la legge n. 54 dell’8 febbraio 2006 ha stabilito che l’affidamento dei figli ad entrambi i genitori non è più un’evenienza secondaria ma diviene la regola, mentre l’affidamento esclusivo ad un genitore costituisce l’eccezione: "Anche in caso di separazione personale dei genitori il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale" (art. 155 del codice civile come modificato dalla legge 54/2006). Questa legge segue provvedimenti legali simili adottati da altri paesi come USA (2000, online), Regno Unito (2000, online) e Francia (2002, online).

Tipo di affidamento per anno (ISTAT).

Prospettive teoriche

Gli studi e le ricerche empiriche relative ai figli di genitori separati hanno dato risultati prevalentemente negativi, ma si notato negli ultimi decenni alcune tendenze di ordine ideologico-culturale e di ordine metodologico.

Innanzitutto, le ricerche sembrano risentire del panorama culturale di riferimento, sia per le effettive caratteristiche della popolazione studiata sia per l'orientamento preconcetto dei ricercatori.[4][5] In particolare la letteratura precedente alla liberalizzazione sessuale degli anni '70, quando ancora il panorama socio-culturale era sostanzialmente dominato dalla visione giudaico-cristiana circa l'indissolubilità del matrimonio, mostra un sostanziale pessimismo circa gli effetti del divorzio sui figli. A partire dagli anni '70-80, in concomitanza col cambiamento della società e delle legislazioni nazionali circa la liceità del divorzio, le ricerche appaiono meno monolitiche e pessimistiche, indicando in alcuni casi effetti complessivamente positivi circa lo sviluppo dei figli di divorziati.

Risultati delle ricerche sugli effetti del divorzio sui figli secondo la metanalisi di Amato (2001).

Dal punto di vista metodologico, la metanalisi di Amato (2001),[6] aggiornamento della metanalisi del 1991,[7] esaminando 92+67 ricerche nota come gli effetti rilevati variano nei decenni anche in base al metodo di ricerca implementato. Aggiustando i risultati in base ai fattori intermedi (cioè caratteristiche famigliari come educazione, reddito, personalità di genitori e figli), nota come gli effetti siano complessivamente più nocivi nelle ricerche degli anni '70 poiché questi studi non tenevano debitamente conto dei fattori intermedi. Negli anni '80, quando la metodologia si raffina e questi fattori sono considerati, gli effetti negativi si riducono, anche se rimangono rilevanti. Negli anni '90 gli effetti sono maggiormente pronunciati poiché, nonostante la metodologia di ricerca corretta, la cultura tollerante verso il divorzio ha portato all'aumento delle separazioni anche per i nuclei che sono caratterizzati da basso conflitto: se i figli di coppie altamente conflittuali possono ottenere vantaggi dalla separazione, "i matrimoni a basso conflitto che finiscono in divorzio appaiono essere particolarmente stressanti per i figli e sono associati con deficit a lungo termine nell'aggiustamento e nel benessere" (Amato, 2001: 365).

Conseguenze dirette

Nell'ambito della teoria dell'attaccamento, lo sviluppo di un bambino è tanto più sano ed equilibrato quanto più è cresciuto in un ambiente tranquillo e sicuro, caratterizzato dall'amore e dalla custodia dei caregivers (termine inglese indicante letteralmente "coloro che danno cura a" o "si prendono cura di", applicato a genitori e/o educatori stretti anche nella letteratura non anglofona).

In quest'ottica, in un nucleo familiare caratterizzato da continui dissidi e litigi tra i partner, se questi sono gravi e irrisolvibili, la separazione può essere vista come il male minore. Tuttavia l'allontanamento di un genitore (solitamente il padre) dalla vita quotidiana del figlio comporta comunque, sempre nell'ottica della teoria dell'attaccamento, un deficit che si ripercuote nello sviluppo del bambino.

Secondo la maggior parte degli studi,[8] i bambini che hanno vissuto una separazione dei genitori mostrano tendenzialmente, rispetto ai figli con nuclei familiari biparentali, una maggiore ansietà, depressione, aggressività (incluso il fenomeno del bullismo[9]), difficoltà nelle relazioni sociali e nel rendimento scolastico. Una minoranza di studi[10] non ha trovato differenze significative tra i figli di genitori separati e quelli cresciuti in famiglie biparentali. Questo risultato in contrasto con la letteratura maggioritaria può essere spiegato con un campionamento non significativo (sono stati esaminati pochi casi, oppure i casi dove la tensione familiare era così elevata - p.es. padre alcolista e violento - da rendere il divorzio la scelta preferibile), oppure con la diversità dei fattori studiati, oppure con la diversità degli strumenti d'analisi (interviste, questionari, osservazione diretta).[11]

