Cinque vie

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Guercino, San Tommaso d'Aquino in atto di scrivere l'"Inno del Santissimo Sacramento" assistito dagli angeli (part.), 1662 - 1663, olio su tela; Bologna, Basilica di San Domenico

Le cinque vie sono gli argomenti cosmologici con cui San Tommaso d'Aquino "prova"[1] l'esistenza di Dio[2].

Tommaso parte dall'insufficenza dell'argomento ontologico di Sant'Anselmo d'Aosta. Secondo Tommaso l'esistenza di Dio non può essere provata a priori: per accettare l'argomento ontologico dovremmo conoscere l'essenza di Dio, il che, in questa vita, non si dà. Rimangono valide le prove a posteriori, che Tommaso sintetizza in cinque vie che portano all'esistenza di Dio.

Una versione sintetica di questi argomenti è presente nella Summa Theologiae, mentre se ne può trovare una discussione più approfondita, anche se solo di alcuni, nella Summa contra Gentiles.

I richiami teoretici sono: per le prime due vie ad Aristotele (con correzioni anche notevoli), per la terza ad Avicenna, per le ultime due ad Agostino ed al platonismo, per la quinta anche a Socrate.

Proponendo queste vie, Tommaso intende mostrare la stringente ragionevolezza di pensare ad un fondamento metafisico del mondo - il cui stesso essere non dipende da sé, non trova in sé la propria giustificazione -, ma esplicita anche chiaramente che non si tratta affatto di tentare di dimostrare il Cristianesimo: la Redenzione, in quanto fatto storico, non può essere razionalmente dimostrata, ma va conosciuta mediante un opportuno ed attento studio delle fonti, in sostanza della Bibbia; lì si potranno riscontare i motivi di ragionevolezza del credere, anche se la decisione ultima sarà sempre lasciata alla libera volontà di accettare o meno la Rivelazione, ed anche se il credere risulterà, alla fine, essenzialmente un dono della grazia.

Le cinque vie

Come osservazione comune a tutte le vie, si noti che Tommaso muove sempre le sue considerazioni da qualcosa che sia empiricamente osservabile: un ente che muta, un ente che si genera, ecc.

Prima via: il moto o cambiamento

La prima via parte dall'osservazione del movimento: se osservo un qualsiasi mutamento[3], devo necessariamente presupporre un motore, cioè un agente che abbia originato il mutamento; tale motore, per muovere, deve essere in atto, poiché ciò che è in potenza non agisce di fatto, ma soltanto può farlo; ora ci sono due possibilità: o quel motore è sempre in atto, ed è Dio, o ha avuto bisogno di un ulteriore motore che lo portasse dalla potenza all'atto affinché potesse muovere; in questo secondo caso, il motore responsabile del primo movimento (indipendentemente da quanti siano i motori intermedi) dovrà per forza essere sempre in atto, altrimenti non lo sarebbe nessuno degli altri motori, ed io non osserverei nessun mutamento. Ed anche se i motori in potenza fossero infiniti, resta il fatto che non potrebbero, essendo tutti in potenza appunto, produrre una sola cosa in atto. Ma siamo partiti proprio dal fatto che un qualche movimento in atto si dà ed è osservabile. Il primo motore che, essendo immobile e sempre in atto, pone in attività i motori successivi è ciò che chiamiamo Dio.

Seconda via: la causalità efficiente

La seconda via parte dalla causalità efficiente: si procede in modo analogo al precedente, applicando il procedimento al fatto che osservo l'esistenza di realtà che non si spiegano da sé, ma sono effetto di qualcos'altro; anche in questo caso deve esistere una causa efficiente prima, che chiamiamo Dio, altrimenti ogni effetto sarebbe solo una possibilità, mai mai niente di reale (attuale).

Si noti, qui, che Tommaso usa sì termini e concetti aristotelici, ma procede molto oltre Aristotele stesso, in quanto lo Stagirita non ammetteva che Dio fosse causa efficiente del mondo, ma sosteneva che ne fosse solo causa finale.

