Serapeo

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Frammento di un papiro redatto in Alessandria nel V secolo, riportante una storia del mondo mostra il vescovo della città, Teofilo, che regge i simboli della divinità di Serapide come un trofeo stando in piedi sui resti del tempio nel 391.

Serapeo è il nome che viene dato ad ogni tempio, o altra struttura religiosa, dedicata alla divinità sincretica Serapide, venerata nell'Egitto ellenistico e che combinava elementi degli antichi dei egizi Osiride e Api in una forma antropizzata compatibile con la cultura della Alessandria tolemaica.

Vi furono numerosi centri di questo culto ognuno dei quali detto, in greco, Serapeion o Serapeum nella forma latinizzata.

Il più famoso tempio dedicato a Serapide fu costruito in Alessandria durante il regno di Tolomeo III (che regnò dal 246 a.C. al 222 a.C.).

Serapeo di Alessandria d'Egitto

(LA) (IT)
« Serapeum, quod licet minuatur exilitate verborum, atriis tamen columnariis amplissimis et spirantibus signorum figmentis et reliqua operum multitudine ita est exornatum, ut post Capitolium, quo se venerabilis Roma in aeternum attollit, nihil orbis terrarum ambitiosius cernat. » « Il Serapeo, il cui splendore è tale che le semplici parole possono solamente sminuirlo, è talmente ornato di grandi sale colonnate, di statue che sembrano vive e tanta moltitudine di altre opere, che niente altro, eccetto il Campidoglio, simbolo dell'eternità della venerabile Roma, può essere considerato più fastoso al mondo. »
(Ammiano Marcellino, Res Gestae, XXII, 16 )

Sembra che già durante il regno di Tolomeo I Soter fosse stato eretto un primo tempio consacrato a Serapide, una struttura abbastanza semplice e modesta, probabilmente, in stile greco che venne in seguito arricchita con elementi architettonici egizi. Secondo quanto riportato dal geografo greco Strabone l'edificio, di cui non rimangono vestigia, si sarebbe trovato nella parte occidentale della città.

Tolomeo II fece aggiungere al tempio una biblioteca, più piccola di quella, più famosa, annessa al Museo, contenente 42.800 rotoli di papiro.

La "Colonna di Pompeo", eretta sul sito del Serapeo di Alessandria
Ricostruzione ipotetica della statua di Briasside

Tolomeo III fece rifondare la costruzione affidando l'incarico all'architetto Parmenisco. Il tempio ospitava una statua del dio, opera dello scultore Briasside. Serapide è raffigurato nella foggia di uomo barbuto, seduto su un trono (immagine legata all'iconografia dello Zeus greco), recante sul capo un cesto colmo di sementi. Nella mano sinistra sollevata regge un lungo scettro, mentre la destra è poggiata sulla testa di un Cerbero.

Per opera dell'imperatore romano Claudio (41-54) il tempio fu rivoluzionato e portato alle dimensioni di grande santuario (185 x 92 metri) In questo modo l'acropoli alessandrina si abbellì di numerosi edifici: tempio di Serapide e annessa biblioteca, tempio di Anubi, quello di Ibi, la necropoli degli animali sacri, gli obelischi di Seti I e la colonna di Serapide, che risulta ancora al suo posto nel III secolo.

Durante il regno di Traiano (98-117) si ebbe ad Alessandria una ribellione ebraica a seguito della quale tempio di Serapide fu distrutto. L'imperatore Adriano (117-138) fece ricostruire il santuario facendovi aggiungere una grande statua del toro Api, statua che, dopo il suo rinvenimento nel 1895, è attualmente conservata nel museo greco-romano di Alessandria.

Secondo la tradizione l'accesso al tempio avveniva attraverso una lunga gradinata. Le pareti esterne erano coperte di marmo e quelle interne di metalli preziosi. Nella sancta sanctorum del tempio era collocata la monumentale statua di Serapide.

Scavi condotti nel sito della Colonna di Pompeo (in realtà eretta da Diocleziano), eseguiti nel 1944, hanno portato alla scoperta del deposito di fondazione del tempio. Si tratta di due serie di dieci placche ciascuna; per ogni serie vi è una placca in oro, una in argento, una in bronzo, una in ceramica, una in fango essiccato del Nilo e cinque in vetro opaco. Tutte le placche riportano un testo, in greco ed in geroglifico, riportante il decreto di Tolomeo III di costruzione del tempio Nella stessa area è stato anche rinvenuto il deposito di fondazione di un tempio dedicato ad Arpocrate eretto durante il regno di Tolomeo IV.

