Festa di Sant'Antonio Abate (Mamoiada)
Festa di Sant'Antonio Abate (Mamoiada) | |
Issohadores con la soha (laccio) e fuoco votivo | |
Rito devozionale collettivo | |
Festa locale | |
Commemorazione celebrata | Sant'Antonio abate |
Chiamata anche | S'Antoni de su o'u (Sant'Antonio del Fuoco) |
Stato | Italia |
Regione | Sardegna |
Provincia | Nuoro |
Comune | Mamoiada |
Luogo specifico | piazze e vie della cittadina |
Diocesi | Nuoro |
Periodo | Inverno |
Data inizio | 16 gennaio |
Data fine | 18 gennaio |
Organizzata da | Comune e Pro Loco di Mamoiada |
Tradizioni religiose | celebrazione eucaristica, benedizione del fuoco, preghiera del Credo |
Tradizioni folcloristiche | realizzazione del falò, sfilata delle maschere tradizionali |
Tradizioni culinarie | popassinu biancu e nigheddu, coccone hin mele, sas caschettas' |
La Festa di Sant'Antonio Abate, detta anche S'Antoni de su o'u (Sant'Antonio del Fuoco), si svolge annualmente a Mamoiada (Nuoro), dal 16 al 18 gennaio, in onore di sant'Antonio abate.
Descrizione
La festa si articola in momenti celebrativi, devozionali e folcloristici, scanditi dalla tradizione:
16 gennaio
I festeggiamenti veri e propri iniziano il 16 gennaio (sa die de su Pesperu) con la preparazione dei falò (solitamente sono 35 - 40) in onore di sant'Antonio abate che vengono realizzati dagli abitanti con il legno delle radici dei vecchi alberi abbattuti tempo addietro.
Nel pomeriggio, alle ore 16.30, si celebra nella Chiesa parrocchiale della Beata Vergine Assunta la Messa solenne in onore del Santo, alla quale segue sul sagrato della stessa il rito della benedizione del fuoco: il parroco e i fedeli girano intorno al falò per tre volte recitando il Credo ad ogni giro, quale espressione della fede trinitaria che il popolo ritiene fondamento della propria vita cristiana.
La tradizione vuole che ciascun rione accenda poi il proprio falò con un tizzone preso, dopo la benedizione, dal fuoco votivo, attorno al quale si raccolgono i fedeli del quartiere, bevendo il vino nuovo e consumando i dolci tipici del periodo.
17 gennaio
È proprio in occasione di questa festa che "escono", come si dice nel borgo, per la prima volta nell'anno sos Mamuthones e sos Issohadores, dando inizio al Carnevale di Mamoiada, una delle rappresentazioni più arcaiche del folklore sardo.
Il giorno 17 gennaio (S. Antoni), alle ore 14.30, presso un luogo prestabilito si tiene il rito della vestizione dei Mamuthones e Issohadores, dopo il quale prende avvio la sfilata danzata delle maschere tradizionali che vanno a visitare tutti i rioni dove c'è un fuoco, mentre gli uomini del quartiere, offrono a tutti i presenti (mamoiadini e turisti) il vino e le donne i dolci.
18 gennaio
Il giorno 18 gennaio (Sant'Antoneddu), i componenti di ogni rione, si riuniscono in modo riservato lasciando bruciare gli ultimi tizzoni e consumando gli avanzi di cibo.
Mamuthones e Issohadores
I Mamuthones ed Issohadores sono tra le maschere foclroriche più significative, ricche di fascino ed arcaiche della Sardegna. Si tratta di due figure caratteristiche ben distinte sia dal diverso abbigliamento sia da modo di muoversi, ma che si esibiscono insieme, dando vita ad un'unica rappresentazione.
Abbigliamento
L'abbigliamento del Mamuthone comprende:
- l'abito in velluto scuro (su belludu);
- la mastruca nera (sas peddes);
- una casacca di pelle ovina scura caratteristica dei pastori sardi;
- le scarpe in pelle conciate a mano, dette soshòsinzos;
- spesse calze di cotone e lana (sos piuncos);
- sul volto porta sa visera, una maschera nera antropomorfa;
- sul capo il berretto sardo (coppola), detto su bonette, ed il fazzoletto del vestiario femminile (su mucadore) di colore scuro, che avvolge la maschera e il berretto, legato sotto il mento.
- sul dorso, legato da una serie di sei o sette cinghie in cuoio, è sistemato un pesante mazzo di campanacci di varia misura, disposti in ordine decrescente, mentre un altro gruppo più piccolo di campanelle bronzee è collocato sul davanti all'altezza dello sterno e dello stomaco. L'insieme dei campanacci e sonagli viene chiamato sa carriga. Il peso complessivo di tutto l'equipaggiamento del Mamuthone è di circa 20-25 chili.
