Utente:Massimo Bernabò/Genesi Cotton
La Genesi Cotton (Londra, British Library, cod. Cotton Otho B.VI) era un codice miniato di probabile origine egiziana della fine del V secolo. Il testo riporta la Genesi nella versione greca della Bibbia detta dei Settanta.
Descrizione
Di formato quasi quadrato 33 x 25 cm, con le pagine divise pressappoco a metà tra testo e miniatura. Dei circa 220 fogli originali di pergamena oggi rimangono solo un gruppo di frammenti carbonizzati, quanto sopravvissuto all'incendio che nel 1731 distrusse Ashburnham House, dove era alloggiata la biblioteca di Sir Robert Bruce Cotton[1].
Il luogo di produzione della Genesi Cotton è comunemente accettato essere l'Egitto, sulla base dello stile tardoantico delle miniature che trova riscontro in raffigurazioni su tessuti copti e frammenti dipinti di codici di papiro, mentre l'ipotesi che il codice sia stato prodotto a Roma non trova consenso; la datazione più attendibile è intorno all'anno 500 o la fine del V secolo.
Le sue circa 330 miniature originarie traducevano in immagine pressoché tutti i passi del testo della Genesi. Per la storia di Adamo ed Eva si usò come fonte non il testo della Genesi, ma come per altri manoscritti dello stesso periodo quali le Genesi di Vienna, si attinse da ben note narrazioni apocrife, in specie un manoscritto miniato con storie affini a quelle tramandate nella cosiddetta Vita di Adamo ed Eva.
La Genesi Cotton non è una creazione originale, ma è una copia di un manoscritto più antico; questo archetipo è il capostipite di un numeroso gruppo di opere medievali, tra le quali le formelle con scene veterotestamentarie del paliotto eburneo di Salerno ed alcune famiglie di codici miniati, tra i quali le Bibbie prodotte in epoca carolingia (prima metà del IX secolo) negli scrittoria di Tours e Reims, nelle quali i frontespizi miniati della Genesi corrispondono nell'iconografia alle scene della creazione dei mosaici di Venezia.
Storia
Il manoscritto fu portato in Inghilterra nel XVI secolo da due vescovi di Filippi come dono al re Enrico VIII. In precedenza il codice si trovava a Venezia, dove le sue miniature furono usate come modello per i mosaici con scene della Genesi nelle cupole dell'atrio della basilica di San Marco del XIII secolo. Sir Robert Cotton lo acquistò nel XVII secolo.
Nel 1618, Cotton dette il codice in prestito all'erudito francese Nicolas-Claude Fabri de Peiresc, che intendeva produrne una edizione facsimile, ne furono realizzati solo due acquerelli, ad opera di Daniel Rabel, nel 1622. Essi riproducono gli episodi del terzo giorno della creazione e della chiamata di Abramo. Queste coppie ad acquerello restano le uniche a renderci l'aspetto perduto delle miniature del codice. Il manoscritto fu quasi completamente distrutto nell'incendio che nel 1731 distrusse Ashburnham House, dove era alloggiata la biblioteca Cottoniana.
Modello per i mosaici marciani
La dipendenza dei mosaici marciani dal codice Cotton fu riconosciuta da Johan Jakob Tikkanen[2] alla fine dell'Ottocento. Egli ipotizzò che miniature del tipo della Genesi Cotton fossero state usate come modello per le raffigurazioni dell'atrio della basilica. Nel 1986, Herbert Kessler[3] e Kurt Weitzmann[4], hanno ricostruito l'aspetto delle pagine bruciate del manoscritto, stabilendo definitivamente che proprio il codice Cotton, e non un suo affine, servì da modello ai mosaicisti marciani.
Di fatto, la maggior parte delle scene della Genesi a San Marco vengono comunemente usate per ricostruire l'iconografia delle miniature del codice. A Venezia il codice giunse già lacunoso, in particolare mancavano del tutto, od erano in cattivo stato di conservazione, i primi fogli con le miniature dei sei giorni della creazione e i capitoli intorno al sacrificio di Isacco, cosicché le corrispondenti scene nelle cupole di San Marco furono reinventate dai mosaicisti veneziano sulla base di altre fonti.
Note | |
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Bibliografia | |
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Collegamenti esterni | |
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