Terza via: contingenza e necessità

La terza via parte dalla riflessione sulla contingenza: l'esperienza ci attesta che esistono cose che possono essere come non essere, cioè sono contingenti, ossia sono tali che la loro essenza non comprende l'esistenza; ma cose siffatte talvolta sono talvolta no; posta la domanda se ogni cosa sia contingente o se esista qualcosa di necessario, dobbiamo escludere la prima ipotesi: infatti, se tutto fosse contingente, sarebbe inevitabilmente capitato, in passato, un momento in cui tutto non era; il che è falso perché altrimenti ora non ci sarebbe niente; dunque, deve esistere qualcosa di necessario, ossia qualcosa la cui essenza comprenda l'esistenza: tale cosa tutti chiamano Dio.

Tommaso, in questa formidabile argomentazione, che ci aiuta a vedere la trasparenza di tutte le cose che ci circondano, per coglierne, oltre esse, Colui che dà loro fondamento ed essere, lascia implicito un punto che potrebbe essere così chiarito:

  • o il tempo prima di noi ha avuto un inizio, e allora diamo già per scontato ciò che stiamo discutendo, cioè che ci fu un'epoca quando nulla era, prima dell'inizio del tempo;
  • o il tempo che ci precede è infinito, e noi siamo come un punto su una semiretta: ora, ciò che può succedere, come già Aristotele aveva capito, prima o poi succede; quindi, se in un tempo infinito, una determinata situazione non si produce, è segno che essa è impossibile. In effetti, se tutte le cose sono contingenti, in un tempo infinito è inevitabile che si realizzi il caso in cui tutte si trovano contemporaneamente a non essere (è come se avessimo degli elementi che possono presentarsi solo come "zero" o "uno": dati infiniti tentativi, è inevitabile che si dia il caso in cui tutti segnano "zero"). Se ciò fosse successo, siccome dal niente non viene niente, il mondo non sarebbe più "ripartito" da solo. Dunque, non è ammissibile che non esista almeno un ente necessario.

Il discorso, naturalmente, non vuole dimostrare che il mondo sia eterno. Anzi, i crisitani sanno che la creazione implica un'inizio temporale dell'universo. L'intento di Tommaso, qui, è solo di mostrare la ragionevolezza dell'esistenza di Dio.

Quarta via: i gradi dell'essere

La quarta via riflette sui gradi di perfezione: se possiamo osservare, nel mondo, cose con una "perfezione" (qualità, potremmo dire) posseduta in grado più o meno elevato (cose più o meno buone, ad esempio), dobbiamo ammettere l'esistenza di quella perfezione ad un livello massimo (la bontà assoluta, nel nostro esempio); tale livello assoluto di perfezione, richiesto dal relativo che noi vediamo, è normalmente chiamato Dio.

Quinta via: finalità o ordine del mondo

La quinta via parte dalla considerazione che oggetti naturali non dotati di volontà agiscono in modo ordinato e finalizzato: infatti, sempre, o per lo più, operano in un determinato modo (cosa su cui, come è facile notare, si rende possibile la costruzione della scienza); il che richiede che un essere intelligente abbia dato razionalità al cosmo: quest'essere è quello che chiamiamo Dio.

Cinque argomenti o un argomento?

Secondo alcuni pensatori le cinque vie possono essere ridotte a una sola: la contingenza di tutte le cose del mondo, rimanda ad un essere necessario senza del quale qualsiasi esistenza apparirebbe come sorta dal nulla.

Tuttavia, osserva Gilson, la molteplicità delle vie della dimostrazione cosmologica è essenziale: Dio infatti non può apparire come la conclusione inevitabile di una sola linea di pensiero sul mondo, bensì come la conclusione di tutte quelle linee lungo le quali la conoscenza umana del mondo può raggiungere profondità[4], secondo quella forma di ragione che, con altri, il papa Benedetto XVI chiamerebbe logos.

Note
  1. Vi è discussione sul fatto che le cinque vie siano o meno prove dell'esistenza di Dio.
  2. Il testo latino della Summa Theologiae, I, q. 2, art. 3, corpus, può essere letto in linea.
  3. La parola "movimento" è intesa qui da Tommaso nel senso generale di "mutamento".
  4. Etienne Gilson, Le Thomisme, Parigi 1942, pp. 85ss. Cit. da Louis Bouyer (1979), p. 73.
Bibliografia
Voci correlate