I Mamuthones sono accompagnati dagli Issohadores, ossia i detentori della soha, una lunga fune in giunco, abilmente lavorato ed intrecciato, utilizzata anticamente per legare e catturare il bestiame. L’Issohadore non porta i pesanti campanacci ed il suo abbigliamento è del tutto diverso da quello del Mamuthone e viene chiamato dai mamoiadini veste 'e turcu (vestito da turco).
L'abbigliamento dell’Issohadore comprende:
- sul capo la nera berritta sarda legata al mento da un variopinto fazzoletto di foggia femminile (muncadore);
- una camicia (hammisa) bianca, solitamente ricamata sul colletto e sui polsini;
- il corpetto rosso (su currittu) del costume tradizionale maschile;
- una cinghia, a tracolla, in pelle e stoffa, dove sono cuciti alcuni piccoli sonagli sferici;
- larghi pantaloni di tela bianchi (sos carzones de tela) che vengono infilati all'altezza del ginocchio dentro sopraccalze (sa carzas) di lana nera;
- un ampio scialle (s'issalletto) in seta, raso o stoffa, solitamente scuro con ricami policromi, legato alla vita con la parte variopinta che scende lungo la gamba sinistra.
- sul volto porta sa visera, una maschera bianca dai lineamenti gentili, il cui uso è stata ripristinato solo da alcuni decenni.
Rito della vestizione
I partecipanti a questa particolare rappresentazione si ritrovano tutti nel luogo prestabilito (di solito un edificio dotato di un ampio cortile) per indossare gli abiti della "cerimonia": la vestizione che è un vero e proprio rito collettivo.
Mentre l’Issohadore può vestirsi da solo, per il Mamuthone è necessario l'aiuto di almeno due persone: una sistema sa carriga sulle spalle e l'altra lega saldamente le cinghie dei campanacci e campanelli sul davanti. Al termine, dopo aver passato sa trova, una striscia di cuoio che assicura alla schiena i campanacci, dopo qualche scrollata di prova del Mamuthone appena vestito, entrambi controllano che l'insieme sia tutto a posto. Infine, indossa sa visiera la maschera nera, in legno, caratterizzata da un ghigno beffardo o da un'espressione sofferente, che viene assicurata al volto con legacci o sottili cinghie di cuoio.
Sfilata danzata
La sfilata dei Mamuthones e Issohadores è una cerimonia solenne, ordinata come una processione che è allo stesso tempo una danza; «una processione danzata» come l'ha definita l'etnologo Raffaello Marchi che per primo, negli anni Quaranta, ha studiato questa manifestazione.
Il gruppo è composto tradizionalmente da 20 elementi che sfilano nel seguente ordine:
- 12 Mamuthones si dispongono rigorosamente su due file parallele;
- 8 Issohadores si sistemano, per quanto è possibile, avanti, dietro e sui fianchi esterni delle due file dei Mamuthones, come per volerli sorvegliare e proteggere.
La sfilata si muove lentamente, in modo non uniforme perché diverso, ma non discordante è il passo dei Mamuthones e quello degli Issohadores.
I Mamuthones, disposti su due file parallele, procedono a piccoli passi cadenzati, quasi dei saltelli, come se avessero catene ai piedi, appesantiti dai campanacci, dalle vesti di lana grezza, dalla visera. Ad intervalli uguali danno tutti dei colpi di spalla ruotando il corpo una volta verso destra e un'altra verso sinistra; a questo movimento in due tempi, eseguito in perfetta sincronia, corrisponde un unico squillo dei campanacci; ogni tanto tutti insieme fanno tre rapidi salti su se stessi, seguiti da tre squilli più alti di tutta la sonagliera.
Gli Issohadores si muovono con passi più agili e sciolti, ma sempre misurati ed accordati, per quanto possibile, con l'andare faticoso dei loro compagni; poi d'improvviso si slanciano, gettano sa soha (il laccio) e quasi senza rompere la compostezza dei loro atteggiamenti colgono e tirano a sé come un prigioniero l'amico o la donna che hanno scelto nella folla. Mentre compiono questo esercizio essi possono scambiare qualche parola con la gente che li circonda, al contrario dei Mamuthones che restano muti per tutto il percorso della sfilata.
Sapori di festa
La festa, come vuole la tradizione, vive anche a tavola con quattro dolci tipici locali, a base di pasta di mandorle, noci, uva passa e miele:
- popassinu biancu, bianco come la maschera dell’Issohadore;
- popassinu nigheddu, nero come il Mamuthone;
- coccone hin mele o pane dei piccoli al miele;
- sas caschettas.
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