In ambito familiare, la mancata vicinanza del padre implica una inadeguata interiorizzazione del modello parentale maschile.[12] I figli possono rimanere tesi e inquieti verso entrambi i genitori.[13] Solitamente i figli sviluppano la paura di essere abbandonati dai genitori, in particolare dal genitore uscito dal nucleo familiare, e temono di essere parimenti fallimentari nella costruzione della propria famiglia futura, sia verso il partner che verso i figli.[14]

Gli effetti negativi della separazione si fanno sentire sui figli di entrambi i generi, ma in maniera lievemente più dannosa sui maschi.[15] Il calo è più significativo per i primogeniti.[16] Circa l'età del bambino al momento della separazione, i disagi sono presenti per ogni fascia di età, inclusa l'adolescenza,[17] ma alcuni studi[18] mostrano che i deficit sono particolarmente significativi allorquando la separazione risale agli anni prescolari. Mentre nei figli più piccoli il trauma si limita a produrre deficit emotivi, cognitivi e relazionali, i figli che vivono un divorzio durante l'adolescenza sono esposti a una maggiore implicazione nei comportamenti a rischio e devianti.[19]

Oltre a subire passivamente gli effetti della separazione, i bambini con una certa capacità di elaborazione simbolica (a partire dai 3-6 anni) possono cercare di reagire attivamente al lutto con i tipici meccanismi di difesa.[20] Il bambino può semplicemente negare, con se e con gli altri, che la sua famiglia si sia sciolta, parlando del coniuge (solitamente il padre) come se facesse ancora parte del nucleo familiare. Oppure può negare 'fattivamente' la separazione, p.es. sognando la famiglia ricostituita o realizzando disegni o storie con bambole che l'attualizzano. Dato l'irrazionalità del lutto ("perché se ne è andato?") il figlio può cercare di razionalizzare l'accaduto giudicandosi colpevole ("perché sono stato cattivo"). In altri casi il bambino non cerca di spiegarsi l'accaduto ma introietta il comportamento "cattivo" del padre, diventando aggressivo e ribelle.

La ricostituzione della famiglia con un nuovo matrimonio o convivenza, sebbene riduca in parte i disagi economici (v. dopo), causa comunque confusione, disagi e problemi soprattutto nei figli più grandi.[21] Diversamente dai ragazzi, nelle famiglie ricostituite le ragazze mostrano maggiori problemi rispetto alle figlie sia di famiglie monoparentali che biparentali.[22]

Conseguenze indirette

Calo del reddito economico

Rapporto tra reddito di famiglie monoparentali verso biparentali (fissato a 100) secondo diverse ricerche.[23]

Il divorzio può avere conseguenze indirette sui figli a causa di diversi fattori intermedi, correlati in particolare col minore reddito economico della nuova famiglia monoparentale, per decenni costituita prevalentemente dalla madre.[24]

Il genitore (solitamente la madre) assume in prima persona la custodia dei figli, con o senza alimenti versati dall'altro partner (solitamente il padre). Questo implica solitamente che il genitore deve dedicare tempo, energie ed attenzione nella ricerca di uno stabile sostentamento economico, a discapito della cura e della custodia del minore,[25] con un conseguente calo del capitale sociale (v. dopo).

Trasferimento residenziale e scolastico

In particolare nelle situazioni di residenza urbana, il declino economico conseguente al divorzio implica in molti casi la ricerca di una residenza compatibile con la nuova situazione economica.[26] Nelle grandi città questo implica solitamente il trasferimento da un quartiere di ceto medio o medio-alto a uno con indicatori inferiori. In alcuni casi il trasferimento può essere correlato anche con il cambiamento dell'istituzione scolastica, e questo causa ulteriori deficit e disagi. È presente nei figli un inevitabile stress nel breve-medio termine dovuto al riadattamento alla nuova struttura, ai nuovi compagni, ai nuovi insegnanti. I docenti poi tendenzialmente spendono, almeno in una fase iniziale, meno tempo e attenzione verso i nuovi alunni poco conosciuti. Inoltre la nuova scuola dei quartieri con status minore è solitamente caratterizzata da una qualità minore, sia per la limitata disponibilità economica sia per la composizione maggioritaria di alunni provenienti da classi sociali con statu s minore.

Calo del capitale sociale

Con capitale sociale (vedi in particolare Coleman 1988) si intende il vantaggio di cui gode una persona nell’essere inserito in una adeguata struttura relazionale. Nel caso dei figli di genitori separati, il capitale sociale entra in gioco in particolari fattori che implicano vari deficit cognitivi e relazionali.

