Gesù Cristo crocifisso (Giotto, Rimini)

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Rimini TempioMalatestiano Giotto Crocifisso 1301-03ca.jpg
Giotto di Bondone, Gesù Cristo crocifisso (1301 - 1302 ca.), tempera e oro su tavola
Crocifisso di Rimini
Opera d'arte
Stato

bandiera Italia

Regione Stemma Emilia Romagna
Regione ecclesiastica Emilia
Provincia Rimini
Comune

Rimini

Località
Diocesi Rimini
Parrocchia o Ente ecclesiastico
Ubicazione specifica Cattedrale di Santa Colomba, altare maggiore
Uso liturgico quotidiano
Comune di provenienza Rimimi
Luogo di provenienza ubicazione originaria
Oggetto Croce dipinta
Soggetto Gesù Cristo crocifisso
Datazione 1301 - 1302 ca.
Datazione
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Ambito culturale
Autore

Giotto di Bondone

Altre attribuzioni
Materia e tecnica tempera e oro su tavola sagomata
Misure h. 430 cm; l. 303 cm
Iscrizioni IESUS NA/ZAREN(us) REX / IUDEORUM
Stemmi, Punzoni, Marchi
Note

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Collegamenti esterni
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30E dopo aver ricevuto l'aceto, Gesù disse: «Tutto è compiuto!». E, chinato il capo, spirò. (...) 33Venuti però da Gesù e vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, 34ma uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua.
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Gesù Cristo crocifisso, detto anche Crocifisso di Rimini, è una croce dipinta, realizzata tra il 1301 ed il 1302 circa, a tempera ed oro su tavola sagomata, da Giotto di Bondone (1267 ca. - 1337), collocata sopra l'altare maggiore della Cattedrale di Santa Colomba a Rimini, tradizionalmente nota come Tempio Malatestiano, già Chiesa di San Francesco.

Descrizione

Nella croce dipinta e sagomata compare:

  • Gesù Cristo crocifisso presenta un corpo sofferente, accasciato sulla croce e leggermente spostato verso destra, appena sostenuto dalle braccia, con il capo chino di tre quarti, con occhi e labbra non del tutto serrati. Le ginocchia e le gambe sono distaccate, e i piedi appena si sfiorano. Le mani non sono bloccate rigidamente dai chiodi, ma delicatamente contratte, indicando con ciò che non vi è alcuna tensione drammatica, ma piuttosto l'accettazione pacata dell'agonia. Gesù è già morto, come indica la presenza della ferita sul costato che gli venne inflitta, dopo il decesso da un soldato (Gv 19,34 ).

Iscrizione

Nel dipinto figura un'iscrizione, a lettere capitali, posta sulla terminazione superiore del montante della croce di Gesù, detta titulus crucis, nella quale si legge:

(LA) (IT)
« IESUS NA/ZAREN(us) REX / IUDEORUM » « Gesù il Nazareno, Re dei Giudei »

Stato di conservazione

La croce, in uno stato di conservazione piuttosto precario, è priva delle estremità della traversa e del montate, resecate in epoca imprecisata; sono perduti i terminali con Maria Vergine addolorata e San Giovanni apostolo, mentre la cimasa nel 1957 venne identificata da Federico Zeri in una tavola raffigurante Gesù Cristo redentore benedicente, già nella collezione Jeckyll a Londra.[1]

Notizie storico-critiche

Autore

A lungo trascurata dagli studiosi, anche perché pesantemente ridipinta, e citata solo a partire dalla seconda metà del XIX secolo nelle guide periegètiche, fu rivalutata dopo il restauro del 1934, quando venne attribuita dallo storico dell'arte Roberto Longhi a Giotto. L'anno successivo fu proposta all'attenzione del pubblico, e degli studiosi, durante la Rassegna di Rimini come opera di "pittore locale intorno al 1310-15" (Brandi, 1935). Mentre, già nel 1937 il Crocifisso fu esposto alla mostra fiorentina su Giotto con l'attribuzione al maestro fiorentino: questa fu confermata da Beenken e Coletti, ma accolta con alcune riserve da Van Marle, Salmi e Suida (1935 - 1937), i quali evidenziarono interventi di un allievo riminese. Successivamente, altri critici - Sinibaldi (1941), Zeri (1957), Gnudi (1959) e Salvini (1962) - si pronunciarono a favore dell'attribuzione a Giotto che oggi è unanimemente accettata da tutti gli studiosi.