Distruzione del Serapeo di Alessandria

Dopo l'emanazione dei decreti teodosiani che proibivano tutti i culti pagani e l'accesso ai templi, questi non potevano più essere utilizzati e finirono con l'andare in rovina o con l'essere riutilizzati per altre funzioni e a volte come chiese, provocando in alcuni casi disordini e ribellioni. Questi avvenimenti coinvolsero anche il Serapeo di Alessandria, che venne distrutto nel 391. Sulle precise modalità di questa distruzione le fonti di cui disponiamo non concordano in modo completo.

Lo storico cristiano Sozomeno, nella sua Storia ecclesiastica (scritta tra il 440-443), racconta che in seguito alla decisione imperiale di convertire un tempio pagano al culto cristiano scoppiarono nella città di Alessandria disordini armati da parte dei pagani, che arrivarono a occupare il Serapeo e a torturare e uccidere cittadini cristiani. Terminata l'occupazione l'imperatore ordinò la distruzione del Serapeo, ma questo venne solo privato dei simboli pagani per poi essere trasformato in chiesa.

Il monaco e storico cristiano Rufino di Aquileia nella sua Storia ecclesiastica riporta una versione sostanzialmente analoga a quella di Sozomeno, tranne che per la circostanza che il Serapeo venne completamento distrutto e sulle sue rovine venne insediata una comunità di monaci provenienti dal deserto.

Una terza versione dei fatti che portarono alla distruzione del Serapeo di Alessandria riporta come Teofilo si trovasse asserragliato all'interno del tempio di Mitra. Durante alcuni lavori di scavo vennero alla luce dei teschi umani che furono portati come prova dei sacrifici umani perpetrati dai pagani. Offesi da queste supposizioni i non cristiani posero sotto assedio Teofilo dopodiché la storia prosegue come nella versione di Rufino di Aquileia.[1]

Accenni a questa vicenda si trovano anche negli scritti di Socrate scolastico (Storia Ecclesiastica, v, 17).

Versioni alternative alle precedenti sono fornite da scrittori non cristiani come Eunapio, storico dell'ultimo periodo neoplatonico, il quale scrive che «senza una ragione plausibile, senza il minimo rumore di guerra, il tempio di Serapide venne distrutto. Le statue e le offerte votive furono rubate. Solo il pavimento del tempio non venne asportato, dato che le pietre erano troppo pesanti. E dopo quella distruzione si vantavano di aver distrutto gli dei [...] In seguito, introdussero in quei luoghi sacri i cosiddetti monaci, uomini nella forma ma porci nel vestire e nel mangiare».[2] In questi scritti la folla dei cristiani viene descritta utilizzare tattiche militari per giungere alla distruzione del Serapeo rubando tutto ciò che non viene distrutto.

Comunque la distruzione del Serapeo di Alessandria, intesa come fine del suo utilizzo come luogo di culto di Serapide, è stata vista dagli scrittori antichi e moderni come il culmine del movimento teso a sopprimere tutti il paganesimo nell'Egitto del V secolo.

Altri Serapei

Obelisco del Pantheon

Altri Serapei importanti furono: il Serapeo di Saqqara, una importante necropoli egizia situata presso Menphi; il Serapeo di Canopo, nel delta del Nilo; il Serapeo campense, nel Campo Marzio di Roma, costruito nel 43 a.C., e del quale sono rimasti gli obelischi che oggi sono collocati davanti al Pantheon e alla Chiesa della Minerva e il cosiddetto obelisco di Dogali, oltre alla statua di Iside collocata davanti alla chiesa di San Marco; il Serapio del Quirinale; il Serapio di Villa Adriana a Tivoli; il Serapeo dell'Antico Mercato a Pozzuoli; il Serapeo di Ostia antica; il Serapeo di Industria (Torino).

Note
  1. Turcan, Robert, Cults of the Roman Empire, Blackwel, 1996.
  2. Eunapio, Vita di sofisti, vi.2.
Bibliografia
  • Mario Tosi. Dizionario enciclopedico delle Divinità dell'Antico Egitto. Volume II. Torino, ANANKE, 2006 - ISBN 88-7325-115-3
  • Serena Ensoli. I santuari di Iside e Serapide a Roma e la resistenza pagana in età tardoantica in Aurea Roma, 273-282. Roma, L'Erma di Bretschneider, 2000 - ISBN 88-8265-126-6
Voci correlate
Collegamenti esterni