  • minore attenzione materna. Nelle famiglie monoparentali o ricostituite il controllo materno è minore, in parte poiché la singola madre spesso ha maggiore confidenza e minore autorità coi figli, in parte perché la madre che vive sola col figlio deve dedicare tempo ed energie all’attività lavorativa remunerata, necessaria per il mantenimento economico, distogliendo necessariamente tempo e attenzione ai figli.[27]
  • minore attenzione paterna. Sia nelle famiglie monoparentali materne sia in quelle ricostituite il legame figli-padre (sia biologico che ricostituito) è minore rispetto a quelle con genitori che non si sono separati.[28]
  • minore controllo complessivo. Nelle famiglie separate si instaura solitamente una sorta di conflitto tra gli ex-partner circa la cura e la custodia dei figli, con l' "egoistico" intento di catturare il loro affetto e preferenza a discapito della controparte. I genitori sono quindi divisi nell'affrontare i problemi tipici che l'adolescenza può presentare ("cattive" compagnie, fumo, alcol, sostanze, sessualità precoce) e possono essere più tolleranti circa questi comportamenti rispetto alle famiglie biparentali.
  • minori motivazioni. Sia nelle famiglie monoparentali sia in quelle ricostituite i genitori non riescono a fornire ai figli adeguati incoraggiamenti e motivazioni al successo nelle varie attività intraprese, in primis la carriera scolastica, indipendentemente da reddito economico.[29] Inoltre, soprattutto nel medio e breve periodo seguente la separazione, il genitore è alle prese con la gestione ed elaborazione del proprio lutto e alla risoluzione delle nuove difficoltà (soprattutto economiche) che ne possono derivare, e può non avere tempo-attenzione-energie da dedicare ai problemi che anche i figli possono incontrare.
  • minori aspettative degli insegnanti. Indipendentemente dal trasferimento scolastico o meno, gli insegnanti tendono ad avere minori aspettative verso alunni con famiglie monoparentali e a dedicare loro meno attenzioni e valutazioni più basse.[30]
  • responsabilizzazione familiare. Nel caso di figli e soprattutto figlie con una certa maturità (a partire dalla pre-adolescenza) il genitore monoparentale può richiedere loro un aiuto nella gestione delle faccende domestiche e/o nella cura di altri figli più piccoli. Nel caso di gravi problemi economici i figli possono essere indirizzati precocemente all'attività lavorativa, interrompendo la carriera scolastica. Questa responsabilizzazione, comune nelle società rurali e sotto-sviluppate ma insolita nella società occidentale contemporanea, può avere risvolti positivi nella maturazione e nello sviluppo dei figli ma può comportare anche significativi deficit rispetto ai coetanei nelle normali attività ludiche, relazionali, scolastiche. La presenza e l'aiuto di figli maggiori già economicamente autonomi e/o parenti prossimi (in particolare nonni) riduce le richieste ai minori.[31]

Ricostituzione famigliare

Nelle famiglie ricostituite, ossia quanto un genitore si convive o si sposa con un nuovo partner, può verificarsi l' "effetto Cenerentola" (Cinderella effect), ovvero l'aumento del rischio per i minori di abusi di vario tipo, in particolare portati in atto dal patrigno, e in misura minore dalla matrigna.

Abusi su minori per tipo di famiglia (NIS-4, 2010).

Durata degli effetti

Circa il persistere negli anni di questo deficit gli studi hanno dato risultati discordanti, in parte per il subentrare di fattori intermedi che non sono sempre controllati (in particolare la ricostituzione della famiglia col conseguente sgravio dei problemi economici). Uno dei primi studi sul medio-lungo periodo[32] ha fornito risultati parzialmente incoraggianti, mostrando come la maggior parte dei casi del campione studiato dopo due anni dal divorzio non mostrava significativi deficit. Anche uno studio esaminante i casi a cinque anni dalla separazione[33] ha riscontrato disturbi in una minoranza, seppure significativa. Uno studio a dieci anni[34] non ha mostrato differenze significative tra figli di separati e figli di non separati, e lo stesso risultato ottimista ha ottenuto una ricerca su adolescenti.[35] Uno studio[36] ha indicato che il 75-80% degli adulti che hanno vissuto un divorzio da bambini mostrano capacità di coping nella norma.