Datazione ed analisi stilistica

Il Crocifisso può essere riferito, secondo quanto testimoniato nel 1312 dallo storico e scrittore contemporaneo, Riccobaldo da Ferrara (1246 - 1320 ca.), al soggiorno riminese di Giotto che probabilmente seguì quello di Assisi (intorno al 1290 - 1297) e precedette quello di Padova (1303 - 1305). L'analisi stilistica dell'opera permette di confermare la collocazione cronologica della presenza dell'artista a Rimini. Infatti, mettendo a confronto questa croce con il Crocifisso di Santa Maria Novella (1290 - 1300 ca.)[2] a Firenze alcuni elementi indicano che essa sarebbe posteriore a quella fiorentina: la figura più allungata e più aderente al legno; una maggiore sottigliezza ed eleganza nella resa delle membra; la linea di contorno più netta, a sottolineare i particolari anatomici ed a stagliare la figura sul fondo, di un prezioso tessuto; il cromatismo è raffinato e modulato da un sapiente gioco di ombre. Mentre altri fattori mostrano che la croce riminese sarebbe antecedente al Crocifisso di Padova (1303 - 1305):[3] l'espressione afflitta, ma non drammatica del volto di Gesù, che nella croce padovana ha un aspetto più sofferente; alcune residue asprezze nella resa del perizoma, che richiamano ancora l'eredità di Cimabue; la quantità delle decorazioni geometriche, in numero intermedio tra quelli del tutto assenti a Firenze e i numerosi di Padova o del Crocifisso d'Ognissanti (1315 - 1320 ca.).[4] La datazione, tra il 1301 ed il 1302, sembra quindi la più valida e verosimile, ed attualmente è la più accreditata dalla maggiora parte degli studiosi. Da questa ricostruzione cronologica si deduce che i dipinti nella Basilica di San Francesco ad Assisi avevano messo Giotto in luce in tutta la penisola, venendo richiesto spesso dall'Ordine francescano in tutta Italia. In quegli anni, mentre si recava Padova, si fermò a Rimini dove soggiornò presso i frati, per i quali realizzò nella Chiesa di San Francesco quest'opera di straordinaria importanza e qualità che accompagnava un ciclo di dipinti murali, ad affresco, distrutti verso il 1450 nel corso della costruzione del Tempio malatestiano, raffiguranti forse le Storie di san Francesco d'Assisi. La croce è, quindi, l'unica opera superstite del soggiorno nella città romagnola di Giotto, che diede impulso allo sviluppo di una scuola pittorica e miniatorica che fu fiorente per tutto il Trecento, ramificandosi lungo la costa adriatica fin nelle Marche e in Abruzzo.

Note
Bibliografia
  • Carlo Bertelli et. al., Storia dell'Arte Italiana, vol. 2, Editore Electa-Bruno Mondadori, Milano 1990, pp. 56 - 57 ISBN 9788842445227
  • Monica Girardi, Giotto, col. "Art Book", Editore Leonardo Arte, Milano 1999, p. 62 ISBN 9788878131101
  • Angelo Tartuferi, Giotto, col. "Vita d'Artista", Editore Giunti, Firenze 2007, pp. 47 - 49 ISBN 9788809056091
  • Stefano Zuffi, Giotto, col. "Grandi Monografie", Editore Electa, Milano 2006, pp. 118 - 119 ISBN 9771824505019
  • Alessandro Tomei, Giotto. La pittura, col. "Art Dossier", Editore Giunti, Firenze 1997, pp. 28 - 29, ISBN 9788809762275
  • Federico Zeri, Due appunti su Giotto, in "Paragone", 1957, pp. 79 - 87
Voci correlate
Collegamenti esterni