Cesare Brancadoro: differenze tra le versioni

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Raggiunta la sua diocesi, vi fece due volte la [[visita pastorale]], prima di essere promosso arcivescovo di Fermo nel [[1803]]. In questo periodo attese al riordinamento dei suoi scritti, ripubblicati in nove volumi
 
Costretto a vivere a Parigi dal 1810 con gli altri membri del [[Sacro Collegio]], il Brancadoro rifiutò di assistere al secondo matrimonio di Napoleone con [[Maria Luisa d'Asburgo-Lorena]], celebrato il [[2 aprile]]. Fu per questo motivo confinato a Reims, assieme al [[Ercole Consalvi|Consalvi]], il [[10 giugno]] fu privato del privilegio di portare la porpora con altri dodici cardinali rei di non aver partecipato alle nozze religiose dell'imperatore. Alla fine del [[1813]], appena gli fu possibile raggiungere lo corte pontificia a Fontainebleau, fu uno dei più intransigenti con il Consalvi nel chiedere al papa la denuncia del [[Concordato di Fontainebleau|concordato]], strappatogli da Napoleone e ritenuto lesivo delle prerogative papali. Ciò gli costò un altro confino a Orange dal gennaio [[1814]]: liberato nell'aprile, raggiunse Roma alla fine dell'anno. Se ne allontanò poi durante l'occupazione murattiana dello Stato pontificio, recandosi a Genova.
 
Rientrato definitivamente nella sua diocesi nel giugno [[1815]], il Brancadoro fu fautore di un ritorno integrale alla situazione preesistente alla Rivoluzione, predicando la necessità della restituzione dei beni ecclesiastici alienati, in contrapposizione alla politica riformistica del [[Segretario di Stato]] Consalvi. Nel [[Papa Leone XII#Il conclave|conclave del 1823]] appoggiò, coerentemente con questa posizione, la candidatura di [[Antonio Gabriele Severoli]] insieme con gli altri "zelanti". Ammalatosi e divenuto dal [[1828]] quasi completamente cieco, non partecipò ai conclavi del 1829 e del 1830-31.
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