Altre ricerche hanno invece mostrato il perdurare delle difficoltà derivanti da separazioni durante l'infanzia ancora nel medio-lungo periodo,[37] anche durante gli anni universitari.[38] Uno studio compiuto sui 26enni svedesi dei precedenti dieci anni[39] ha rilevato tra i figli di famiglie monoparentali un tasso di ospedalizzazione per problemi psichiatrici o comportamenti a rischio di 2,5% per le ragazze e 1,5% per i ragazzi, contro rispettivamente l'1% e lo 0,5% dei figli di famiglie biparentali. Anche il tasso di suicidio o tentato suicidio è maggiore: 2,2% per le ragazze e l'1% per i ragazzi, contro lo 0,8 e 0,3 dei figli di famiglie biparentali.

In età adulta i figli di separati hanno a loro volta una maggiore propensione alla separazione rispetto ai figli di genitori non separati, sia i maschi (1,9 volte) che le femmine (1,5 volte).[40]

Implicazioni psichiatriche

Il divorzio e la separazione possono avere sui figli effetti a lungo termine anche per quanto riguarda l'eziologia di alcuni dei principali disturbi psichiatrici dell'età adulta. Il divorzio nella prima infanzia è associato a un più alto rischio di depressione nel corso della vita.[41] Anche gli attacchi di panico sono fortemente e significativamente associati con la separazione dei genitori, in particolare con una separazione precoce dalla madre.[42] La patologica fobia sociale, come anche il non patologico comportamento schivo, timido e taciturno, sono significativamente correlati a vari eventi infantili stressanti, tra i quali la separazione da una figura genitoriale.[43] Il rischio di sviluppare un disturbo post-traumatico da stress è può essere associato a una precoce separazione dai genitori.[44] Nello sviluppo della patologia borderline è discriminante la mancanza di una solida e stabile figura paterna, e tra i pazienti borderline sono prevalenti quelli con storie di perdite e separazioni precoci.[45] Anche pazienti con altre patologie dell'asse II (disturbi di personalità e ritardo mentale) hanno alle spalle una percentuale significativamente più elevata di perdite e separazioni precoci.[46]

Tra i molteplici fattori eziologici dei disturbi alimentari (in particolare anoressia e bulimia) si trova anche la separazione familiare.[47][48]

Particolarmente controversa è l'identificazione di una Sindrome da alienazione genitoriale, descritta dallo psichiatra infantile statunitense Richard A. Gardner, che la identifica come "un disturbo che insorge quasi esclusivamente nel contesto delle controversie per la custodia dei figli". Questo disturbo, diversamente da quelli sopra elencati, non è incluso nell'attuale versione del DSM (DSM-IV-TR del 2000), e su di esso la American Psychological Association non si è ancora pronunciata.

Valutazione cattolica

Il sacramento del matrimonio implica che i coniugi che lo attuano si impegnino nella fedeltà reciproca, stabile e duratura. Quanto ai figli, essi "hanno bisogno dell'unione stabile dei genitori" (CCC 2381), e il divorzio dei genitori genera "gravi danni [...] per i figli, traumatizzati dalla separazione dei genitori, e sovente contesi tra questi" (CCC 2385).

Note
  1. Fonte ISTAT 2005, tabella 6.
  2. Fonte ISTAT 2006, tabella 3.
  3. Fonte ISTAT 2010, tabella 3.
  4. Francescato, p. 325.
  5. "Children of Divorce: Development and Clinical Issues". Numero monografico del Journal of Divorce, n. 1-3 (1988-89).
  6. Amato, P.R. (2001). "Children of divorce in the 1990s: An update of the Amato and Keith (1991) meta-analysis". Journal of Family Psychology, 15(3): 355-370 abstract.
  7. Amato, P.R.; Keith, B. (1991). "Parental divorce and the well-being of children: A meta-analysis". Psychological Bulletin, 110(1): 26-46, abstract.
  8. McLanahan, S.S. “Family Structure and Stress: A Longitudinal Comparison of Male and Female-Headed Families”. Journal of Marriage and the Family, n. 45 (1983), p. 347-57. McLanahan, S.S. “Family structure and the reproduction of poverty”. American Journal of Sociology, n. 90 (1985), p. 873-901. McLanahan, S.S.; Booth, K. “Mother-only families: Problems, prospects, and politics”. Journal of Marriage and the Family, n. 51 (1989), p. 557-579; Guidubaldi, I.; Cleminshaw H.K.; Perry, J.; Mclaughlin, C. “The Impact of Parental Divorce on Children”. School Psychology Review, n. 12 (1983), p. 300-323; Hetherington, E.; Camara, K.A.; Featheman, D. “Achievement and intellectual functioning of children in one-parent households”. In: Spence, J. (a cura di). Achievement and achievement motives. San Francisco, W. H. 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Voci correlate
Collegamenti esterni